L'ARCHIVIO DI OLTREILCARCERE

Dal 2007 al 2014 sono stati pubblicati più di 1300 documenti che hanno trattato argomenti riferiti al Servizio Sociale della Giustizia, agli Uffici per l'Esecuzione Penale Esterna, al Sistema dell'Esecuzione Penale Esterna attraverso solidarietaasmilano.blocspot.com

sabato 25 settembre 2010

Quale futuro per le Misure Alternative e gli Uffici per l'Esecuzione Penale Esterna?

Il Blog raccogliendo le sollecitazioni di Luca (clicca: LETTERE AL BLOG ) ha deciso di mettere a disposizione il proprio spazio per favorire un libero confronto tra adddetti ai lavori sul tema proposto da Stefano Anastasia con l'articolo Carceri verso la catastrofe umanitaria, facciamo largo a Comuni e Regioni pubblicato sul Manifesto del 22 settembre ":.....Nonostante le diverse tendenze di molti Paesi comparabili al nostro, il sistema penitenziario italiano resta un sistema “carcere-centrico”, nel quale le altre possibilità sanzionatone (e le professionalità non custodiali) restano delle “alternative” solo eventuali. Tanto più eventuali quanto più la loro stessa attuabilità sia ormai estranea alle competenze delle amministrazioni dello Stato.
Non bisogna dimenticare, infatti, che la riforma costituzionale del 2001 ha affidato alle Regioni e agli enti locali, oltre che le competenze sanitarie, quelle sull’organizzazione dell’offerta di istruzione, sulla formazione professionale, sulle politiche attive del lavoro, sulle politiche sociali. Di tutto ciò che ha a che fare con il reinserimento sociale dei detenuti e con la possibilità che i condannati scontino la loro pena all’esterno del carcere l’Amministrazione statale non sa più nulla, e meno che mai ne sa quel suo piccolo pezzo da cui dipende la gestione delle carceri. In questa prospettiva, per potenziare le alternative al carcere, per emanciparle dalla loro condizione di minorità, non avrebbe più senso riconoscere che il sistema penitenziario è il frutto del concorso di più livelli e di più competenze tra Stato ed enti territoriali, e quindi riconoscere i confini oltre i quali l’amministrazione della giustizia non può andare e lasciare operare più efficacemente Regioni ed Enti locali? Perché gli Uffici dell’esecuzione penale esterna, con i loro assistenti sociali impegnati tra carcere e territorio, non possono passare direttamente alle dipendenze delle Regioni e degli Enti locali? Non ne sarebbe facilitata la presa in carico dei condannati sul territorio e, magari, le alternative al carcere?".


