L'ARCHIVIO DI OLTREILCARCERE

Dal 2007 al 2014 sono stati pubblicati più di 1300 documenti che hanno trattato argomenti riferiti al Servizio Sociale della Giustizia, agli Uffici per l'Esecuzione Penale Esterna, al Sistema dell'Esecuzione Penale Esterna attraverso solidarietaasmilano.blocspot.com

domenica 29 giugno 2008

Il Carcere: buttare via le chiavi? Incontro a Firenze il 2 luglio 2008

ARCI – Comitato Regionale Toscano, Garante dei diritti dei detenuti del Comune di Firenze, Fondazione Giovanni Michelucci onlus
IL CARCERE: BUTTARE VIA LE CHIAVI?

MERCOLEDI’ 2 LUGLIO ORE 16.30 – SEDE ARCI – PIAZZA DEI CIOMPI 11 – FIRENZE

E’ stato proposto alle Camere un disegno di legge (n. 623, d’iniziativa dei Senatori Berselli e
Balboni) che propone una restrizione radicale della Legge Gozzini. Il sonno della ragione prodotto dalla campagna ossessiva di “legge e ordine” consente ai proponenti di ignorare alcune circostanze fondamentali. Ad esempio:
– che la Riforma penitenziaria, sia nel 1975 che nella versione c.d. Gozzini dell’86, nasceva da
un lungo percorso di attuazione della Costituzione, che aveva cambiato profondamente la
nozione della pena. Tornare indietro, con la radicalità di questo ultimo progetto, vuol dire
dimenticare la Costituzione e tornare alla concezione della pena del codice Rocco;
– che la flessibilità della pena (tradotta nel sistema delle misure alternative) è un valore
costituzionalmente protetto attraverso una giurisprudenza costituzionale costante che parte
dal 1974;
– che la semilibertà agli ergastolani, che ora si vuole sopprimere, è stata inserita, con la Gozzini, a seguito di una giurisprudenza costituzionale che censurava il trattamento diseguale per i condannati a quella pena;
– che, comunque, le misure alternative e la stessa liberazione anticipata sono previste da tutte le legislazioni europee e in misura anche molto superiore alla nostra;
– che la riduzione delle pene ammissibili alle altre misure alternative farà si che anche le condanne minime saranno trascorse in buona parte in carcere, pur essendo noto che l’esecuzione della pena in misura alternativa riduce la recidiva da 3 a 4 volte rispetto alla
esecuzione della pena in carcere.

Sono chiare le conseguenze di tutto questo. Il carcere sta crescendo al ritmo di 1.000 persone
presenti in più al mese ed è già tornato in vista dei 55.000 detenuti. Questo ritmo crescerà per le nuove previsioni di reato che si annunciano e crescerà ulteriormente nel momento in cui si ridurrano al minimo le vie d’uscita attraverso le misure alternative.

Soprattutto, colpisce l’indifferenza per le ricadute sulla vita di tante persone, la disinvoltura con cui si dimentica quella parte della norma costituzionale che dispone che le pene non devono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità. Senso di umanità: forse è proprio questa la posta in gioco.

Introducono:
Sandro Margara, Franco Corleone, Vincenzo Striano
Sono stati invitati:
la Regione Toscana, il Provveditorato regionale dell’Amministrazione penitenziaria, le Amministrazioni locali, i consiglieri regionali, provinciali e comunali, i parlamentari toscani,
L’Uepe, le Direzioni degli istituti penitenziari, le associazioni di volontariato.

Per informazioni:
ARCI – Comitato Regionale Toscano
Piazza Dei Ciompi, 11 ‐ 50122 Firenze tel. 055262971 ‐ fax 05526297233
e‐mail: alloggiosociale@arcitoscana.org@arci.it ‐ web: www.arcitoscana.org
Fondazione Giovanni Michelucci onlus
via Beato Angelico, 15 – 50014 Fiesole (FI) tel. : voce +39.055.597149 fax +39.055.59268
e‐mail: n.solimano@michelucci.it ‐ web: www.michelucci.it
Garante dei diritti dei detenuti del Comune di Firenze
Piazza della Parte Guelfa, 3 ‐ 50123 Firenze tel: 055‐2769137; fax: 055‐2769130
e‐mail: garante.detenuti@comune.fi.it ‐ web: www.comune.firenze.it/garante

Legge Gozzini: il carcere aperto alla speranza Incontro a Milano

Lunedì, 30 giugno alle ore 20,45
Sala B. Buozzi - Camera del Lavoro Metropolitana di Milano
Corso di Porta Vittoria 43 - Milano
Apertura dei lavori: Licia Roselli
Intervengono:
Francesco Maisto, Magistrato
Luigi Pagano, Provveditore Regionale dell’Amministrazione Penitenziaria della Lombardia
Valerio Onida, Presidente emerito della Corte Costituzionale
Luca Massari, Caritas Ambrosiana e Presidente Conferenza Regionale Volontariato Giustizia
Don Gino Rigoldi, Cappellano IPM Beccaria
Giuliano Pisapia, Avvocato già Presidente della Commissione per la riforma del Codice Penale
Ornella Favero, Ristretti Orizzonti di Padova
Giorgio Bertazzini, Garante dei diritti delle persone limitate nella libertà - Provincia di Milano
Barbara Campagna, Educatrice e Delegata Funzione Pubblica CGIL
Interventi dal pubblico
Conclusioni: Fulvia Colombini, Segreteria della Camera del Lavoro Metropolitana di Milano
Aderiscono all’iniziativa:
Osservatorio Carcere e Territorio di Milano
Comitato Carcere e Territorio di Monza e Brianza
Comitato Carcere e Territorio di Vigevano
Comitato Carcere e Territorio di Pavia
Associazione Loscarcere di Lodi
Progetto Ekotonos di San Vittore
Sono stati invitati esponenti delle Amministrazioni Locali e i Parlamentari milanesi LeggeGozzini: il carcere aperto alla speranza

La Legge Gozzini ha contribuito a dare corpo ai principi rieducativi e risocializzanti che la Costituzione – limpidamente esigente – pone alla base della pena, aprendo il carcere a concreti percorsi di speranza e di responsabilizzazione.
Una legge non da cancellare – come oggi da alcune parti si chiede – ma da applicare e migliorare nei suoi dispositivi tecnici, consapevoli che si tratta di un patrimonio di cultura civile da salvaguardare e potenziare, non ultimo per i suoi effetti di forte contrasto alla recidiva.
Il senso di umanità verso i condannati – leggiamo nell’appello di Ristretti Orizzonti – anche quelli col fine pena mai, è una garanzia per tutti: certo lo è per noi che stiamo in carcere, e per i nostri familiari, che spesso sono le nostre prime vittime, ma lo è anche per i cittadini per bene, perché vivere in una società che sa riaccogliere è una scuola di umanità, di equilibrio e di serenità che, alla lunga, costituisce una garanzia di maggiore sicurezza per tutti.
Ricordiamo alcune parole del 1996 dello stesso Mario Gozzini (La giustizia in galera): il carcere non è un contenitore di rifiuti da tenere il più lontano possibile perché manda cattivo odore, ma una parte della società di cui siamo tutti corresponsabili. Da ciò la necessità di educare a questa corresponsabilità, a prendere coscienza che il ripensamento di tutto il nostro sistema penale sanzionatorio è una delle esigenze più urgenti per l’Italia d’oggi e che questa esigenza non può essere interamente scaricata su Parlamento e Governo…

Carcere/Giustizia: Legge Gozzini addio? Il carcere non ci sta

www.vita.it

Salviamo la legge Gozzini! L’appello arriva da Ristretti News, notiziario quotidiano dal e sul carcere, che ha varato un notiziario speciale con il quale seguirà il percorso del disegno di legge presentato dal presidente della commissione Giustizia del Senato, Filippo Berselli (An) che ridimensiona sensibilmente i benefici di legge e gli sconti di pena per i detenuti.

"A nostro avviso rappresenta un pericolo molto grave per i percorsi di reinserimento dei detenuti, per il governo delle carceri e, infine, per la sicurezza di tutta la società", scrivono i giornalisti di Ristretti News. Che per questo invitano tutti i lettori "ad aderire, inviandoci una vostra riflessione scritta (o anche semplicemente il vostro nome) e organizzando iniziative pubbliche, per una migliore informazione rispetto all’efficacia dei benefici per i detenuti (liberazione anticipata, permessi premio, misure alternative)".

