L'ARCHIVIO DI OLTREILCARCERE

Dal 2007 al 2014 sono stati pubblicati più di 1300 documenti che hanno trattato argomenti riferiti al Servizio Sociale della Giustizia, agli Uffici per l'Esecuzione Penale Esterna, al Sistema dell'Esecuzione Penale Esterna attraverso solidarietaasmilano.blocspot.com

venerdì 28 febbraio 2014

FP CGIL LOMBARDIA: RIFLESSIONI SUL RIORDINO DELL'AMMINISTRAZIONE PENITENZIARIA


 
FP CGIL Lombardia




Viale Monte Nero 17 – 20135 Milano

Tel. 02-540241 Fax 02-54024230
E-mail: fplombardia@cgil.lombardia.it
http://www.fp.cgil.lombardia.it


In questo cambio di gestione politica per la Giustizia, dopo avere sentito l’opinione di ogni soggetto sociale, più o meno competente del contesto penitenziario, esprimersi sui rimedi da adottare per affrontare l’emergenza carceri, è giusto riferire anche da parte degli operatori direttamente interessati il fallimento delle politiche finora adottate perché inadatte, in assenza di interventi normativi, a gestire la complessità del sistema dell’esecuzione penale, il carcere e il territorio dove, occorre ricordare, si scontano le pene alternative alla detenzione, ad oggi circa 15.000 misure alternative tra affidamenti, detenzioni domiciliari, lavori di pubblica utilità e liberi vigilati.
 
I lavoratori penitenziari hanno subito in questi anni la recrudescenza dell’istanza punitiva offerta come unica cura all’insicurezza sociale.
Questa cosa non ha prodotto maggior sicurezza ma solo l’aumento esponenziale del numero dei reclusi e l’intervento della Corte Europea con l’ormai famosa "sentenza Torreggiani", che ha condannato l’Italia al pagamento di una sanzione, se non vengono trovati rimedi al perdurante sovraffollamento penitenziario descritto come situazione ai limiti della civiltà giuridica e trattamento inumano e degradante, invitando il sistema della giustizia italiana a tornare a quote compatibili con il rispetto dovuto a ogni persona umana In questa realtà complessa, la Ministra uscente ha espresso alla Commissione Giustizia alcune proposte volte ad una diversa gestione del penitenziario, auspicando il potenziamento degli organici e delle risorse dedicate al trattamento, ipotizzando anche diversi rimedi in relazione alle distinte tematiche.
Tutto perfetto e coerente, fino alla presentazione di una bozza di riordino del Ministero della Giustizia dove, per l’Amministrazione Penitenziaria, viene proposto il taglio degli organici dei dirigenti e degli operatori con formule generiche e approssimative, sostenendo che i tagli sarebbero stati fatti nei soli uffici centrali. A conti fatti questo non è vero. Ad esempio i dirigenti UEPE, dimezzati nel numero, basteranno appena per gli Uffici di Esecuzione Penale Esterna, con buona pace dei decentramenti regionali presso i Provveditorati che verranno meno e non caratterizzeranno l’intervento territoriale a livello regionale; si eliminerà di fatto il coordinamento dei servizi territoriali e il raccordo con gli altri uffici dell'amministrazione e dei livelli territoriali regionali, dove si programmano le politiche penali e sociali del territorio, marginalizzando ancora di più l'area penale esterna.
Rispetto al personale trattamentale altri tagli, altre compressioni di risorse, altri limiti.


Eppure, nella relazione alla Commissione Giustizia, la ministra uscente aggiungeva che "L'amministrazione penitenziaria, tenuto conto dello stato di emergenza oggetto del messaggio del Presidente della Repubblica alle Camere, ha per tempo manifestato l'incompatibilità dell'ulteriore riduzione della dotazione organica stabilita dalla citata legge n. 135/2012 anche al settore penitenziario, ritenendosi opportuna una specifica deroga alla applicazione della spending review al personale dell'amministrazione penitenziaria".e proponeva nuove sanzioni sostitutive e potenziamento delle misure alternative al carcere.