Inviate le vostre riflessioni all'email: comunicati.assistentisociali@yahoo.it

Dai fallimenti una spinta per ripensare il carcere


Fonte: Il Manifesto, di Mauro Palma 15/09/2010

Qualche ventosa giornata ricorda a tutti l’arrivo dell’autunno e, ai consueti problemi della ripresa, si aggiunge l’affanno di un’estate in cui lo scontro politico istituzionale ha avuto la meglio su quello politico sociale. Scenari multipli sono stati proposti per gli equilibri dell’assetto dei partiti e delle loro alleanze, ma nessuno scenario è stato proposto per altri problemi; in primis, per quello di una società che non è in grado di misurarsi con le proprie contraddizioni. E misurarsi non è darne una mera descrizione, bensì ipotizzare modalità concrete per ridurre la loro drammatica incidenza nelle condizioni di vita dei soggetti e nelle culture in cui esse si collocano.
Così, l’enfasi descrittiva di un’estate in cui anche i disattenti si sono resi conto delle condizioni di vita di chi è in carcere e dell’impossibilità delle pene che là si scontano di rispondere al senso di umanità e al dettato costituzionale, rischia di lasciare il campo a stanche e rituali ripetizioni: stesse analisi, stessi dibattiti, stesse inefficaci proposte.
Proprio su queste pagine però si è manifestata, nel mese scorso, la volontà di aprire una riflessione diversa su questi temi – da ultimo lo ha fatto Franco Corleone (25/8). Partendo da alcuni fallimenti, inclusi quelli che riguardano provvedimenti su cui molto si era puntato negli anni passati: la riforma della polizia penitenziaria, il nuovo regolamento, la definizione delle professionalità operanti in carcere. Aspetti, questi, che, integrandosi, determinano nel concreto la vita detentiva. Può, quindi, essere utile aprire una discussione su di essi.
Il primo, il carcere in Italia difetta anche plasticamente e architettonicamente di spazi che diano senso a una pena volta al reinserimento: questo anche nelle situazioni non sovraffollate (qualora ce ne fossero). Perché è centrato su due modelli: quello panottico delle vecchie costruzioni e quello lineare adottato dagli anni settanta. Entrambi interpretano una visione occhiuta e deresponsabilizzante del tempo detentivo e, quindi, dello spazio dove esso scorre: luogo dove sostanzialmente controllare e custodire soggetti “infantilizzati” a cui si chiede solo di aderire a una routine quotidiana, distante dalla complessità della scena esterna; luogo dove si ritrovano mescolate persone che attendono gli esiti dell’indagine, persone che avrebbero più bisogno di tutela sociale che non di punizione, persone che hanno commesso gravi reati. Già la distinzione tra indagati e condannati stenta a essere praticata e tutti sono insieme, fruitori della stessa attesa inerte.
Il secondo riguarda l’identità professionale di chi in carcere lavora. Non credo si possano giudicare positivamente gli esiti della ormai ventennale smilitarizzazione del corpo degli agenti di polizia penitenziaria senza interrogarsi se nei fatti si siano dati solo nomi diversi a situazioni pre-esistenti e se l’attuale fisionomia non finisca in fondo per deprimere proprio la connotazione professionale. Bandiere, scudetti e cerimonie del “corpo” non sostituiscono di certo l’identità che chi lavora in questo settore richiede. Che si costruisce invece con formazione, numeri non esorbitanti, distinzione di funzioni e riduzione di quelle strettamente di controllo a un più ristretto sottoinsieme. Colpisce vedere, in alcune esperienze ben funzionanti fuori Italia, i numeri molto più contenuti degli addetti alla sicurezza e un ben più ampio settore di coloro che svolgono funzioni di tipo diverso.
Il terzo aspetto riguarda l’esterno del carcere, cioè le misure alternative che oggi sembrano disegnate sulla logica dell’interno, seppure senza sbarre. Il territorio resta muto supporto e non attore. Anche qui intervengono gli spazi: perché non recuperare il patrimonio territoriale, spesso non utilizzato, per un progetto di esperienza abitativa esterna, controllata, ma non piegata al ritorno a sera tra le mura e alle sue logiche? E riguarda anche il personale: la funzione di assistenza sociale di giustizia deve continuare a rimanere diversa da quella sociale tout court o non integrarsi con essa, fino a un completo mescolamento?
Aspetti su cui vale la pena discutere se la promessa estiva del voltare pagina la vogliamo declinare oltre che sull’emergenza , che ovviamente richiede risposte urgenti, anche su un più generale ripensamento.

venerdì 24 settembre 2010

Convegno Magistratura Democratica: La pena e il carcere: diritti e rieducazione

Bologna, 8-9 ottobre 2010
Complesso S. Giovanni in Monte - aula PRODI
P.zza San Giovanni in Monte n. 2
venerdi 8 ottobre
ore 15.00
Presentazione convegno: Anna Mori, Segreteria di Magistratura democratica ER
Saluti di: Vasco Errani, Presidente Regione Emilia-Romagna
Giuliano Lucentini, Presidente Corte d’Appello di Bologna
ore 15.30-17.00 - prima sessione
Il boom penitenziario: le politiche criminali, la custodia cautelare, la
pena, le misure di sicurezza.
Introduce e coordina Letizio Magliaro
Interventi di: Emilio SANTORO, Università di Firenze • Vittorio BORRACCETTI,
già Procuratore della Repubblica di Venezia • Roberto D’ERRICO, avvocato in
Bologna • Cesare BONDIOLI, Psichiatria Democratica • Luciano EUSEBI, Università
Cattolica di Milano
ore 17.30-19.00 - seconda sessione
La magistratura di sorveglianza tra garanzia e rieducazione:
analisi e prospettive.
Introduce e coordina: Carlo Renoldi
Interventi di: Giovanni TAMBURINO, Coordinatore CONAMS e Presidente TS
Roma • Franco OCCHIOGROSSO, Presidente TS Bari • Francesco SETTE, Presidente
TS Cagliari • Marcello BORTOLATO, MS Padova • Maura NARDIN, MS
Sassari • Massimo NIRO, MS Firenze
Sabato 9 ottobre
ore 9.30-13.30 - Terza sessione
La realtà del carcere: la rieducazione negata e l’attuale mancanza
di prospettive. Una proposta.
Introduce e coordina Francesco Maisto (Presidente del Tribunale
di Sorveglianza di Bologna)
Interventi di: Maria Teresa Marzocchi, Assessore della Regione ER alle Politiche
Sociali • Lucia Castellano, Direttore CC Milano Bollate • Ione Toccafondi, Direttore
CC Bologna • Francesco Quinti, Coordinatore nazionale CGIL Polizia Penitenziaria
• Luigi Pagano, Provveditore PRAP Lombardia • Bruno Benigni, Presidente
Forum Nazionale Salute in carcere • Valeria Calevro, Direttore OPG Reggio
Emilia • Franco Corleone, Garante Detenuti Firenze • Sergio Cusani, Presidente
Associazione Liberi Liberi • Ornella Favero, Direttore Ristretti Orizzonti • Patrizio
Gonnella, Presidente Antigone • Mauro Palma, Presidente del Comitato Permanente
contro la Tortura
Pranzo-buffet
ore 15,30-17,00 Tavola rotonda
La realtà del carcere: tra politica e amministrazione
Coordina: Claudio Castelli Presidente di Magistratura Democratica
Intervengono: On. Rita Bernardini • Sen. Filippo Berselli • On. Andrea Orlando
• Franco Ionta, capo DAP • Alessandro Margara, già Presidente del TS di Firenze,
Presidente della Fondazione Michelucci
Conclusioni
Rita Sanlorenzo, Segretario Nazionale di Magistratura Democratica
Magistratura Democratica
con il Patrocinio della
Regione Emilia Romagna
Evento formativo accreditato dal Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Bologna con
n. 4 crediti formativi per il giorno 8 ottobre e n. 6 crediti formativi per il giorno 9 ottobre
iscrizione via e-mail: domenico.truppa@giustizia.it
LA PARTECIPAZIONE È GRATUITA - Iscrizioni fino al 6 ottobre 2010