Il disegno di legge, in sei articoli, punta a rivoluzionare il sistema delle pene alternative: semilibertà dopo avere scontato due terzi della condanna e non la metà; affidamento ai servizi sociali solo se la pena non supera un anno e non più tre; cancellazione della liberazione anticipata, che riduce le condanne di 45 giorni ogni sei mesi nei casi di buona condotta; concessione dei domiciliari se rimangono da scontare due anni e non quattro; niente più semilibertà agli ergastolani e permessi concessi dopo venti anni di detenzione e non dieci. E infine, uscita dalla prigione a 75 anni, invece che a 70, "considerato il lieto allungarsi della vita umana".

In molte carceri sono già partite petizioni e raccolte di firme. E la Conferenza Nazionale Volontariato Giustizia (8mila operatori carcerari) ha annunciato una mobilitazione che punta a coinvolgere Sindacati e Polizia penitenziaria.

Salvatore Nasca, direttore Ufficio Esecuzione Penale Esterna Livorno aderisce all'Appello in difesa della Legge Gozzini


Relativamente al disegno di legge n. 623, riguardante modifiche all’attuale ordinamento penitenziario, ritengo doveroso fare alcune osservazioni, sulla base dell’esperienza ormai più che ventennale di dirigente di un Ufficio Esecuzione Penale Esterna.

Il disegno di legge sembra voglia rispondere a crescenti esigenze di sicurezza, che, seppure spesso drammatizzate, sono in gran parte legittime e condivisibili anche dagli operatori penitenziari, che da anni lavorano, negli istituti di pena e negli uffici esecuzione penale esterna, per la rieducazione, e quindi insieme per il recupero e per la sicurezza.

Per la verità sembra corretto segnalare che l’attuale "incertezza" della pena è in gran parte legata alla fase processuale, dove le procedure sono spesso effettivamente iper-garantiste (prescrizioni facili, ecc.) e contrastano l’esigenza di vedere scontare la pena concretamente ed in tempi vicini al reato.

L’esecuzione della pena è invece regolata diversamente, e sono generalmente funzionanti i vari strumenti, anche di controllo, previsti. Relativamente alle misure alternative alla detenzione, tutte le ricerche, ed anche una recente del Ministero della Giustizia, evidenziano che la recidiva è notevolmente inferiore tra gli affidati e superiore invece tra i detenuti, a testimonianza della validità della maggior parte dei percorsi attuati in affidamento e della frequente inutilità - dannosità dell’esperienza del carcere, in termini di rafforzamento dell’identità e delle "amicizie" devianti.

È tuttavia vero che anche le misure alternative presentano limiti e difficoltà, più volte in questi anni fatte presenti dagli stessi operatori e dirigenti, e richiedono quindi anch’esse dei cambiamenti per rendere pienamente effettiva la pena in tutti gli aspetti della rieducazione (recupero, reinserimento, sicurezza, controllo). Sono state fatte in questi anni delle modifiche, ma parziali, spesso contraddittorie e senza una visione d’insieme, e si attende da anni la riforma del codice penale.

Le osservazioni e proposte che seguono nascono perciò dalla convinzione che la giusta esigenza di evitare abusi ed eccessi vada tenuta insieme con l’esigenza di mantenere ed anzi sviluppare percorsi di effettivo recupero e responsabilizzazione dei condannati. Un indulgenzialismo fine a se stesso, infatti, non serve a reprimere ma neppure a rieducare, così come una chiusura fine a se stessa, è ampiamente dimostrato, non serve né a scoraggiare dal crimine né ad aumentare la sicurezza.

Risulta prioritario, oggi, mettere al centro della pena la rieducazione alla responsabilità, personale e sociale. A tal fine, serve un potenziamento degli interventi sia di controllo sia di aiuto, che non siano però fini a se stessi ma concretamente orientati a favorire reali ed impegnativi percorsi di recupero personale e di responsabilizzazione ai doveri - valori sociali.

Affidamento (art. 2)

L’affidamento in prova al servizio sociale (art. 47 dell’ordinamento penitenziario) quindi non va riservato alle pene inferiori ad un anno, che tra l’altro è un periodo troppo breve per avviare seri percorsi di responsabilizzazione, ma potrebbe essere modificato per renderlo più efficace in termini sia di recupero - aiuto che di sicurezza - controllo, prevedendo, per esempio, alcune cose:

che gli affidati al servizio sociale svolgano, accanto agli altri impegni del programma di trattamento (lavoro, ecc.), un Lavoro gratuito di Pubblica Utilità, in modalità da concordare tra Ufficio Esecuzione Penale Esterna ed Enti Locali e Volontariato;

che gli affidati si adoperino effettivamente in favore della vittima del reato (direttamente, tramite percorsi di mediazione penale o altro, o indirettamente, tramite un impegno in favore delle Associazioni di vittime dei delitti);

che le Forze dell’Ordine siano tenute a stipulare Protocolli con l’Ufficio Esecuzione Penale Esterna, responsabile dell’aiuto e del controllo degli affidati, per precisare le modalità della loro collaborazione;

che gli affidati seguano un percorso specifico di educazione alla legalità ed alla cittadinanza all’interno di Protocolli e Progetti concordati anch’essi dall’Ufficio Esecuzione Penale Esterna con gli Enti Locali e le Forze dell’Ordine;

che la valutazione positiva sul periodo di prova, in itinere ed alla fine, sia subordinata ad un approfondito esame, sulla base di dati e comportamenti che attestino un positivo evolversi della situazione personale e sociale ed un reale assolvimento degli impegni del programma, prevedendo la sospensione o la revoca della misura in assenza - carenza di questi impegni (nel lavoro di pubblica utilità, nei confronti della vittima, nei percorsi terapeutici, di educazione alla legalità, ecc.).

Detenzione domiciliare (art. 3)

Per quanto riguarda la detenzione domiciliare, appare condivisibile la richiesta "improcrastinabile di un maggiore controllo ed un monitoraggio continuo da parte degli uffici di esecuzione penale esterna", essendo importante che anche per la detenzione domiciliare sia uno solo l’ufficio responsabile sia del controllo sia dell’aiuto.

Per rendere effettivo sia il controllo sia l’aiuto, si propone che, anche per la detenzione domiciliare, le Forze dell’Ordine e gli Enti Locali firmino appositi Protocolli per precisare le modalità di collaborazione con gli Uffici Esecuzione Penale Esterna.

Si propone pertanto di non modificare i termini temporali previsti nell’articolo 47 ter, viste le reali esigenze e diritti umani per le quali la detenzione domiciliare è stata prevista (donna incinta, malati gravi, ecc.).

Semilibertà (art. 4)

Pur ritenendo possibile modificare i periodi di pena necessari per accedere alla misura, si ritiene che non sia questo l’elemento determinante, quanto la serietà del percorso messo in atto, ed a tal fine si ritiene prioritario che anche per la semilibertà l’Ufficio Esecuzione Penale Esterna abbia una responsabilità piena, e sia quindi dotato delle risorse necessarie al controllo ed all’aiuto.

Per quanto riguarda la semilibertà per i condannati all’ergastolo (c. 5 dell’art. 50 o.p.), che il disegno di legge prevede di abrogare, si ritiene che sia sbagliato togliere del tutto ed a tutti la speranza di un miglioramento, solo per qualche uso scorretto della misura.

Se proprio si ritenesse necessario stringere ed evitare una semilibertà dopo "soli" quindici anni di pena, potrebbe forse non essere contrario ai principi della riforma mantenere per un ergastolano la possibilità della semilibertà dopo venti anni di pena aggiungendo, per esempio, che si tratti di venti anni "effettivamente scontati" (e quindi senza gli abbuoni della liberazione anticipata).

Liberazione anticipata (art. 5)

Se è vero che la liberazione anticipata "regala incomprensibilmente ai detenuti un calendario diverso", è altrettanto vero che l’istituto è di grande valore perché premia il merito e scoraggia il demerito (comportamenti violenti e più in generale negativi ed oppositivi).