Riteniamo che non sia possibile, contemporaneamente, investire sulle misure alternative e tagliare l'organizzazione che si occupa delle stesse. Il potenziamento dell'area penale nelle sue proiezioni esterne ed interne al carcere è il vero presupposto per cambiare rotta nell'esecuzione e nella riduzione delle pene detentive.
In una situazione di carenza di risorse, se non si può pensare di aumentare la spesa globale, si deve almeno ricorrere allo investimento di una percentuale consistente di spesa all'interno ed all'esterno delle aree socio educative, e al fine di avere un efficace sistema di misure alternative non si può pensare di spostare semplicemente gli operatori che operano all'interno del carcere all'esterno (direttori di istituto che dirigono UEPE o polizia penitenziaria che sostituisce gli assistenti sociali nel controllo sul territorio).
Si chiamano infatti misure alternative (i documenti e direttive europee lo dicono chiaramente) perché sono diverse nei presupposti e nei metodi usati: non solo detenzione ma responsabilizzazione, non dipendenza ma attivazione, non solo controllo ma aiuto al rientro in società.
Se non si comprende la natura vera di queste misure, non si fa altro che spostare il carcere nel territorio, addirittura con spreco di maggiori energie e con un'efficacia minore.
Oggi sembra che in discussione non sia solo la questione carceraria nel suo complesso, ma la questione carceraria che rincorre la sentenza Torreggiani, che scadrà il 28 maggio 2014: celle aperte senza alcuna sicurezza per il personale, sorveglianza dinamica "obbligata" dagli scarsi numeri presenti.


Chi paga, come sempre in questo contesto, è situato nel front office trattamentale: assistenti sociali, educatori e poliziotti penitenziari, che devono ottemperare alle richieste senza aver contribuito in alcun modo a formare la proposta, graziosamente calata dagli uffici ministeriali ai Prap e poi ad istituti e servizi.
 
Non è lamentela, è rabbia espressa più volte compostamente con comunicati ed iniziative sempre rimasti lettera morta ad un’Amministrazione incapace di ascoltare chi è direttamente impegnato nella quotidianità detentiva.

Non si conosce lo stato dei tre livelli di intervento proposti dall’esecutivo uscente: a) la riduzione del numero complessivo dei detenuti attraverso innovazioni di carattere strutturale; b) l'aumento della capienza complessiva degli istituti penitenziari; c) il ricorso a rimedi straordinari.
 
Allo studio del Parlamento giacciono: l’introduzione di meccanismi di probation, le pene detentive non carcerarie, la riduzione dell'area applicativa della custodia cautelare in carcere, l’espiazione della pena nel Paese di origine, l’attenuazione degli effetti della recidiva, la depenalizzazione, la delega al Governo per l'introduzione di pene principali detentive non carcerarie ovvero da eseguire presso il domicilio, l'introduzione della probation (messa alla prova) nel processo penale, una nuova disciplina del processo a carico di imputati irreperibili... azioni utili, ma insieme alle risorse umane e ad un loro reale riconoscimento, ad una diversa gestione dell’esecuzione penale.
Nell’attualità invece resta, in uno Stato cosiddetto di diritto, il quaranta per cento circa di detenuti in attesa di giudizio e le difficoltà a livello internazionale nel dare seguito ai protocolli che consentirebbero, almeno per i reati meno gravi, di far espiare la pena all'estero per gli stranieri non appartenenti all'Unione Europea. Gli stessi stranieri che, nella maggioranza dei casi, sono destinati al trattenimento nei CI
Non basta la sola depenalizzazione dei reati, è necessario evidenziare che la soluzione del problema sovraffollamento non consiste solo nell'aumento dei posti delle strutture carcerarie, ma nella necessità di recuperare l'intero sistema penitenziario gravemente impoverito in termini di risorse umane ed economiche, tanto da mettere in seria crisi le opportunità trattamentali.


Citando sempre dichiarazioni politiche del responsabile uscente, condivisibili in toto ma incongruenti con la proposta di riordino dell’amministrazione penitenziaria «si registrano significative carenze nel profilo professionale degli assistenti sociali e dei funzionari giuridico pedagogici c.d. educatori. Tale aspetto si presenta ancora più problematico a fronte della diffusione di modelli di funzionamento delle strutture caratterizzate da una maggiore apertura che il Dipartimento già da tempo sta cercando di realizzare. Per quanto riguarda la Polizia penitenziaria, la carenza di organico è particolarmente grave per i ruoli intermedi dei sovrintendenti e degli ispettori, di minore entità nel ruolo agenti-assistenti…………omissis………….. analoga complessità è determinata dalla mancanza di un contratto della dirigenza penitenziaria e dalla possibile applicazione di ulteriori tagli a seguito della spending review».
 