LETTERE AL BLOG

Salve, mi chiamo Lucio Barone e sono un collega Ass. Soc. che per 10 anni ha lavorato presso il CSSA di Catania per passare nel 2000 alle dipendenze della Giustizia Minorile. Seguo con interesse il blog e vorrei segnalare l'interessantissimo articolo apparso sul Manifesto del 23 u.s. a firma di Stefano Anastasia e riportato integralmente dal sito Ristretti. Ecco il link dell'articolo
http://www.ristretti.org/index.php?option=com_content&view=article&id=3104:giustizia-carceri-verso-la-catastrofe-umanitaria-facciamo-largo-a-comuni-e-regioni&catid=16:notizie-2010&Itemid=1

Sarebbe interessante cogliere la stimolante provocazione che il giornalista propone alla fine del suo articolo quando afferma:
Non bisogna dimenticare, infatti, che la riforma costituzionale del 2001 ha affidato alle Regioni e agli enti locali, oltre che le competenze sanitarie, quelle sull’organizzazione dell’offerta di istruzione, sulla formazione professionale, sulle politiche attive del lavoro, sulle politiche sociali. Di tutto ciò che ha a che fare con il reinserimento sociale dei detenuti e con la possibilità che i condannati scontino la loro pena all’esterno del carcere l’Amministrazione statale non sa più nulla, e meno che mai ne sa quel suo piccolo pezzo da cui dipende la gestione delle carceri. In questa prospettiva, per potenziare le alternative al carcere, per emanciparle dalla loro condizione di minorità, non avrebbe più senso riconoscere che il sistema penitenziario è il frutto del concorso di più livelli e di più competenze tra Stato ed enti territoriali, e quindi riconoscere i confini oltre i quali l’amministrazione della giustizia non può andare e lasciare operare più efficacemente Regioni ed Enti locali? Perché gli Uffici dell’esecuzione penale esterna, con i loro assistenti sociali impegnati tra carcere e territorio, non possono passare direttamente alle dipendenze delle Regioni e degli Enti locali? Non ne sarebbe facilitata la presa in carico dei condannati sul territorio e, magari, le alternative al carcere?


Mi piacerebbe che all'interno del blog si aprisse una discussione su tale proposta e su cosa ne pensiamo noi come addetti ai lavori (il discorso riguarderebbe anche la Giustizia Minorile).