Anche qui, piuttosto che eliminare un istituto meritocratico, utile al soggetto ed al carcere anche al fine di contenere tensioni e conflittualità, non sarebbe impossibile dare un valore forte alla liberazione anticipata, per esempio riportandola all’impianto originario della legge del 1975, e quindi prevedendo 20 giorni e non 45 di abbuono per ogni semestre; riportandola nell’alveo delle possibilità, e non dei diritti, subordinandola ad una costruttiva e non formale adesione al programma di trattamento e ad un positivo evolversi della personalità, da desumere da comportamenti concretamente rilevabili; abrogando la liberazione anticipata per gli affidati, per i quali, essendo già "in prova" fuori dal carcere, è effettivamente solo un inutile indulgenzialismo.

Modifiche al Codice di procedura penale (art. 6)

Si concorda sulla maggiore importanza che dovrebbero avere le vittime offese dal reato, e si osserva, viste anche le precarie condizioni socio-economiche di molti condannati, che la strada migliore non sia sempre quella economica (provvisionale, ecc.), quanto piuttosto introdurre contenuti forti per la responsabilizzazione del condannato ai doveri - valori della convivenza sociale (mediazione penale, lavori pubblica utilità, educazione ai doveri sociali, ecc.).

Art. 656 c.p.p. - Si ritiene sia da confermare, e non da abrogare, la sospensione della pena in attesa di una possibile misura alternativa, visti gli effetti deleteri della carcerazione ampiamente conosciuti, per i soggetti e per la collettività, e visto l’impatto violento con il carcere, spesso traumatico, specie per chi è alle prime esperienze penali, che va invece subito separato da possibili circuiti devianti ed avviato a seri percorsi di responsabilizzazione.

Le attuali esigenze di sicurezza e di una pena effettiva, in conclusione, non hanno bisogno di uno stravolgimento delle misure alternative previste dall’ordinamento penitenziario, ma, più semplicemente, di alcune modifiche e miglioramenti affinché siano, in attesa del nuovo codice penale, in grado di realizzare anche oggi l’obiettivo di una seria rieducazione, alla responsabilità ed alla legalità prima di tutto.

Il Coordinamento Nazionale Penitenziario Fp Cgil Ministeri aderisce all'Appello in difesa della Legge Gozzini

Il coordinamento nazionale dei lavoratori penitenziari C. Ministeri Fp Cgil aderisce all’appello in difesa della legge Gozzini, che ha significato per il Paese una svolta di civiltà e una importante tappa nella realizzazione della finalità rieducativa della pena prevista dalla Costituzione. Ha ridato dignità e possibilità di un futuro ai detenuti, rendendoli partecipi e responsabili del loro percorso di recupero, ha significato maggiore sicurezza sia all’interno che all’esterno del carcere.

Gli operatori penitenziari che quotidianamente si confrontano con le carenti condizioni igienico - strutturali degli Istituti, con il crescente sovraffollamento, con un clima carcerario sempre più difficile, sono ben consapevoli del pericolo rappresentato da disinvolti interventi legislativi che mirano a restringere l’ambito delle prospettive alternative al carcere e ledono il diritto alla speranza.

Va contrastato ogni tentativo di svuotamento di una legge che ha dato maggiore governabilità agli istituti, ha concretamente agito sulla riduzione della recidiva ed è stata caratterizzata da un alto comprovato numero di successi, al di là del risalto mediatico riservato ad alcuni episodi di cronaca nera.

La Legge Gozzini ha operato nel senso di quella sicurezza sociale che ora si sta strumentalmente evocando per una deriva securitaria che riporta indietro il sistema dell’esecuzione penale, accentua il percorso di marginalizzazione dei detenuti, mortifica e disconosce anche il lavoro qualificato e difficile finora svolto dai lavoratori del settore. Non di pericolose demagogie si ha bisogno in questo momento, ma di serie politiche penitenziarie, di maggiori risorse per il carcere, di riforme del sistema sanzionatorio, di interventi legislativi di più alto profilo e degni di un Paese civile.

Gli Assistenti Sociali Uepe L’Aquila Aderiscono all'Appello Salviamo la Legge Gozzini


Come operatori che per anni abbiamo lavorato nel settore penitenziario e nell’esecuzione penale esterna non possiamo non esprimere preoccupazione per ipotesi di modifiche legislative che vanno a cancellare l’ordinamento penitenziario vigente.

La normativa attuale, che ha consentito a molti condannati di seguire un percorso di responsabilizzazione e di accompagnamento verso il reinserimento sociale, ha permesso di ridare speranza a chi ha sbagliato, ma anche di creare presupposti utili a prevenire la ricaduta nel reato.

Ogni opportunità di crescita personale e di ricostruzione di legami familiari e sociali contribuisce a sottrarre la persona condannata all’emarginazione sociale e ai circuiti di devianza, solo un impegno in tal senso crea reali presupposti per prevenire la recidiva, nell’interesse di tutto il contesto sociale.

Auspichiamo che si valutino attentamente i dati resi noti dal Dap sull’andamento delle misure alternative, i quali consentono non solo di riscontrare come l’amplissima percentuale di misure si concludono con esito positivo, ma anche la sostanziale riduzione della recidiva fra coloro che ne hanno fruito rispetto a coloro che hanno scontato l’intera pena in carcere.

Purtroppo nei mass-media viene dato molto risalto a singoli episodi negativi che hanno coinvolto qualche soggetto in misura alternativa, ma non è dato spazio per far conoscere gli esiti positivi delle misure alternative e più in genere dei benefici previsti dall’ordinamento penitenziario (permessi-premio, liberazione anticipata, etc..).

Pensiamo che certezza della pena non possa significare semplicemente certezza del carcere, togliendo alla pena ogni funzione rieducativa.

Forse sarebbe utile anche valutare che molto spesso accedono alla misura alternativa persone che scontano condanne divenute definitive dopo molti anni dalla commissione del reato, nel frattempo, grazie all’impegno proprio e dei familiari, hanno ricostruito una situazione di normalità ed impedire la fruizione di un beneficio equivarrebbe a devastare quello che di positivo si è costruito e riportare la persona a rischio di marginalità e devianza.

D’altra parte giova sempre ricordare che l’accesso alle misure alternative non è automatico, ma viene disposto dalla Magistratura di Sorveglianza dopo un’attenta valutazione del singolo caso, purtroppo troppe volte nel parlare comune, ma anche nella stampa si descrive l’applicazione della misure alternative come un fatto automatico, ignorando il lavoro di raccolta di informazioni, di reperimento di risorse, di valutazione che viene effettuato prima della concessione della misura. Il presente documento a supporto di ogni movimento a tutela della Legge Gozzini!

Aloisi Alessandra, Giangiacomo Gabriella, Insardi Anna. Tunno Luana, Zimar Anna Maria

Carcere/Giustizia- Margara: lasciamoli in galera, recidiveranno 3 volte di più!

di Alessandro Margara (Presidente Fondazione Michelucci)

Lettera alla Redazione Ristretti Orizzonti, 28 giugno 2008

Il comunicato dell’Anfu è esemplare per dimostrare come chi svolge una attività importante ed essenziale dello Stato non ne conosca il funzionamento sostanziale: quali sono, cioè, le condizioni che dettano le linee e gli effetti di quel funzionamento.

Prescindo, per ora, dal collegamento Gozzini-indice di criminosità e mi soffermo essenzialmente su due condizioni che influenzano quell’indice. La prima è l’ampliarsi della penalità, ovvero della normativa che prevede sanzioni penali e in particolare sanzioni detentive. Come emerge dalle statistiche, le esecuzioni penali detentive nel 1990 erano 36.300 (30.000 erano in esecuzione pena in carcere e 6.300 in misura alternativa). Negli anni che hanno preceduto il condono, le esecuzioni penali detentive erano circa 180.000: 60.000 detenuti + 50.000 misure alternative + un numero elevato di esecuzioni penali detentive in attesa di decisioni da parte dei tribunali di sorveglianza ai sensi della legge Simeone, numero che oscillava intorno alle 70.000. Sicuramente questi dati sono espressi con larga approssimazione, ma lo erano anche quelli del 1990. Se notiamo, però, che si tratta della quintuplicazione delle esecuzioni penali detentive, ci rendiamo conto che la penalità si è moltiplicata e non ci vuole molto a rilevare che ciò è accaduto con riferimento a due settori ben determinati: immigrazione e tossicodipendenza e alle norme relative, che vengono ora ancora modificate e sempre più severamente.