Nonostante le belle e significative dichiarazioni di intenti, ad oggi, per l’amministrazione penitenziaria resta vigente il blocco delle assunzioni previsto dalla Spending Review e vengono proposte bozze di riordino con tagli e compressioni di uffici e persone…
Il fondo è toccato e non si comprende perché non sia possibile assicurare al paese un sistema dell’esecuzione penale interna ed esterna utile a gestire la sicurezza sociale anche attraverso più utili e più efficaci forme differenziate di strategie di controllo sociale e cioè forme di trattamento in ambiente esterno almeno per il controllo della criminalità medio-piccola che sempre più sta popolando le patrie galere.
Questa l’analisi che offriamo a chi verrà ed avrà potestà di scelta ed orientamento della politica penale nel nostro paese, questi alcuni interventi fatti sul contesto penitenziario e sociale ad esso collegato.
Aldilà dei proclami, serve l’integrazione delle risorse di personale, in deroga alle misure di blocco delle assunzioni disposte dai vari esecutivi e dalla spending review, la reintroduzione del profilo professionale di Direttore di Servizio Sociale e il definitivo allontanamento dalle logiche sensazionalistiche che hanno finora guidato l’agire politico su carcere ed esecuzione penale.
Noi non siamo i fantasiosi equilibristi della giustizia penale che qualcuno vorrebbe e per questo non ci stancheremo di lavorare per un ritorno autentico e non di facciata, alla civiltà ed alla sicurezza sociale, quella vera.
Barbara Campagna
Coordinatrice Regionale Ministero Giustizia DAP
Milano, 28.2.2014


mercoledì 26 febbraio 2014

FPCGIL: disponibilità al dialogo del Ministro Orlando a primo incontro con sindacati.

 
 
                                                    Comunicato stampa Fp-Cgil Nazionale


Roma, 26 febbraio 2014


La Fp-Cgil Nazionale giudica positivamente l'avvio immediato del confronto con le organizzazioni sindacali voluto per oggi, a soli 3 giorni di distanza dalla sua nomina ufficiale, dal nuovo Ministro della Giustizia Andrea Orlando. Un bel segnale di attenzione verso gli operatori che rappresentiamo e, più in generale, verso i temi centrali per i settori della Giustizia e penitenziario, che abbiamo sottolineato al Ministro in modo chiaro: politiche sul carcere per il contrasto al sovraffollamento; superamento di leggi dannose come Bossi-Fini e soprattutto ex Cirielli; politiche sul personale, che sconta gravi carenze di organico (9000 unità nel settore giudiziario, 8000 in Polizia Penitenziaria, oltre a 1500 tra assistenti sociali ed educatori). Senza una soluzione sul fronte degli organici nessun percorso alternativo alla carcerazione, come previsto dal recente "svuota carceri", è possibile.
Entro il mese di marzo sarà a disposizione una piattaforma sindacale unitaria di riorganizzazione e modernizzazione di tutto il sistema giustizia.
Servono interventi urgenti. Il Ministro Orlando ha dimostrato di conoscere bene quali siano le criticità del sistema, di avere attenzione per il disagio delle lavoratrici e dei lavoratori. Adesso il nuovo Governo di cui fa parte ha la possibilità di uscire dalla retorica e dare il via una vera riforma, così come annunciato dal Presidente del Consiglio Renzi. Su questo diamo la nostra disponibilità e mettiamo in campo le nostre proposte.  