Cordialmente
Lucio Barone

Carceri verso la catastrofe umanitaria, facciamo largo a Comuni e Regioni

di Stefano Anastasia

Il Manifesto, 23 settembre 2010

“Passata la festa, gabbato lu Santu”. Il ferragosto si allontana e la sensazione che il precetto evangelico sia stato seguito ritualmente sembra ogni giorno più forte: dal carcere continuano ad arrivare notizie di morti e disperazione e non abbiamo notizie di un sussulto di iniziativa da parte delle centinaia di parlamentari che sono andati a visitare i carcerati.
In Senato pende il disegno di legge per la detenzione domiciliare a fine pena, mentre la Camera discute delle alternative al carcere per le detenute madri: progetti pure condivisibili nell’ispirazione, ma nulla che possa raddrizzare quel piano inclinato che da due anni sta facendo scivolare il sistema penitenziario italiano verso la catastrofe umanitaria.
Balliamo sul litanie e magari qualcuno al Ministero della giustizia starà pensando che una bella crisi di Governo potrà alleggerirlo dalle proprie responsabilità per azioni e omissioni di atti d’ufficio. Hanno ragione, quindi, Franco Corleone (Fuoriluogo, “il manifesto” del 25 agosto) e Mauro Palma (Fuoriluogo, “il manifesto” del 15 settembre) a richiamarci a uno sforzo di elaborazione ulteriore, a partire dall’Ordinamento penitenziario, dal Regolamento del 2000 e da una revisione critica delle “grandi riforme” del sistema, come quella che smilitarizzò gli agenti di custodia e ne fece il nuovo Corpo di polizia penitenziaria. Parto proprio da qui per farne un’altra, di proposta.
Non si può disconoscere che di strada ne è stata fatta: chi ricordi i vecchi “secondini” ante-riforma non può non apprezzare la qualità professionale della gran parte dei nuovi “poliziotti penitenziari”. Ma i problemi del Corpo di polizia penitenziaria restano e sono i problemi del sistema penitenziario. In deroga al blocco delle assunzioni nel settore pubblico, negli ultimi venti anni l’Amministrazione penitenziaria ha assunto prevalentemente agenti di polizia, affidando loro le mansioni più disparate, in nome del “trattamento penitenziario” e del fatto che anche loro dovessero parteciparvi. Da qui una tendenza bulimica del Corpo (come quella del sistema penitenziario nei confronti dei detenuti) e lo slabbrarsi della qualificazione professionale dei poliziotti, che in carcere sono agenti della sicurezza, del trattamento, della disciplina, dell’amministrazione, della contabilità, delle relazioni con il pubblico, ecc. ecc., e comunque mai sufficienti alla bisogna.
Sarà anche stato un cattivo sindacalismo a portarci fin qui, ma forse una spiegazione va cercata nella stessa ispirazione del nostro sistema penale e penitenziario. Nonostante le diverse tendenze di molti Paesi comparabili al nostro, il sistema penitenziario italiano resta un sistema “carcere-centrico”, nel quale le altre possibilità sanzionatone (e le professionalità non custodiali) restano delle “alternative” solo eventuali. Tanto più eventuali quanto più la loro stessa attuabilità sia ormai estranea alle competenze delle amministrazioni dello Stato.
Non bisogna dimenticare, infatti, che la riforma costituzionale del 2001 ha affidato alle Regioni e agli enti locali, oltre che le competenze sanitarie, quelle sull’organizzazione dell’offerta di istruzione, sulla formazione professionale, sulle politiche attive del lavoro, sulle politiche sociali. Di tutto ciò che ha a che fare con il reinserimento sociale dei detenuti e con la possibilità che i condannati scontino la loro pena all’esterno del carcere l’Amministrazione statale non sa più nulla, e meno che mai ne sa quel suo piccolo pezzo da cui dipende la gestione delle carceri. In questa prospettiva, per potenziare le alternative al carcere, per emanciparle dalla loro condizione di minorità, non avrebbe più senso riconoscere che il sistema penitenziario è il frutto del concorso di più livelli e di più competenze tra Stato ed enti territoriali, e quindi riconoscere i confini oltre i quali l’amministrazione della giustizia non può andare e lasciare operare più efficacemente Regioni ed Enti locali? Perché gli Uffici dell’esecuzione penale esterna, con i loro assistenti sociali impegnati tra carcere e territorio, non possono passare direttamente alle dipendenze delle Regioni e degli Enti locali? Non ne sarebbe facilitata la presa in carico dei condannati sul territorio e, magari, le alternative al carcere?

martedì 21 settembre 2010

L'ordine assistenti sociali scrive al ministro Alfano


Oggetto: Decreto ministeriale 11 giugno 2010 attuativo art. 72, comma 1, della Legge 25 Luglio 1975, n. 354, così come modificato dalla legge 27 luglio 2005, n. 154, art. 3.
Sono pervenute a questo Ordine nazionale segnalazioni relative al decreto di cui all'oggetto, in via di approvazione nella stessa forma e con gli stessi contenuti dello schema elaborato nei primi mesi del 2009 a cui, allora, non era stato dato seguito.
Nel confermare le considerazioni allora espresse attraverso le note che si allegano in copia per facilità di riscontro, l’Ordine degli Assistenti sociali si rende disponibile a collaborare nell'ottica di un miglioramento della qualità del servizio reso.
In particolare, si ritiene di poter apportare un competente contributo per la individuazione dei “procedimenti tipizzati”, ritenendo che questi riguardino aspetti strettamente connessi al bagaglio tecnico e al procedimento metodologico del servizio sociale.
In attesa di cortese riscontro, si porgono distinti saluti.
La Presidente
Franca Dente

domenica 19 settembre 2010

Pacchetto sicurezza e obbligo di denunica- L'ordine assistenti sociali scrive a Maroni

Oggetto: Legge 15 luglio 2009, n. 94 recante “Disposizioni in materia di sicurezza pubblica” -obbligo di denunzia in capo all’assistente sociale pubblico dipendente.