La seconda condizione che determina il lievitare dell’indice di criminosità è che lo stesso è ricavato dalla efficacia del contrasto alle situazioni di reato. Ciò che si ricava da quell’indice è il numero accertato formalmente dei reati, che hanno un loro numero oscuro, come si dice, che non è noto. Ora il contrasto di polizia verso l’immigrazione e le dipendenze è ben noto. Quando nel comunicato dell’Anfu si nota la crescita delle denuncie, si dovrebbe verificare quanti, dei fatti denunciati riguardano tossicodipendenti e immigrati, e chiedersi se la linea di intervento di polizia non incide fortemente su queste denuncie e non sia dovuto alla intensificazione del controllo di polizia su quei fenomeni. Lo stesso dicasi per gli arresti, per i quali abbiamo come riprova, tutte le rilevazioni statistiche che dimostrano che tossicodipendenti, immigrati e anche persone in difficoltà sociali (e quindi fonte di disturbo sociale, quest’ultimo ormai sempre più contrastato) rappresentano i due terzi dei detenuti.

Certamente occorrerebbe conoscere le componenti dell’indice di criminosità. Là dove sono state fatte ricerche, proprio negli Stati Uniti, è stato del tutto smentito il rapporto fra severità del trattamento penale e, cioè, alti livelli di carcerazione, e la crescita o la diminuzione del numero dei reati. Le circostanze che influiscono sulla crescita o la diminuzione dei reati sono molteplici e seguono un andamento sul quale influiscono l’andamento dell’economia, le modalità delle aggregazioni criminali, le tipologie della immigrazione (molto rilevante anche là). Sicuramente non influisce la severità penale ovvero quella che è stata chiamata tolleranza zero.

Alla fine, c’è da chiedere agli autori del comunicato Anfu, che ci azzecca, come dice Di Pietro, la legge Gozzini con l’andamento dell’indice di criminosità? Come si è detto quella legge incide sulle modalità delle esecuzioni penali, ma questo è un dato a monte dell’intervento Gozzini. Se si vuole, si possono comunque aggiungere due dati. Il primo è che le revoche delle misure alternative sono minime (tra il 3,5 e il 4,5 %) e che tali revoche sono pronunciate per commissioni di nuovi reati in circa lo 0,20 % dei limitati casi indicati. Il secondo è che risulta da ricerche del Dap che la recidiva di chi espia la pena in misura alternativa, dopo 7 anni dalla conclusione della esecuzione della misura, è di 3 volte e mezzo inferiore a chi espia la pena in carcere. Quindi: lasciamoli in galera, recidiveranno 3 volte e mezzo di più.

Carcere/Giustizia- Associazione Funzionari Polizia: Gozzini inefficace

Comunicato stampa, 28 giugno 2008

I dati mostrano con chiarezza l’inefficacia, per la prevenzioni dei crimini, del sistema volto al reinserimento sociale dei rei. La sterilità della Gozzini è risultata evidente già l’anno successivo dall’entrata in vigore della c.d. legge Gozzini, infatti nel 1986 furono commessi 2.479,3 delitti ogni 100 mila abitanti, mentre nel 1987 l’indice aumentò del 33% ed i crimini furono 3.299 per 100 mila abitanti. Il trend dei delitti continua a salire con vari picchi e si stabilizza oltre i 4.000 a partire dal 2003.

Perciò, in vent’anni l’indice di delittuosità è aumentato quasi del 100%. Le pene vengono falcidiate sistematicamente, con buona pace del giudicato, dal combinato delle misure alternative con la liberazione anticipata. Infatti, quest’ultima prevede uno sconto della pena di 45 giorni ogni 6 mesi di detenzione. Perciò, ad esempio, un soggetto condannato ad 8 anni di reclusione, con tale sistema, sarà posto in libertà dopo 6 anni e 3 mesi e potrà, comunque, essere ammesso ai benefici dei permessi premio, della semilibertà e della libertà condizionata.

Se, poi, si tratta di un tossicodipendente dopo 18 mesi può essere ammesso alle misure alternative nei programmi di recupero. Peraltro, il nuovo espediente utilizzato dalla criminalità organizzata è l’alcool-dipendenza, che consente di essere liberati o di eludere la pena sino a 6 anni di reclusione. Infatti, troppo facilmente si certificano le alcool-dipendenze dai Ser.T., quasi fosse una malattia riconosciuta come causa di servizio, come, peraltro, affermato nella relazione parlamentare della XV legislatura sullo stato della sicurezza in Italia.

Le Forze di Polizia con grande sacrificio adempiono al loro dovere, tanto che le persone denunciate sono passate dalle 435.751 del 1990 alle 651.485 del 2006 e nell’ultimo quinquennio si passa dalle 125.689 persone arrestate nel 2002 a 153.936 del 2006. Ora sta al mondo della politica dare risposte certe.

Anfu - Associazione Nazionale Funzionari di Polizia

Il Segretario Nazionale, Enzo Marco Letizia

Resoconti OO.SS sull' incontro con il Ministro Alfano del 25.giugno 2008

CGIL 25/06/08 - Polizia Penitenziaria : Incontro con il Ministro della Giustizia.
cisl mercoledì 25 giugno 2008 Flash - Polizia Penienziaria, incontro con il Ministro.
POLPENUIL
25.06.2008 - EMERGENZA CARCERI: Incontro Ministro e OO.SS.
SAPPE
ESITO DEGLI INCONTRI CON IL GOVERNO E CON IL MINISTRO DELLA GIUSTIZIA ALFANO
osapp n. 9 del 25 giugno 2008

Adesione Fp Cgil Nazionale Comparto dirigenti penitenziari all'Appello Salviamo la Legge Gozzini

I dirigenti penitenziari iscritti alla Fp Cgil esprimono forte preoccupazione per la proposta di modifica dell'Ordinamento Penitenziario nella parte in cui vengono previsti alcuni istituti introdotti nel 1986 dalla legge Gozzini.
Il testo del disegno di legge n.623 (Berselli) dichiara di voler promuovere la certezza della pena e la sicurezza sociale con una serie di interventi finalizzati a ridurre l'accesso alle misure alternative o a taluni benefici previsti dalla legge Gozzini.
Tale proposta nasce, a dir poco, dall'estrema superficialità con la quale la Politica in generale, la maggioranza di Governo in particolare, si accosta al problema della sicurezza dei cittadini, tema che per la sua delicatezza e importanza meriterebbe molto più dei ripetuti e fuorvianti richiami demagogici.
Non ci si può esimere dal sottolineare che vanificando un sistema fondato sulla costruzione di una prospettiva di vita "regolare" , non possa rendersi concreta un'azione rieducativa del trattamento. Le persone detenute dovrebbero essere messe nella condizione di tornare all'esterno del carcere in termini di maggiore dignità e di consapevolezza dei valori sociali da rispettare.
La "strategia" proposta da Berselli invece prescinde totalmente dalla constatazione oggettiva che l'accesso alle misure alternative o ai cd. benefici nella fase esecutiva attraverso percorsi di riabilitazione riduce la recidiva creando così autentica sicurezza collettiva.
A parte ciò, ci chiediamo anche se non sia l'incoscienza o , semplicemente, il totale disinteresse, a trapelare dall'indifferenza del testo in esame rispetto alle ricadute che tale proposta è destinata a comportare nel settore penitenziario.
La realtà delle carceri italiani e degli Uffici di Esecuzione penale esterna, carenti di risorse ormai in modo cronico, nonché di spazi vitali, verrà vieppiù paralizzata per l'aumento di presenze, stremando il personale della sicurezza e dell'area trattamentale.
Abrogare la liberazione anticipata per tutti i detenuti comporterà il venir meno di un mezzo utilissimo per agganciare l'opera di rieducazione ad una concreta condotta intramuraria accettabile e partecipativa; l'eliminazione della semilibertà per gli ergastolani eroderà progressivamente una qualsiasi fondamentale motivazione a procedere in percorsi che non porteranno concretamente a molto, con immaginabili conseguenze sul piano comportamentale.
Per non parlare del " lieto" aumento ai settantacinque anni per chiedere il beneficio della detenzione domiciliare che rappresenta una notevole "virata" rispetto ai tempi in cui a rischio di carcere si trovavano anziani illustri.
I Dirigenti Penitenziari iscritti alla Fp Cgil credono fermamente che la restrizione delle prospettive di reinserimento sociale comporti solo il venir meno di un aggancio prezioso alle norme di civiltà che devono regolare la vita in carcere, con conseguenze immaginabili e, peraltro, ancora vive nel ricordo di quanti hanno sperimentato sulla pelle le tensioni violente precedenti al 1986.
Un approccio serio e non demagogico ai temi della sicurezza e della certezza della pena necessita di una piena attuazione del dettato di civiltà della Legge Gozzini, che sappia evitare pericolosi automatismi, rilanciando viceversa l'investimento di risorse e professionalità nel percorso di recupero e di prevenzione della recidiva.
Aderiamo, quindi, al grande movimento civile a difesa della legge Gozzini ed ci uniamo nell'esortazione a tutte le forze politiche democratiche e progressiste ad interessarsi a questo testo e ad approfondire, al di là degli slogans, la vera realtà carceraria, quella fatta di uomini e donne che nel carcere lavorano ed operano, che nel carcere vivono in attesa di una possibilità di riscatto sociale.