martedì 25 febbraio 2014

Interrogazione Parlamentare Situazione Uepe

Atto Camera Deputati

Interrogazione a risposta scritta 4-03616
presentato da
CIPRINI Tiziana
testo di
Lunedì 17 febbraio 2014, seduta n. 175
CIPRINI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
la situazione degli istituti penitenziari in Italia è assai grave;
secondo le rilevazioni e i dati del Ministero della giustizia relativi al maggio del 2013 la popolazione italiana e straniera presenti nelle carceri ha sfiorato quasi le 68.000 persone (per essere precisi 65.886 tra imputati, condannati ed internati) con una variazione percentuale rispetto all'anno precedente (2012) pari a +0,28 per cento;
al 31 maggio 2013 i detenuti condannati che sono stati ammessi alle misure alternative alla detenzione sono stati 10.958 (affidamento in prova), 880 detenuti sono stati ammessi alla semilibertà e 3.030 alla detenzione domiciliare;
secondo dati relativi all'anno 2012 le persone condannate (pari a 38.656) che hanno usufruito delle misure alternative alla detenzione sono il 51,70 per cento (pari a 19.986 dei soggetti) della popolazione carceraria;
recentemente l'Italia ha subito condanne da parte degli organi dell'Unione europea per le condizioni «degradanti» degli istituti penitenziari e lesive della dignità delle persone e del detenuto;
al 31 maggio 2013 il dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, sezione statistica, ha stimato in percentuale un sovraffollamento degli istituti carcerari pari al 40,20;
tale situazione ha fatto sì che anche recentemente il Governo è intervenuto con misure di «deflazione» della popolazione carceraria, in primis, con il decreto-legge 23 dicembre 2013, n. 146, recante misure urgenti in tema di tutela dei diritti fondamentali dei detenuti e di riduzione controllata della popolazione carceraria;
in particolare, l'articolo 3, comma 1, lettere c) e d), contiene disposizioni concernenti l'estensione temporale a quattro anni della misura dell'affidamento in prova al servizio sociale e l'articolo 4 contiene disposizioni concernenti l'introduzione della misura della liberazione anticipata speciale;
in tutti i procedimenti di esecuzione concernenti misure per la concessione dell'affidamento in prova al servizio sociale del condannato e/o detenuto, per la concessione della misura della liberazione anticipata, nonché per la concessione della semilibertà e del lavoro esterno, svolge una funzione essenziale l'ufficio di esecuzione penale esterna (UEPE) il cui personale ha funzioni di valutazione, vigilanza e osservazione del soggetto che deve essere ammesso alla misura alternativa alla detenzione;
il ruolo dell'UEPE rappresenta un tassello fondamentale nel trattamento e osservazione del detenuto; esso è il fulcro per la realizzazione degli obiettivi delineati dall'articolo 27 della Costituzione in tema di rieducazione e del diritto alla salute del detenuto;
il decreto-legge n. 146 del 2013 ha previsto la concessione della misura alternativa per pene da espiare fino a quattro anni nonché l'istituto della liberazione anticipata speciale al detenuto che abbia dato prova di partecipazione all'opera di rieducazione, così comportando un sensibile aumento del carico di lavoro degli UEPE e di tutti gli esperti coinvolti in tali procedure;
tali disposizioni sono il segno evidente della volontà del legislatore di considerare — in maniera forte — la rieducazione e inserimento sociale del detenuto quali strumenti per realizzare gli obiettivi della Carta costituzionale (articolo 27) e per dare una risposta anche al gravissimo problema del sovraffollamento delle carceri e dei suicidi dei detenuti che nelle carceri italiane hanno raggiunto livelli preoccupanti;
a fronte di tale volontà deve corrispondere un uguale risposta in termini di dotazione di risorse finanziarie e di personale;
tuttavia oggi gli UEPE soffrono la cronica mancanza di mezzi e di personale che viene impiegato con ritmi di lavoro sempre più gravosi, sia dal punto di vista del continuo aumento del numero dei sottoposti alle misure (per effetto della recente normativa), che per la qualità e la diversificazione degli interventi;
alcune organizzazioni sindacali hanno denunciato le condizioni in cui gli operatori dell'UEPE sono costretti a lavorare lamentando lo stato di degrado in cui si trovano gli uffici e la mancanza di personale che verrebbe «rimpiazzato» da personale della polizia penitenziaria anziché essere occupato da assistenti sociali;
i dati dimostrano invece che le persone ammesse a misure di esecuzione esterna della pena hanno un tasso di recidiva nel crimine ridottissimo (circa il 19 per cento);
occorre dare un segno concreto di cambiamento dotando questi uffici dei mezzi, risorse e autonomia necessaria tali da valorizzare anche le scelte legislative intraprese dal Governo –:
se il Ministro sia a conoscenza della situazione descritta e quali iniziative intenda adottare — anche di tipo normativo — al fine di assicurare l'autonomia e il potenziamento in termini di risorse umane e strumentali degli UEPE, anche in funzione degli obiettivi previsti dall'articolo 27 della Costituzione in tema di rieducazione del detenuto così come previsto dalla normativa italiana ed europea. (4-03616)

martedì 18 febbraio 2014

UILPA: Bocciata la riorganizzazione unilaterale del Ministero della Giustizia!