Eccellenza,
è trascorso ormai un anno da quando, con nota 15 settembre 2009, rivolta al Suo Capo di Gabinetto, il Consiglio Nazionale da me presieduto – in rappresentanza di oltre 35.000 iscritti - ha richiesto alla Sua Amministrazione di voler chiarire – tramite circolare od altro atto ritenuto opportuno - se, alla luce delle disposizioni introdotte dalla legge n. 94/2009, sussista nell’ordinamento vigente un obbligo di denunzia in capo all’assistente sociale pubblico ufficiale o incaricato di pubblico servizio che, in ragione del suo ufficio o dello svolgimento del proprio servizio, entri in contatto con un immigrato clandestino.
La richiesta è stata reiterata in data 18 febbraio 2010, nonché in data 8 aprile 2010, ma, nonostante se ne fosse rappresentata l’urgenza, nessuna risposta è fin’ora pervenuta, né sono state in alcun modo evidenziate le ragioni di tale contegno.
Mi rivolgo pertanto a Lei, signor Ministro, per evidenziare l’assoluta necessità di un Suo autorevole intervento.
Alcune recenti pronunzie della Corte costituzionale, pur contribuendo a chiarire altri profili della materia – mi riferisco alla sentenza 226/2010, che ha dichiarato l’incostituzionalità della previsione per cui, oltre a questioni di sicurezza pubblica, le “associazioni di volontari” segnalano anche “situazioni di disagio sociale”;
alla sentenza 249/2010, che dichiara incostituzionale la previsione della condizione di immigrato irregolare quale circostanza aggravante; alla sentenza 250/2010, che conferma la legittimità costituzionale del reato di immigrazione clandestina – non offrono elementi dirimenti in ordine alla nostra problematica.
Il Consiglio nazionale, in difetto di qualsiasi indicazione da parte delle Sua amministrazione, dovrà in ogni caso farsi carico di fornire indicazioni in merito ai Consigli regionali dell’ordine nonché ai propri iscritti, giacché la situazione di incertezza venutasi a creare non è oltremodo tollerabile. Non si potrà mancare peraltro di evidenziare all’attenzione degli iscritti e della opinione pubblica che il Ministero dell’interno, più volte interpellato, ha mancato di svolgere la propria funzione di ausilio ed interpretazione, a fronte di una normativa ampia ed articolata, e, in alcuni passaggi, oggettivamente complessa.
Spero vivamente, Sig.Ministro, in un Suo autorevole intervento: sono infatti sicura che ad Ella stia particolarmente a cuore la corretta applicazione della disciplina, e che vorrà comprendere la necessità di non lasciare soli gli operatori di fronte alle scelte anche difficili che l’esercizio di una professione di aiuto, quale la nostra, inevitabilmente comporta.
Le sarò pertanto grata, Sig.Ministro, se vorrà ricevermi al fine di poterLe adeguatamente illustrare la situazione che si è venuta a creare, nonché le esigenze di chiarezza che la nostra categoria avverte come impellenti e non più rinviabili.
Con l’occasione porgo i più cordiali saluti del Consiglio Nazionale, oltre che i miei personali.
La Presidente
Franca Dente

giovedì 9 settembre 2010

La CGIL aderisce alla Giornata di mobilitazione del volontariato sulla situazione carceraria

La Segretaria Generale
Giornata di mobilitazione del volontariato sulla situazione carceraria
Roma 24 Settembre 2010
Aderiamo formalmente alla giornata di mobilitazione del 24 settembre prossimo finalizzata a richiamare l’attenzione della società civile e delle forze politiche sull’emergenza carceri che è nel pieno della sua drammaticità.
Condividiamo e sosteniamo l’obiettivo dell’iniziativa mirata a chiedere interventi urgenti e, soprattutto, seri , utili e condivisi , con coloro che in carcere lavorano o intervengono a titolo di volontariato, perché il sistema penitenziario italiano ritorni nel suo alveo istituzionale di riferimento : l’art. 27 del dettato costituzionale.
Al sovraffollamento e alle gravi carenze strutturali, determinanti già di per se una miscela esplosiva, si sommano quelle criticità causate dai pesanti tagli alle risorse che hanno ridotto il personale, le attività formative e trattamentali, il lavoro intramurario , le ore d’aria giornaliera della popolazione detenuta : si è annientata, insomma, l’idea di pena come percorso di rieducazione.
I troppi suicidi , gli episodi di autolesionismo e aggressività, rappresentano purtroppo l’implosione del sistema penitenziario che si consuma nella totale indifferenza ed incapacità della sua governance politica.
Riteniamo assolutamente improcrastinabile la ricerca di soluzioni idonee alla problematicità che riveste aspetti sempre più connotabili in ambiti di evidente illegalità .
Rossana Dettori
Segretaria Generale della Fp Cgil
Roma 9 Settembre 2010

mercoledì 8 settembre 2010

Sit-in a Montecitorio il 24 settembre sulla grave situazione delle carceri italiane