Assemblea nazionale del coordinamento penitenziari FP CGIL del 17 giugno


Il giorno 17 giugno 2008 si è svolta l'assemblea nazionale del coordinamento dei lavoratori penitenziari Fp Cgil alla quale hanno partecipato delegati ed eletti FpCgil nelle RSU dei posti di lavoro nonché la delegazione trattante del coordinamento ed alcuni componenti delle segreterie territoriali FpCgil. Presente inoltre all'incontro il Segretario Nazionale FpCgil -Funzioni Centrali.

I lavoratori condividendo i contenuti della relazione introduttiva hanno avviato il confronto ed il dibattito sulle tematiche nella stessa esposte.
E' stata evidenziata forte preoccupazione per la situazione di grave crisi politica e culturale in cui versa da tempo il sistema penitenziario, allo stato minato da processi involutivi che vedono a rischio il nostro sistema giuridico in tema di esecuzione della pena con ricadute drammatiche nel contesto. Rispetto a tale problematica i lavoratori penitenziari FpCgil si impegnano a difendere e sostenere ogni iniziativa che porti a contrastare tale percorso.
Si è evidenziata la necessità di insistere con i referenti politici ed amministrativi del settore perché si elabori una seria politica penitenziaria che intervenga sui bisogni del personale, che si attivi per proporre investimenti di risorse umane ed economiche mirate ad incrementare l'organico del personale e alla sua ottimizzazione organizzativa e crescita professionale .
Rispetto a quest'ultimo punto risulta fondamentale puntare alla definizione del nuovo contratto integrativo mirato alla valorizzazione dei lavoratori ed, in linea con i principi del CCNL, ad un ordinamento del personale basato sul principio della ricomposizione del lavoro che risponda ad una nuova etica delle responsabilità.
Occorre, infatti, puntare all'efficienza del lavoro pubblico che risponda alle esigenze dei cittadini cui deve assicurare l'esercizio dei diritti. Nell'ottica dell'efficienza ed efficacia del "servizio carcere" deve intendersi l'intervento professionale dei lavoratori penitenziari.
Si è inoltre affrontato il problema della ripresa e del riconoscimento delle relazioni sindacali sui posti da lavoro ed in tal senso è stata accolta la proposta di costituire in ogni Regione un coordinamento di settore che risulta, laddove sia stato già costituito, uno strumento fondamentale a supporto della FpCgil territoriale in quanto, rappresentativo di una specificità lavorativa e pertanto percepito più vicino alle problematiche afferenti il settore e più funzionale ai relativi interventi.
Una tale organizzazione aiuta a favorire, inoltre, l'interscambio di esperienze e di informazioni sull'operatività e dei diversi contributi.
L'assemblea ha, inoltre, discusso sulla necessità di incentivare percorsi di formazione mirati alla acquisizione di competenze sindacali e indirizzati ai componenti delle RSU nonché ai delegati e ai componenti il comitato degli iscritti dei posti di lavoro rafforzando il ruolo organizzativo dei primi e il ruolo politico sindacale dei comitati.
La Fp Cgil Nazionale, per favorire la comunicazione tra le varie componenti professionali nonché tra le sedi operative, si è impegnata, al momento, a potenziare il sito già esistente con l'intento di predisporre a breve una pagina web specifica del Coordinamento nazionale lavoratori penitenziari Comparto Ministeri che agevoli il contatto con i territori e faciliti la diffusione delle informazioni.
Il Coordinamento si è inoltre impegnato a richiedere un incontro al Ministro della Giustizia sulle tematiche penitenziarie e più specificamente un urgente intervento sulle problematiche afferenti il comparto.
Roma 24.06.2008

Il Coordinatore Nazionale
Penitenziari C. Ministeri
Lina Lamonica

Carcere/Giustizia: Preferire la forza della ragione alla ragione della forza

Comunicato stampa, 28 giugno 2008

Semplicistica è la tesi di chi legge nei recenti, numerosi, casi di violenza da parte di detenuti registrati nei confronti degli operatori penitenziari, innanzi tutto di polizia, la naturale conseguenza del riformarsi del sovraffollamento nelle carceri.

Certamente concentrare un numero eccessivo di persone detenute in strutture che non sono, obiettivamente, in grado di contenerle, favorisce lo scatenarsi di situazioni di criticità e di tensione, ma la causa non può essere solo e sempre quella.

In verità la sensazione, diffusa tra tutto il Personale (nessuno escluso), è che si stia progressivamente perdendo la caratterizzante attitudine professionale (mai concretamente monetizzata) di riuscire a rimanere "freddi" in situazioni calde, razionali in situazioni dove gli animi dei detenuti risultino essere tesi e concitati, di riuscire ad imporsi, preliminarmente, con la forza della ragione e della parola, facendo comprendere come non giovi a nessuno peggiorare la qualità dei rapporti umani o far precipitare le situazioni.

Il carcere è sempre stato, e continuerà ad essere, un luogo "difficile", e sicuramente il Sidipe e la Cisl, nei tavoli in cui interverranno, in tema di rinnovi contrattuali, ribadiranno tale elementare principio, affinché sia "pesato" in termini retributivi ed attraverso mezzi di protezione sociale adeguati, rimarcando le differenze: la polizia e gli operatori penitenziari stanno "in mezzo", per l’intero arco della loro giornata lavorativa, alle più diverse, e talvolta spietate, criminalità prigioniere.

Non bisogna essere sociologi per comprendere come i detenuti malvolentieri si sentano ospiti nelle patrie galere, non risultando sufficiente il subentrare della rassegnazione: in carcere anche i problemi talvolta più semplici e banali vengono vissuti come gravi ed insormontabili; il rischio ed il conflitto sono sempre in agguato.

Proprio l’esigenza di questa consapevolezza, che andrebbe particolarmente curata in sede di formazione professionale, dovrebbe spingere gli operatori penitenziari a mettere in campo la loro migliore performance, la loro capacità di non perdere il controllo delle situazioni, anche ove le stesse appaiano pronte a collassare.

I dirigenti penitenziari sono i primi testimoni a tal riguardo, in particolare quelli che hanno avuto la fortuna d’incontrare nella propria vita professionale Comandanti "mitici", Marescialli poi divenuti Ispettori e Commissari, che con uno sguardo "gelavano" quello dei mafiosi, che con poche parole, pur essendo uomini di parola, placavano gli animi irruenti e, senza mai consigliare ai Direttori l’utilizzo di alcun strumento speciale di dissuasione violenta, riportavano immediatamente l’ordine all’interno delle sezioni, non invocando l’aiuto di Prefetti o delle altre Forze di Polizia, finanche dell’Esercito.

Così come non si può dimenticare il valore e l’impegno profuso, per anni, da ispettori che svolgevano i compiti di Comandante, dove l’assenza di titoli di studio e di dottorati erano ben compensati da una esperienza viva sul campo, in trincea, e che mai si sarebbero sognati, per riportare l’ordine in un reparto detentivo, di far scendere in campo poliziotti penitenziari che usassero pistole "elettriche" o altri strumenti di nuova concezione, ben comprendendo che, in una situazione dove la consistenza numerica vede, irrimediabilmente, minoritari i poliziotti penitenziari, il rischio che quelle stesse armi possano "cambiare" di mano è un fatto concreto, al punto da sconsigliarne l’adozione.