GIUSTIZA, UILPA: SUL DPCM DI RIORGANIZZAZIONE ENNESIMO SMACCO PER L’ALTA DIRIGENZA DEL MINISTERO” . COMUNICATO STAMPA DEL SEGRETARIO GENERALE DELLA UIL PUBBLICA AMMINISTRAZIONE, BENEDETTO ATTILI.
Dopo aver tentato invano di forzare ulteriormente la mano, l'alta dirigenza del Ministero della Giustizia ha subito l'ennesimo smacco”, lo afferma in una nota il Segretario Generale della Uil Pubblica Amministrazione, Benedetto Attili il quale aggiunge: “Nonostante l'intero panorama sindacale, con buona parte della politica, avesse espresso la propria contrarietà sul provvedimento di riorganizzazione del Dicastero, redatto dall'Amministrazione in splendida solitudine, senza confronto con chicchessia, la bozza di DPCM è arrivata al vaglio dell'ultimo Consiglio dei Ministri del Governo Letta ma non ha superato l’esame!”.
“L'Amministrazione della Giustizia”, continua Attili, “ha tentato sino all’ultimo istante di far approvare il provvedimento, nonostante le macroscopiche lacune e le distorsioni in esso contenute e malgrado ai vertici di Via Arenula sia stato ripetutamente e ampiamente contestato di non aver attivato il necessario confronto con i rappresentanti dei lavoratori, diversamente da quanto fatto in altri dicasteri”.
Prosegue Attili: “Come al solito, invece, in Via Arenula gli interessi della collettività vengono confusi solo con quelli di un gruppo di potere: anche in questa delicata circostanza, la dirigenza togata ha perseguito solo logiche di mera conservazione del potere, con atteggiamenti punitivi nei confronti di quanti, anche al loro interno, non sono allineati su queste posizioni assurde ed autoreferenziali, che stanno trasformando il Ministero della Giustizia nella riedizione della "ridotta della Valtellina".
“Dopo aver perso inutilmente un altro anno di tempo rispetto ai gravissimi problemi che attanagliano l’amministrazione giudiziaria, aggravati e non risolti dalla sciagurata modifica della geografia giudiziaria e dal sovraffollamento delle carceri, si chiede sin da adesso al prossimo Governo di concentrare la propria attenzione sulla questione della Giustizia e di cominciare subito una nuova pagina nella gestione di questo delicato e difficile Dicastero. Al riguardo”, conclude Attili, “inviamo un preciso messaggio a Renzi: nell’individuazione del nuovo Ministro, tenga conto dell’assoluta necessità di un cambiamento di rotta, il Dicastero deve essere affidato a persona capace, competente, con una profonda conoscenza delle questioni che lo riguardano, soprattutto consapevole che le riforme devono essere condivise con le parti sociali nell’ambito di un corretto sistema di relazioni sindacali”.
Roma, 17 febbraio 2014

Sidipe: i direttori delle carceri scrivono a Napolitano per fermare il decreto sui "tagli

 

   
Ansa, 16 febbraio 2014
 
Dopo "la riunione farsa del 12 febbraio scorso" al ministero della Giustizia, i direttori della carceri, attraverso la loro organizzazione sindacale, il Sidipe, scrivono ai massimi organi istituzionali, a cominciare dal Presidente della Repubblica, perché "mentre sono in corso le consultazioni per la formazione del nuovo Governo, quello dimissionario non compia un atto che sarebbe politicamente censurabile".
Cioè, l'approvazione del decreto del Presidente del Consiglio che contiene il "Regolamento di organizzazione del Ministero della Giustizia e riduzione degli Uffici dirigenziali e delle dotazioni organiche del Ministero della Giustizia".
Un provvedimento che, secondo il Sidipe, "non organizza ma destruttura il Ministero della Giustizia, in particolare l'Amministrazione Penitenziaria, riducendo le dotazioni organiche" tanto tra i dirigenti che tra gli altri operatori penitenziari "in un momento storico difficilissimo" per il sovraffollamento carcerario e la pesante condanna della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo. Per questo il sindacato "esprimere seria preoccupazione per gli effetti devastanti che l'eventuale approvazione del provvedimento avrebbe sul sistema penitenziario già in una situazione drammatica
 
 
 

lunedì 17 febbraio 2014

LETTERA CNOAS SULLO SMANTELLAMENTO DELLA GIUSTIZIA MINORILE

COMUNICATO STAMPA
VERSO LO SMANTELLAMENTO DELLA GIUSTIZIA MINORILE?