da Redattore Sociale 7 settembre 2010

Giornata di mobilitazione indetta per il prossimo 24 settembre, promossa dalla Consulta penitenziaria del comune di Roma. Già raccolte le adesioni di circa 50 realtà del privato sociale.
Sono oltre cinquanta le organizzazione del volontariato e del terzo settore, nonché i garanti regionali, che hanno già aderito alla giornata di mobilitazione indetta per il 24 settembre prossimo da alcune tra le realtà più impegnate nella difesa dei diritti dei detenuti per richiamare l’attenzione sull’emergenza carcere. A promuovere il sit in che andrà in scena a Montecitorio dalle ore 9.00 alle ore 14.00 del 24 settembre è stata, infatti, la Consulta Penitenziaria del Comune di Roma insieme alla Conferenza nazionale volontariato e giustizia, il Seac, Ristretti Orizzonti, l’Arci, il Cnca, il Gruppo Abele, la Uisp, Forum droghe, il Consorzio Open, la Fondazione Villa Maraini, la Lila, il Forum nazionale per la tutela della salute dei detenuti e degli internati e Legacoopsociali nazionale. Alla manifestazione hanno già aderito numerose associazioni di volontariato e cooperative sociali e altre adesioni si attendono per i prossimi giorni.
La richiesta di un intervento immediato parte dalla constatazione - scrivono gli organizzatori della manifestazione - che i recenti appelli del volontariato e del terzo settore, le mobilitazioni della polizia penitenziaria e gli scioperi della fame dei detenuti sono caduti nel vuoto e che “nessun provvedimento realmente utile a far fronte al sovraffollamento” è stato assunto “né da parte del governo né del ministro della Giustizia”.
Molti i problemi (non affrontati) che - a giudizio delle organizzazioni promotrici della manifestazione - hanno condotto all’implosione del sistema e sui quali “occorre intervenire immediatamente”. Tra le questioni evidenziate, oltre al sovraffollamento e al dramma dei suicidi in carcere, i tagli alle spese, l’incompatibilità con il carcere da parte di detenuti tossicodipendenti e affetti da patologie psicofisiche, il “costosissimo e inutile” Piano straordinario per l’edilizia penitenziaria, la gestione “poco trasparente” dei fondi della Cassa ammende e i tagli ai trasferimenti sulla spesa sociale degli enti locali “che rendono impossibile il reinserimento sociale e lavorativo delle persone che escono dal carcere”.
Per sostenere la manifestazione di protesta, oltre al sit in dinanzi a Montecitorio, la Consulta penitenziaria del Comune di Roma e le altre organizzazioni promotrici hanno deciso di effettuare diverse iniziative all’interno e all’esterno delle carceri, tra cui scioperi bianchi e un’Assemblea del volontariato che si terrà sempre il 24 settembre presso la sede della provincia di Roma. L’obiettivo del sit in e delle altre iniziative - scrivono i promotori - è quello di chiedere alle forze politiche di riavviare l’iter parlamentare per “apportare soluzioni al sovraffollamento rapide e condivise con chi in carcere lavora o opera a titolo di volontariato” e, soprattutto, di risolvere i problemi del sovraffollamento “attraverso la scarcerazione e l’inserimento in circuiti alternativi di detenuti in attesa di giudizio, tossicodipendenti, migranti, malati di Aids, madri con figli fino a tre anni, malati psichiatrici e detenuti affetti di gravi patologie.

Lettera Aperta Situazione Uepe

Chiedo al blog, che ringrazio ulteriolmente per il prezioso servizio che fa ai noi assistenti sociali della giustizia assicurando un informazione tempestiva che raggiunge tutti dal nord a sud dando la possibilità di un confronto esteso a tutto il territorio, di rilevare, per conoscere la relatà operativa in itinere degli Uepe circa la nota n. GDAP 0327489/2010 del 4.08.2010 della Dottoressa Culla. Da più parti arriva l'informazione che detta nota non abbia per i diettori Uepe la valenza di circolare operativa e alcuni di loro, anticipando l'approvazione del decreto sulla Det.Domiciliare al di sotto di un anno, si sono preoccupati di attuare la circolare del Dottor Ionta n. GDAP- 0311194-2010 del 22 LUGLIO, ignorando la s.d. circolare o nota - che dir si voglia- del dirigente generale Epe, che a mio parere l'una non esclude l'altre, adducendo che la notta della dottoressa culla è un sintesi di verbale di incontra con il capo del dipartimento.
Difatto la nota della dottoressa Culla TRATTA I CONTENUTI DELL'INCONTRO NELLA PRIMA PAGINA, MENTRE NELLA SECONDA PAGINA, DAL PRIMO CAPOVERSO, INIZIANO LE INDICAZIONI OPERATIVE CHE COINVOLGONO IN PRIMA BATTUTA, LA STESSA DIREZONE GENERALE E VIA VIA SCENDENDO, FINO A GIUNGERE AGLI ASSISTENTI SOCIALI. SE LEGGO CORRETTAMENTE E' PREVISTO UNA PIANIFICAZIONE DEL LAVORO STABILITA DA PARTE DI DIRETTORI DI UEPE CONGIUNTAMENTE CON I DIRETTORI DI CARCERE PRIMA CHE SI PASSI ALLA FASE OPERATIVA DEGLI ASSISTENTI SOCIALI. SUL CONTENUTO, CHE TROVA DACCORDO MOLTI ASSISTENTI SOCIALI, SOPRATTUTTO NELLA PARTE IN CUI LA DOTTORESSA CULLA SOTTOLINEA LA NECESSITA' DI STABILIRE A MONTE DELLE PRIORITA' DA PARTE DELLE DIREZIONI, SI CHIEDE AI COLLEGHI, attraverso questo BLOG, DI FAR CONOSCERE L'INTERPRETAZIONE OPERATIVA CHE LE DIREZIONI UEPE STANDO DANDO E LA VALENZA CHE E' STATA DATA A DETTA CIRCOLARE" , per giungere a fare delle proposte concrete alla direzione generale.