Non è un caso, e non è una dimenticanza, se i poliziotti penitenziari all’interno delle sezioni non portano armi o altri strumenti di difesa. Se si volessero dotare gli agenti di spray immobilizzanti, ad esempio, essi andrebbero distribuiti a tutto il personale come dotazione individuale, e dovrebbe ricordarsi che un agente può trovarsi, solo con se stesso, a confrontarsi anche con 50 e più persone detenute all’interno di un cortile passeggi, di una sezione, di un’aula scolastica, di un parlatorio, di una infermeria, etc., idem ove avesse una pistola che emetta scariche elettriche, e se pure fosse in grado di utilizzare gli artifizi, senza che diventino uno strumento contro di lui, sarà poi automaticamente assolto da ogni responsabilità lì dove, facendone ricorso, un qualche detenuto riportasse conseguenze gravi sul piano fisico, tenendo conto che spesso i detenuti, quali i tossicodipendenti e tanti stranieri, possono essere portatori di malattie debilitanti o comunque non in buona salute?

L’attuale legislazione e la giurisprudenza, insieme con la c.d. "società civile", starebbero con il poliziotto penitenziario oppure contro? Altra cosa è impedire, usando le armi in dotazione da parte delle sentinelle (figure ormai rare e da collezione in diversi istituti), l’evasione di un detenuto, altro è essere costretti a ricorrere, in situazioni di forte criticità, a sfollagente e scudi, gas lacrimogeni o lance antincendio.

Ma queste sono considerazioni comuni a tutti coloro che, per davvero, operino all’interno delle carceri e non certo quelle di quanti, cerchino di affrontare le criticità illudendosi che un armamentario diverso risulterebbe risolutivo.

È la presenza di personale di polizia penitenziaria e degli altri operatori tutti che andrebbe, al contrario, esigita e maggiormente assicurata, non abbandonando quelle poche residue nelle stesse, in sezioni detentive sempre più affollate di detenuti e, contestualmente, depredate negli organici di polizia che si vorrebbe impegnare altrove, purché fuori dagli istituti penitenziari: pensate quale grande sollievo sarebbe per un giovane agente non sentirsi soli, ed avere un compagno di lavoro accanto, nei posti di servizio!

Altro che "colpi di sole", è l’ombra ed il buio che molti sembrano voler continuare a preferire in questa calda estate.

Enrico Sbriglia, Segretario Nazionale Sidipe

Marco Mammucari, Coordinatore Nazionale Penitenziario Cisl-Fps

Giustizia/Carcere: Alfano; sì all’utilizzo del "braccialetto elettronico"

Corriere della Sera, 28 giugno 2008

Braccialetti elettronici, terminali e radiolocalizzatori nelle centrali operative. Questa la ricetta tecnologica condivisa dal ministro della giustizia Alfano e i sindacati di polizia penitenziaria per migliorare la situazione nelle carceri italiane.

Il ministro della giustizia Angelino Alfano, dopo l’incontro a Roma con i sindacati di Polizia penitenziaria si è espresso in maniera favorevole all’utilizzo di procedure di controllo mediante dispositivi tecnici come il braccialetto elettronico.

"Una strada nella quale occorre muoversi, è quella di una nuova politica della pena, necessaria e indifferibile, che preveda un "ripensamento" organico del carcere e dell’Istituzione penitenziaria, avvalendosi anche della tecnologia" - ha detto il ministro durante il confronto con i rappresentanti dei sindacati.

Soddisfazione per le parole del guardasigilli le esprime Donato Capece, segretario generale del Sappe (Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria), prima e più rappresentativa organizzazione di categoria che da tempo chiede a gran voce l’adozione del braccialetto elettronico per il controllo dei detenuti con pene brevi da scontare.

Il Sappe, per altro, ha appena concluso l’organizzazione di un convegno nazionale proprio sul tema dell’utilizzo della tecnologia in ambito di giustizia e sicurezza, in particolare sull’uso del braccialetto elettronico. Il dibattito ha visto confrontarsi sull’argomento, ma anche sulle novità introdotte dal pacchetto sicurezza proposto dal governo Berlusconi, i rappresentanti della polizia e dell’amministrazione penitenziaria, gli amministratori locali e i parlamentari di entrambi gli schieramenti.

"Il braccialetto elettronico ha finora fornito in molti paesi europei una prova indubbiamente positiva. E se la pena evolve verso soluzioni diverse da quella detentiva, anche la polizia penitenziaria dovrà spostare le sue competenze al di là delle mura del carcere, parallelamente all’affermarsi del suo ruolo quale quello di vera e propria polizia dell’esecuzione penale - ha spiegato Capece - il controllo sulle pene eseguite all’esterno e sull’adozione del braccialetto elettronico, oltre che qualificare il ruolo della polizia penitenziaria, potrà avere quale conseguenza il recupero di efficacia dei controlli sulle misure alternative alla detenzione. Efficienza delle misure esterne e garanzia della funzione di recupero fuori dal carcere - ha concluso il segretario generale del Sappe - potranno far sì che cresca la considerazione della pubblica opinione su queste misure, che nella considerazione pubblica, non vengono attualmente riconosciute come vere e proprie pene".

venerdì 20 giugno 2008

Carcere/Giustizia:Gozzini, una legge da salvare!

di Dimitri Buffa

L’opinione, 20 giugno 2008

L’appello di "Ristretti Orizzonti" e del capo del Dap Ettore Ferrara.

"Ha senso rinunciare, in un momento in cui al centro dell’attenzione di tutti c’è la voglia di vivere più sicuri, a una legge che da anni contribuisce proprio a creare sicurezza?" È la domanda, forse retorica conoscendo la demagogia di certi politicanti, che si fanno i promotori dell’appello per salvare la legge Gozzini dalle assurde modifiche contenute nel disegno di legge del senatore di An Filippo Berselli, purtroppo presidente della commissione Giustizia a palazzo Madama. Il nostro giornale qualche giorno fa ha fatto due conti a tavolino indicando in circa 2 miliardi e rotti di euro il costo economico di questo assurdo proposito.

Vi è poi, e non è certo il lato minore della vicenda, un enorme costo sociale. Che si traduce in minore sicurezza per tutti. I beneficiati della Gozzini infatti perdono nel 99 per cento dei casi il terribile "vizio" alla reiterazione del reato. La cosiddetta recidiva. Che invece resta altissima, circa il 30% dei detenuti secondo le statistiche, in tutti gli altri casi. Idealmente il primo promotore di questo appello non è solo l’associazione no profit "Ristretti Orizzonti" che da anni svolge un’opera di informazione capillare sul mondo carcerario. No, idealmente, il primo promotore dell’appello è lo stesso responsabile del Dipartimento amministrazione penitenziaria Ettore Ferrara, che in più di un’occasione, insieme al suo vice Emilio Di Somma, si è speso a favore della Gozzini. Di Somma poi lo ha fatto anche parlando nei convegni ad hoc organizzati in varie città d’Italia dall’Unione delle camere penali.

D’altronde gli esperti di carceri sanno di cosa parlano, gli altri solleticano solo i peggiori istinti della pubblica opinione magari con la complicità di alcuni media che si prestano scientemente a montare qualche decina di casi di cronaca nera. Che più che alla legge Gozzini fanno pensare alla mancanza di prevenzione sul territorio da parte delle forze dell’ordine. Secondo i promotori dell’iniziativa che sta circolando non solo nelle carceri, il disegno di legge Berselli (che porta il numero 623) che mira a ridurre drasticamente i benefici penitenziari, abolendo la liberazione anticipata, vietando la semilibertà per gli ergastolani e, in generale, rendendo più difficile l’ammissione a tutte le misure alternative, "rappresenta un pericolo gravissimo per il reinserimento dei detenuti, per il governo delle carceri e, infine, per la sicurezza di tutta la società". Insomma, come accade sempre in Italia, per furore demagogico e per amore delle scorciatoie non solo si massacra lo stato di diritto ma si ottengono effetti decisamente controproducenti. Non da ultimo c’è anche il quesito su dove si intendano mettere i prevedibili nuovi 20 o 30 mila detenuti l’anno che si produrrebbero in automatico con l’abolizione o il ridimensionamento della Gozzini.