Il Consiglio nazionale dell’Ordine degli Assistenti sociali esprime sconcerto riguardo allo
schema di riorganizzazione del Ministero della Giustizia di cui è venuto a conoscenza. Uno
schema che, se confermato, penalizzerebbe fortemente il Dipartimento per la Giustizia
minorile facendo venire meno il mandato e la specificità del recupero dei ragazzi inseriti nel
circuito penale.
Secondo il piano di riorganizzazione trasmesso ai Ministeri competenti, e inviato ai sindacati
venerdì 7 febbraio, il Dipartimento dovrebbe subire, da solo, il 50% dei tagli previsti
dall’assetto. La riduzione delle direzioni generali del Dipartimento per la Giustizia minorile, in
particolare la scomparsa di una specifica direzione generale per l'attuazione dei
provvedimenti giudiziari (che si occupa di tutto ciò che attiene al trattamento dei minorenni)
e la drastica riduzione dei dirigenti di 2^ fascia - che rappresentano di fatto la struttura
portante dell’organizzazione – insieme all’ormai annoso problema della carenza di personale
di Servizio sociale all’interno degli Uffici di Servizio Sociale per i Minorenni annullerebbero di
fatto il Dipartimento.
La direzione generale unitamente alla declinazione che poi avviene sul territorio con le
Direzioni dei Centri per la Giustizia minorile e i Servizi minorili assolve al mandato dello
sviluppo dei programmi e dei progetti di intervento con gli adolescenti autori di reato.
La specificità del settore è riconosciuta dall'articolo 31 della Costituzione italiana, secondo il
quale la Repubblica "protegge la maternità, l'infanzia, la gioventù, favorendo gli istituti
necessari a tale scopo”. Da qui nascono infatti i Tribunali per i Minorenni e le strutture
specializzate nel penale minorile, rappresentate da servizi dedicati e da percorsi specifici,
declinati in modo da garantire la peculiarità del settore.
“Il Dipartimento per la Giustizia minorile rappresenta un fiore all'occhiello della giustizia
italiana e viene preso come esempio di percorso virtuoso a livello internazionale” – dichiara
Silvana Mordeglia, Presidente del Consiglio nazionale dell’Ordine degli Assistenti sociali. “Se
questa riorganizzazione dovesse essere confermata, si minerebbe la dignità e la specificità
dell’intervento nei confronti dei minorenni autori di reato, specificità che deve essere invece
garantita sul versante giudiziario da un lato e sul versante organizzativo dall’esistenza di un
Dipartimento specifico e dedicato a tale delicato settore, dall’altro. Dati alla mano e
nonostante l’attuale esiguità dell’organico (si pensi che 350 assistenti sociali sull’intero
territorio nazionale seguono circa 20.000 ragazzi nei percorsi di uscita dal circuito penale), è
grazie alle attività che si declinano all’interno del Dipartimento che il tasso di recidiva dei
minorenni del circuito penale è ridottissimo, in particolare a motivo dell’efficacia
dell’applicazione di misure specifiche quali la sospensione del processo e messa alla prova.”
Roma, 12 febbraio 2014

domenica 16 febbraio 2014

ordg in occasione confronto al senalo sul decreto-legge 23 dicembre 2013, n.146, recante misure urgenti in tema di tutela dei diritti fondamentali dei detenuti e di riduzione controllata della popolazione carceraria

Legislatura 17ª - 2ª Commissione permanente - Resoconto sommario n. 91 del 12/02/2014

IN SEDE REFERENTE
(1288) Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 23 dicembre 2013, n.146, recante misure urgenti in tema di tutela dei diritti fondamentali dei detenuti e di riduzione controllata della popolazione carceraria, approvato dalla Camera dei deputati


(Seguito e conclusione dell'esame)

 

Prosegue l'esame, sospeso nella 1a seduta pomeridiana.
Il presidente PALMA ricorda che si è conclusa nella seduta precedente la discussione generale sul disegno di legge: si procederà dunque all'esame degli ordini del giorno e delle proposte emendative riferite al testo del decreto-legge (pubblicati in allegato).


 
Il senatore CASSON (PD) sottoscrive l'ordine del giorno G/1288/1/2a.


 
Il senatore LUMIA (PD) informa che tutti i componenti della Commissione appartenenti al Gruppo del Partito democratico intendono sottoscrivere l'ordine del giorno G/1288/1/2a.


 
Il relatore BUEMI (Aut (SVP, UV, PATT, UPT)-PSI-MAIE) si esprime favorevolmente sull'ordine del giorno G/1288/1/2a, mentre invita i proponenti a ritirare l'ordine del giorno G/1288/2/2a.