Lettera Firmata

SCRIVETE A: comunicati.assistentisociali@yahoo.it

Le OOSS Catania scrivono alla DGEPE Amministrazione Penitenziaria


Prot. n. 31810/SN-B Catania, lì 31/08/2010
Alla Direzione Generale Ufficio E.P.E.
Dott.ssa Culla
ROMA
Ufficio Relazioni Sindacali D.A.P.
ROMA
Al Provveditore Regionale Amministrazione Penitenziaria
PALERMO
e, p.c. Alla Direzione UEPE
Catania
Segreterie Nazionali
CGIL- CISL-UIL-CONFSAL UNSA-RdB CUB
Segreterie Regionali
CGIL-CISL-UIL-CONFSAL UNSA-RdB CUB

OGGETTO: Applicazione della Circolare n. GDAP- 0311194-2010 del 22 LUGLIO emessa dal Capo del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria Dott. Ionta avente ad oggetto “Situazione di Sovraffollamento degli Istituti Penitenziari: linee di indirizzo per le direzioni degli Uffici di Esecuzione Penale Esterna e degli Istituti”

In applicazione della suddetta circolare, emessa dal Capo del Dipartimento, al fine di favorire “idonee iniziative di impulso, indirizzo e coordinamento in ogni sede Regionale, propedeutiche ad assicurare le finalità della Bozza del Disegno di Legge Alfano” che prevede, in subordine all’ approvazione (come recita il punto 2 della summenzionata circolare), l’ esecuzione delle pene, per una pena detentiva non superiore ad un anno presso il domicilio, le scriventi OO.SS chiedono di essere rese edotte sulle nuove prassi previste dal Dipartimento per la realizzazione di tali procedure che inevitabilmente. incideranno sull’ Organizzazione degli Uffici Epe e sulla tempistica per la realizzazione degli interventi. La richiesta scaturisce dalla necessità di uniformare le procedure ed evitare iniziative autonome, come già avvenuto, ad esempio, presso l’Ufficio di Esecuzione Penale Esterna di Catania.
Ciò è necessario al fine di evitare ulteriore malessere del Personale dell’U.E.P.E. di Catania già in stato di agitazione come esplicitato nella vertenza sindacale in corso; inoltre, per non inasprire ulteriormente i rapporti sindacali con la Direzione, attualmente in fase critica, sebbene avviate le procedure di raffreddamento.
SEGRETERIE GENERALI PROVINCIALI DI CATANIA
FPCGIL CISL FP UIL PA CONFSAL-UNSA RDB RSU

IL SINDACATO DEI DIRETTORI PENITENZIARI SCRIVE AI VERTICI AMMINISTRAZIONE PENITENZIARIA

Pur prendendo atto dei tentativi del Capo del DAP e dei suoi dirigenti generali “romani”, finalizzati a trovare una strategia d’uscita all’attuale gravissima situazione penitenziaria, attraverso ricorrenti disposizioni con le quali si pretenderebbe di contrastare, e ridurre, i molteplici rischi che ogni giorno siamo costretti ad affrontare “a mani nude”, per mantenere il sistema penitenziario italiano all’interno dei paletti di legalità ed umanità che per tradizione, fino a qualche tempo fa, ne contraddistinguevano, la storia e richiamando la decisione del Governo, il quale ha dichiarato, ufficialmente, il 13 gennaio scorso, cioè ben oltre sei mesi fa, “lo Stato di Emergenza delle Carceri Italiane”, e constatando come le disposizioni che ci pervengono risultino, nelle migliori delle ipotesi, delle ovvie esortazione al buon senso, mentre, sotto gli aspetti tecnico-amministrativi, di supporto, MAI NULLA VIENE PRECISATO, soprattutto NON vengono menzionate le corrispondenti e necessarie risorse, umane ed economiche, messe a disposizione delle Direzioni, per conseguire in modo credibile ed efficace i condivisibili ed ecumenici scopi, ci vediamo, ancora una volta, costretti a dichiarare la nostra delusione per una modalità di gestione che ci risulta ben lontana dall’essere rispettosa dei principi di buona ed imparziale amministrazione.