Poi se uno volesse essere un po’ cattivo potrebbe anche dire che questa classe politica chiede sicurezza solo contro i diseredati della discarica sociale chiamata carcere o contro i derelitti extra comunitari. Aggiustandosi invece ad hoc un bel po’ di leggi contro reati finanziari o da colletti bianchi. Ma non vorremmo giungere al dipietrismo per essere d’accordo con una battaglia, quella per la non abrogazione della Gozzini, che, basta ragionare con il cervello e non con le viscere o con qualche altro meno nobile organo del corpo umano, per capire quanto possa essere controindicata proprio per la sicurezza che pretenderebbe di tutelare. Invece della certezza della pena si rischia di avere carceri da Thailandia e una criminalità (organizzata e non) ancora più feroce di quella del Brasile o della Colombia. Andatevi a vedere al cinema "Tropa de elite" sugli squadroni della morte a Rio de Janeiro e poi ne riparliamo. È questo il modello che ha in mente il senatore di An Filippo Berselli?

L'on Carcere/Giustizia:Berselli vuole cancellare l’art. 27 della Costituzione

di Sandro Padula

Liberazione, 20 giugno 2008

Il disegno di legge Berselli, già criticato su Liberazione del 15 giugno nei suoi aspetti specifici, intende modificare in senso reazionario la Riforma penitenziaria del 1975 e il codice di procedura penale in materia di permessi premio e di misure alternative alla detenzione.

Mentre da parecchi anni la popolazione detenuta lotta per eliminare le forme detentive più disumane (ergastolo e 41 bis) e per fare in modo che i benefici siano ottenuti automaticamente e non in modo discrezionale, il ddl punta a comprimere i benefici nel complesso, ad eliminarne alcuni relativamente consolidati nel tempo (come i giorni di liberazione anticipata) e a togliere ogni minima possibilità di andare in semilibertà per tutti gli ergastolani, così come già succede per i "fine pena mai" che oggi si trovano sottoposti alla misura ultrapunitiva del 41 bis.

Per fare ciò, cercando al tempo stesso di essere coerente sul terreno della logica formale, il ddl non si basa su dati statistici effettivi e su analisi comparate fra la realtà italiana e quella degli altri paesi dell’Unione Europea. Non dice neanche il costo delle modifiche preannunciate che, secondo le stime fornite da Dimitri Buffa in suo interessante articolo a riguardo, potrebbe aggirarsi attorno ai due miliardi di euro l’anno!

Parte invece, in maniera demagogica e quindi strumentale, dalla "percezione" secondo cui in Italia il sistema carcerario avrebbe troppe funzioni rieducative e poche caratteristiche sanzionatrici. Il ragionamento è semplice: il carcere servirebbe ancora, almeno in apparenza, alla "rieducazione" ma questo scopo a sua volta sarebbe fondamentalmente raggiungibile attraverso un "adeguato grado di afflittività".

La "rieducazione", scopo della pena detentiva previsto dall’articolo 27 della Costituzione italiana, diviene così una finalità annichilita dal peggioramento del mezzo. Lo scopo effettivo del ddl Berselli è infatti la "deterrenza" (o intimidazione che dir si voglia) e quest’ultima sarebbe insita in un carcere più afflittivo per tutti coloro che hanno la sventura di finirvi in qualità di detenuti in attesa del processo o di condannati ai diversi gradi di giudizio.

Sul piano della dottrina il disegno di legge si rifà, volente o nolente, alla teoria secondo cui la pena detentiva dovrebbe avere soprattutto un fine utilitaristico e intimidatorio.

L’inglese Jeremy Bentham (1748-1832), fra i primi a teorizzare tale scopo, pensava che l’uomo agisse esclusivamente in base ad un calcolo sull’utilità di ogni propria azione, ad un calibrato ragionamento su come raggiungere il piacere ed evitare il dolore.

Il francese Auguste Comte (1798-1857), il padre della moderna sociologia, criticò questa concezione perché l’uomo non agisce solo per calcolo. Agisce in base a diversi fattori, in diversi contesti e fasi della sua vita.

D’altra parte, possiamo qui solo aggiungere e ricordare che le grandi trasformazioni sociali e politiche della storia non ci sarebbero state se tutti gli esseri umani avessero agito sempre e solo in virtù di un’ottica utilitaristica. Esistono forze e contraddizioni sociali ben più potenti nel fare la storia rispetto alle molteplici forme del cinismo umano.

Ecco, proprio qui sta il punto. I novelli seguaci italiani di Bentham pensano che l’uomo non sia la sua continua trasformazione nei rapporti sociali e con il resto della natura ma qualcosa di essenzialmente cinico. E allora, cosa c’è di meglio del proporre leggi più spietate di quelle adottate finora?

Il cerchio si chiude. Come Dio cacciò Adamo ed Eva dal paradiso terrestre, così il disegno di legge Berselli vorrebbe cacciare l’articolo 27 della Costituzione dalle carceri italiane. Abbiamo così un paradosso di paradossi che nega del tutto la verità: le carceri italiane, come dimostrano le numerose condanne stabilite dalla Corte europea dei diritti umani, sono l’esatto contrario di un paradiso terrestre e, in larga misura, l’applicazione concreta dell’articolo 27 della Costituzione è ancora disattesa.

Il carcere, in Italia ben più che in altri paesi dell’Unione Europea, è rimasto uno dei più liberticidi strumenti di monopolizzazione statuale della vendetta, della sopraffazione e del rito del capro espiatorio. Di conseguenza, chiedere che un tale strumento afflittivo diventi ancora più afflittivo è come pretendere che le persone detenute siano più sepolte vive di quanto lo siano adesso, in questo esatto momento. L’essere umano che avrebbe trasgredito il Codice penale italiano, un testo per la verità anacronistico dopo 78 anni di vita, è ritenuto dal ddl Berselli una semplice bestia, da trattare con un maggior "grado di afflittività".

Secondo il dizionario De Mauro, "afflittivo" è ciò "che affligge, che provoca sofferenza". E allora, che cos’è una pena detentiva con un maggior grado di sofferenza se non una specifica e più profonda forma di tortura? Non sarà forse anche per questo motivo che in Italia ancora non esiste il reato di tortura? Per favore, cerchiamo di chiamare pane il pane e vino il vino. Chi vuole costruire una Terza Repubblica plasmata prevalentemente sul Codice penale del 1930 e per nulla rispettosa della Costituzione della Repubblica Italiana e di tutte le Carte mondiali dei Diritti Umani, lo dicesse senza tanti giri di parole.

E poi, urliamolo ad alta voce: basta con la cultura della "percezione"! La cultura della "percezione" è roba da Medioevo! Se l’umanità le avesse dato sempre retta, adesso staremmo ancora a credere che il Sole giri attorno alla Terra!

Carcere/Giustizia:Cancellare la Gozzini? Rischio di rivolte nelle carceri


Il Manifesto, 20 giugno 2008

Distruggono la Gozzini, "una legge che funziona", pur di ottenere "facili consensi". Ieri la Conferenza nazionale del volontariato della giustizia, la rete degli enti che si occupano di carcere, ha espresso preoccupazione per l’eliminazione degli sconti di pena chiesta dal disegno di legge presentato da Filippo Berselli, presidente della commissione giustizia di palazzo Madama, di prossima calendarizzazione.

Il testo prevede un giro di vite per i detenuti che pure osservano buona condotta: la semilibertà dopo due terzi della pena (e non la metà, com’è oggi), nessuna liberazione anticipata, permessi agli ergastolani solo dopo vent’anni di carcere (anziché dieci). Una scelta "devastante" secondo la camera penale di Palermo, contro una legge "civilissima e applicata in tutti i paesi giuridicamente evoluti".

Per l’associazione Antigone alcune scelte di Berselli sono persino "folli". L’obiettivo dello sconto di pena, di fatto, ha consentito a giudici e polizia di azzerare le rivolte e rendere tranquille le sezioni. La loro cancellazione rischia di fare da detonatore nelle carceri, che già vivono la pesante emergenza del sovraffollamento.


giovedì 19 giugno 2008

Il Coordinamento Assistenti Sociali della Giustizia aderisce all' Appello "Salviamo la Gozzini"

Anna Muschitiello (Segretaria Nazionale Coordinamento Assistenti Sociali della Giustizia)


Oggi assistiamo ad un inaccettabile paradosso: più emerge con evidenza il fallimento delle funzioni storiche, degli stessi fondamenti teorici della pena detentiva, tanto più si ricorre ad essa, nella sua versione più retriva e vendicativa al di fuori dei necessari criteri di proporzionalità e di garanzia, soprattutto verso i soggetti più deboli e i comportamenti (di devianza sociale) cui più frequentemente si associano immagini di insicurezza.