 

Il sottosegretario BERRETTA a nome del Governo accoglie l'ordine del giorno G/1288/1/2a.

G/1288/1/2
MATURANI, MATTESINI, LUMIA, SILVESTRO, GRANAIOLA, DE BIASI, DIRINDIN




Il Senato,

premesso che:

– in sede di conversione del decreto-legge 23 dicembre 2013, n. 146, la Camera dei deputati ha inserito, dopo il comma 1 dell'articolo 3, il comma 1-bis, nel quale è previsto che, in attesa dell'espletamento dei concorsi pubblici finalizzati alla copertura dei posti vacanti nell'organico del ruolo dei dirigenti dell'esecuzione penale esterna, per un periodo di tre anni, le funzioni di dirigente dell'esecuzione penale esterna possano essere svolte dai funzionari inseriti nel ruolo dei dirigenti di istituto penitenziario;

considerato che:

gli Uffici di esecuzione penale esterna (UEPE) sono strutture periferiche del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria del Ministero della giustizia ed hanno il compito di favorire il reinserimento sociale delle persone che hanno subito una condanna definitiva, recuperando la dimensione della legalità e contribuendo alla sicurezza sociale;

gli UEPE operano nel rispetto delle persone sottoposte a misure restrittive della libertà, progettando e seguendone il trattamento socio-educativo, nell'ottica della loro rieducazione e del loro reinserimento sociale;

lo specifico e delicato compito affidato agli UEPE è stato assicurato con professionalità dal servizio sociale che, garantendo la tempestività e la continuità degli interventi, anche in collaborazione con i servizi del territorio, ha assicurato la validità e l'efficacia dei progetti avviati, riscontrata dallo scarso numero di recidive, così contribuendo all'affermazione del sistema delle misure alternative;

valutato che:

i provvedimenti di spending review che stanno interessando l'organizzazione del Ministero della giustizia, con conseguente riduzione degli uffici dirigenziali e delle dotazioni organiche del personale civile dell'Amministrazione penitenziaria stanno riguardando prevalentemente il personale dell'area trattamentale e sociale;

nello specifico, gli assistenti sociali sono le figure che, progressivamente, stanno subendo una riduzione, che dal 2006 ad oggi ha superato il 35 per cento. Da oltre dieci anni non sono stati indetti concorsi utili a ripianare la relativa pianta organica;

lo svilimento di queste qualifiche rischia di depotenziare l'efficacia delle misure alternative, proprio quando si avverte l'esigenza – confermata dal testo in esame – di incoraggiarne l'utilizzo riducendo il ricorso alla detenzione;

è attuale ed urgente l'esigenza di far seguire alla conversione del decreto-legge l'organizzazione di una rete professionale adeguata a supportare i percorsi penali alternativi al carcere, nell'interesse del condannato e della collettività;

impegna il Governo

a reindirizzare le politiche di tagli alla spesa che possano interessare l'Amministrazione penitenziaria onde evitare che siano dirette a ridurre il numero degli assistenti sociali o, comunque, a penalizzarne l'apporto professionale;

a prevedere, in tempi rapidi, l'espletamento di un concorso che ripiani la pianta organica degli assistenti sociali in ruolo presso gli UIPE, anche per favorire il loro accesso alla qualifica di dirigente dell'esecuzione penale esterna;

a tenere in forte considerazione in ogni intervento amministrativo e normativo la necessità di assicurare all'interno dell'Amministrazione penitenziaria la compresenza e la cooperazione, nella distinzione di competenze, di tutte le professionalità necessarie a qualificare l'esecuzione penale in funzione rieducativa, delle professionalità sociali necessarie alla rieducazione del condannato.

 