Omettere, quando si danno disposizioni strategiche, ma finanche “tattiche”, di indicare con quali circostanziati mezzi, strumenti, risorse aggiuntive, si interverrà concretamente, ha il sapore della beffa e dell’inganno perpetrato ai danni dei cittadini inconsapevoli.

Noi tutti direttori penitenziari, sia d’istituto che degli uffici dell’esecuzione penale esterna, siamo infatti addestrati, professionalmente, a governare risorse certe e gestire persone in carne ed ossa, e non a fendere l’aria con le parole.

Di contro, siamo invece testimoni di una situazione paradossale e ambigua, che sembra maggiormente finalizzata ad additare, quali possibili responsabili dello sfacelo penitenziario, gli organi periferici piuttosto che i gangli nervosi centrali che sembrano vivere in un altro, alto, “mondo”.

L’assenza esplicita di ogni indicazione su sicuri finanziamenti, “straordinari” e supplementari, destinati agli organi intermedi, quali i provveditorati, ed alle singole direzioni per, ad esempio, allestire, ove semmai ci fossero i relativi spazi, nuove sezioni, contrastare il rischio dagli incendi, assicurare più umane e dignitose condizioni di vita ai detenuti, ma anche al personale, aumentare le ore di lavoro degli psicologi, predisporre nuovi sistemi di telecontrollo, acquistare arredi funzionali ed elettrodomestici da destinare alle persone detenute, migliorare il decoro e la vivibilità delle caserme, integrare con il minimo necessario di dipendenti “la prima linea”, quella degli operatori che sfidano il quotidiano di tensione e che vengono offerti al diurno sacrificio e/o ludibrio delle cronache, ci fa comprendere la distanza abissale tra il dire ed il fare.

Tra l’altro, continuiamo a non comprendere, forse perché abbiamo la colpa di essere gli amministratori delle città di ferro, come sia ragionevolmente possibile annunciare che si intendono realizzare nuovi istituti penitenziari o nuovi padiglioni, in carceri già prossime al collasso e/o collassate, e non avviare, ANZI FAR PRECEDERE con congruo anticipo, le complesse procedure amministrative finalizzate all'assunzione di altro personale di polizia penitenziaria, di funzionari educatori, di assistenti sociali, di psicologi, di amministrativi, di dirigenti penitenziari.

E’ ormai una nenia quella del fantomatico “rabbocco” di 2000 e passa agenti che si “vorrebbero” assumere, ma nulla di serio e concreto fino ad oggi abbiamo realmente intravisto.

Tra l’altro, seppure queste risorse umane ci fossero, non basterebbero probabilmente neanche a coprire il turn over degli ultimi due anni di disperazione penitenziaria.

Per sbugiardarci, e non ci offenderemo, invitiamo l’amministrazione ad indicare in premessa, in ogni circolare, disposizione, ordine o comunque lo si voglia chiamare, ove si esiga un “facere”, QUANTE RISORSE UMANE E FINANZIARIE RISULTINO MESSE EFFETTIVAMENTE A DISPOSIZIONE DEI DIRIGENTI A CAPO DEGLI ISTITUTI E DEGLI UEPE e DI RENDERE PUBBLICI TUTTI I FINANZIAMENTI E LE RISORSE UMANE CONFERITE AD OGNI ISTITUTO E PROVVEDITORATO, DISTINGUENDO QUELLE “ORDINARIE” DA QUELLE STRAORDINARIE, ALMENO NEGLI ULTIMI 2 ANNI.

Insomma, in questi momenti difficili, ci venga almeno risparmiata la sgradevole sensazione di vivere quella nota situazione, forse una diceria, che precedette la rivoluzione francese, in cui la regina Antonietta d’Austria non comprendeva perchè il popolo francese protestasse e reclamasse il pane quando i “croissant”, con la loro sfoglia delicata, erano più gradevoli !

Il Segretario Nazionale Dr. Enrico SBRIGLIA

Il Presidente Dr.ssa Cinzia CALANDRINO

Il Vicesegretario Nazionale Dr. Rosario TORTORELLA

Il Vicesegretario Nazionale Aggiunto Dr. Francesco D’ANSELMO


Il Consiglio DIRETTIVO

Dr.ssa Antonietta PEDRINAZZI, Dr.ssa M. Antonietta CERBO, Dr.ssa Silvia DELLA BRANCA, Dr.ssa Angela GIANI’, Dr. Nicola PETRUZZELLI, Dr. Salvatore PIRRUCCIO, Dr. Francesco CACCIOLA, Dr. Giuseppe DONATO, Dr. Francesco DELL’AIRA.