Quanto più ci si sente legittimati ad attuare il controllo sulle aree più povere e marginali, ricorrendo ai soli metodi di pura repressione, dimostrando in questo modo l’incapacità di gestire adeguatamente le emergenze sociali, quali: i processi migratori, la precarizzazione del lavoro, l’impoverimento dei meno abbienti e di aree di ceto medio, l’aumento della marginalità sociale, tanto più si fa cadere ogni remora nel considerare impuniti i reati dei potenti e dei ricchi, annullando esplicitamente il principio costituzionale dell’uguaglianza di fronte alla legge.

In questo clima diventa sempre più difficile esercitare il nostro ruolo di operatori del sociale e di educatori al rispetto della legalità.

Non c’è dubbio che l’attuale società: confusa, disorientata, abbandonata alla precarietà esistenziale premi in termini di consenso sociale e politico tali scelte, ma è necessario che si comprenda che le ricadute nei diversi contesti istituzionali e della società saranno drammatiche e deleterie per la convivenza civile e democratica di tutti i cittadini.

Annullare la legge Gozzini significa far arretrare la civiltà giuridica del nostro paese e questa non è una questione che deve preoccupare e riguardare solo i diretti interessati e/o gli addetti ai lavori, ma tutti i cittadini democratici.

Ci auguriamo che gli avvenimenti di questi giorni facciano ritrovare la voglia di mettere un freno a questa deriva antidemocratica e far salire un moto di indignazione che faccia capire che a tutto c’è un limite.

Carcere/Giustizia- Gozzini a rischio: i conti di Gonnella e la mobilitazione di Ristretti

Vita, 19 giugno 2008

I calcoli di Italia Oggi: se il ddl Berselli venisse approvato le presenze in carcere passerebbero da 55mila a 75mila. L’appello di Ristretti. Su Italia Oggi, Patrizio Gonnella fa i conti al disegno di legge presentato dal presidente della Commissione Giustizia della Camera Berselli, che punta a ridurre le pene alternative, di fatto abolendo la Gozzini. Secondo Italia Oggi sarebbero almeno 20mila presenze in più in carcere nel giro di un anno se il ddl dovesse essere approvato. Si passerebbe da 55 a 75 mila. Sul tema continua la mobilitazione di Ristretti Orizzonti, sito informativo e newsletter sul carcere promosso da alcuni detenuti e operatori del carcere Due Palazzi di Padova.

"Il Disegno di legge "Berselli" (n. 623)", scrive la redazione di Ristretti, "che mira a ridurre drasticamente i "benefici penitenziari", abolendo la liberazione anticipata, vietando la semilibertà per gli ergastolani e, in generale, rendendo più difficile l’ammissione a tutte le misure alternative, a nostro avviso rappresenta un pericolo gravissimo per il reinserimento dei detenuti, per il governo delle carceri e, infine, per la sicurezza di tutta la società. Ha senso rinunciare, in un momento in cui al centro dell’attenzione di tutti c’è la voglia di vivere più sicuri, a una legge che da anni contribuisce proprio a creare sicurezza?"


Carcere/Giustizia: La Gozzini è un esempio di civiltà giuridica

di Salvatore Mazzeo (Direttore Casa Circondariale di Marassi)

Secolo XIX, 19 giugno 2008

Non usa mezzi termini Salvatore Mazzeo, Direttore della Casa Circondariale di Marassi. "Nel pacchetto sicurezza compaiono provvedimenti che non mi trovano affatto d’accordo. Si possono discutere i permessi premio, magari introducendo misure più rigorose rispetto a determinati reati. Ma eliminare in toto la legge Gozzini non si può. È un esempio di civiltà giuridica che tutto il mondo ci invidia".

Mazzeo, da cinque anni e mezzo a Genova, se la prende con l’ipotesi di cancellare la liberazione anticipata, il meccanismo che prevede, in caso di buona condotta, uno sconto di 90 giorni ogni anno di pena scontata. "Non temo tanto il sovraffollamento provocato dal prolungamento della pena - ragiona Mazzeo - quanto piuttosto un fenomeno di demotivazione da parte dei detenuti. Se non esiste più alcun vantaggio a comportarsi in maniera corretta e disciplinata, il detenuto può decidere che tanto vale comportarsi male. Le conseguenze sono intuibili".

Mazzeo non nega l’esistenza dell’allarme sicurezza. "Si tratta di conciliare l’esigenza di sicurezza del cittadino con il recupero sociale del detenuto. Discuterne con i tecnici aiuterebbe ad inquadrare e risolvere il problema. Al momento si parla di aumentare le pene edittali e di eliminare o restringere i permessi-premio agli ergastolani, che sono concessi dopo 10 anni o la semilibertà, dopo 20. Questo provvedimento avrebbe riflessi sul numero dei detenuti, ricreando il problema del sovraffollamento nelle carceri italiane".

Carcere/Giustizia:Detenuti da 55 mila a 75 mila

di Patrizio Gonnella

Italia Oggi, 19 giugno 2008

Permessi premio e pene alternative: stretta sulla Gozzini. L’impatto del ddl Berselli, presentato al Senato, che rende più difficili i benefici di legge.

Saranno plausibilmente almeno 20 mila in più le presenze in carcere se dovesse essere approvato il disegno di legge n. 623 recante "Modifiche alla legge 26 luglio 1975, n. 354, e al codice di procedura penale, in materia di permessi premio e di misure alternative alla detenzione". Il ddl è stato presentato dai senatori Filippo Berselli e Alberto Balboni, entrambi del Popolo della libertà e il primo alla presidenza della commissione giustizia.

Il testo, qualora approvato, condurrebbe a un inasprimento del regime penitenziario, escludendo o rendendo estremamente meno accessibili gli attuali benefici di legge in caso di detenuti che mantengono una condotta tesa a cooperare con l’opera di reinserimento sociale. Il primo dei sei articoli in cui si divide il testo raddoppia da dieci a vent’anni il periodo di pena che deve essere espiata da un condannato all’ergastolo che abbia tenuto condotta meritoria prima di poter accedere al permesso premio.

Il secondo articolo riguarda invece la misura alternativa al carcere dell’affidamento in prova al servizio sociale. L’affidamento fuori dell’istituto per un periodo uguale a quello della pena, che può oggi essere disposto se la pena detentiva da scontare non supera tre anni, viene limitato ai casi in cui la pena non supera il singolo anno. Diventa inoltre indispensabile il passaggio attraverso il carcere, che era stato reso facoltativo dalla legge cosiddetta Simeone - Saraceni nel 1998 per evitare inutili ingolfamenti penitenziari.

L’articolo 3 del ddl Berselli si concentra sulla detenzione domiciliare: viene tra l’altro alzata da 70 a 75 anni l’età per accedervi per motivi di anzianità; viene portata da quattro a due anni la pena residua da potersi scontare presso la propria abitazione in specifici casi previsti (tra cui donna incinta, persona gravemente malata, minore di ventuno anni per comprovate esigenze di salute, studio, lavoro, famiglia); viene portata da due a un anno la pena residua da potersi scontare presso la propria abitazione negli altri casi; viene inoltre modificato l’articolo 656 del codice di procedura penale nella parte in cui è prevista la sospensione della pena entro il limite dei tre anni, riducendola a un anno. Si allungano i tempi per accedere alla semilibertà (vanno scontati almeno i due terzi della pena e in alcuni casi i tre quarti), del tutto inibita per gli ergastolani. Viene soppressa la liberazione anticipata, ossia la riduzione di 45 giorni a semestre prevista per chi ha regolare condotta in carcere.

Oggi i detenuti sono 55 mila. Circa 22 mila sono quelli condannati in via definitiva. L’insieme delle misure previste produrrà di fatto l’accantonamento della legge Gozzini del 1986 nonché il rischio di sovraffollamento. Non è facile ipotizzare quale sia la sua portata effettiva. Ridurre la portata dell’affidamento in prova al servizio sociale, della semilibertà e della detenzione domiciliare significa togliere o ridimensionare la possibilità di accedervi a circa 15 mila persone. Complessivamente si può sostenere che nel solo giro di un anno potrebbero essere 20 mila in più i detenuti raggiungendo la quota record di 75 mil