Fp-Cgil. Riorganizzazione del Ministero della Giustizia, ennesimo

Roma, 13 febbraio 2014
E' del tutto inaccettabile che la Ministra Cancellieri, ancora in questi giorni sulle pagine dei giornali per presunti scandali relativi al piano carceri, si adoperi per licenziare frettolosamente un regolamento di organizzazione del Ministero della Giustizia che prevede tagli al personale, in applicazione della spending review. Tagli alle amministrazioni della Giustizia, Penitenziaria, Minorile e degli Archivi Notarili, che dimostrano una gravissima debolezza politica rispetto ad altre Amministrazioni che sono riuscite ad evitarli: in un momento in cui le carceri esplodono e gli uffici giudiziari sono allo stremo il tempismo della Ministra è sorprendente.
Il merito del regolamento è irricevibile per tutte le articolazioni del Ministero. Invece di attuare un vero 'decentramento' si attuano di fatto dei tagli lineari e degli accorpamenti impraticabili che non potranno che rallentare il funzionamento delle strutture. Lo abbiamo detto all'incontro tenutosi ieri al Ministero di Via Arenula, convocato per altro a cose già fatte e a due giorni dalla discussione in Consiglio dei Ministri, e per questo abbiamo chiesto che la Ministra ritiri immediatamente questo regolamento e apra una vera discussione con le organizzazioni sindacali. Se infatti il regolamento entrasse in vigore, sarebbe un colpo di grazia alla giustizia ordinaria ed al mondo penitenziario tutto, in cui le condizioni di lavoro degli operatori e di vita dei detenuti sono inumane.
Per fortuna ieri è intervenuto in soccorso del mondo del carcere il pronunciamento della Consulta sulla inconstituzionalità della Fini Giovanardi, una delle leggi carcerogene contro la quale lo scorso anno la Fp-Cgil, insieme ad altre Associazioni, durante la Campagna Tre Leggi per La giustizia e per i cittadini, ha raccolto le firme della società civile. L'abolizione di questa legge potrebbe portare alla scarcerazioni di migliaia di detenuti. Una boccata di legalità nelle nostre carceri.

Comunicato Stampa dell' Ordine Nazionale AS

COMUNICATO STAMPA
ALLARME DECRETO “SVUOTA CARCERI” :QUALE RUOLO PER IL SERVIZIO SOCIALE IL RICORSO A MISURE ALTERNATIVE?

Il Consiglio nazionale dell’Ordine degli Assistenti sociali, mentre da un lato si
compiace con il Parlamento italiano per aver finalmente messo mano
all’emergenza sovraffollamento del settore carceri, dall’altro vuole denunciare a
gran voce quanto sta emergendo dall’esame del Decreto 1921 sulla riduzione
della popolazione carceraria.
Il Decreto, approvato alla Camera e in arrivo ora al Senato, ha introdotto un
emendamento che consente agli Uffici di Esecuzione Penale Esterna (UEPE), che
sono i luoghi dove viene realizzato il progetto di riabilitazione del condannato, di
essere diretti dai direttori degli Istituti penitenziari temporaneamente (3 anni)
fino all’espletamento dei concorsi per dirigenti UEPE e ne riduce l'organico.
Questo ovviamente andrà a svilire la professionalità del Servizio Sociale che fin
dalla riforma penitenziaria ha caratterizzato questi Uffici ed ha reso possibile, tra
mille difficoltà, l'affermazione del sistema delle misure alternative.
Tra le altre misure previste nel Decreto, si prevede un’ulteriore riduzione degli
organici degli assistenti sociali fino ad avere personale in esubero, anche se lo
stesso decreto aumenta l’affidamento da 3 a 4 anni e sta per essere approvato il
DL che istituisce “la messa alla prova” anche per gli adulti.
Questo aspetto desta non poca preoccupazione in quanto sembra non tenere
nella debita considerazione gli scenari futuri e fra tutti la necessità più volte
ribadita di porre in essere reali cambiamenti normativi. Più nello specifico,
rispetto alla pianta organica del 2006, gli assistenti sociali vengono falcidiati più
di tutte le altre qualifiche (meno 35% - 567 su 1621).
E tutto ciò mentre le misure alternative registrano un notevole aumento, e le
possibilità di accesso potrebbero anche aumentare con adeguate risorse (umane
e non).
“Con l’approvazione del DDL 1921 dovrebbe aumentare il ricorso alle misure
alternative, e come Consiglio nazionale dell’Ordine degli Assistenti sociali non
possiamo che esprimere la nostra soddisfazione – dichiara Silvana Mordeglia,
Presidente del Consiglio nazionale dell’Ordine – visto che tali misure
appresentano lo strumento di massima efficacia ai fini del reinserimento sociale
 

 
 

dei soggetti carcerati. Ma come sarà possibile far fronte alle crescenti necessità
degli Uffici di Esecuzione Penale Esterna (UEPE), se contemporaneamente il
Decreto prevede ulteriori tagli di personale? E' evidente come la situazione che si
sta delineando rischia di far saltare il sistema delle misure alternative che
paradossalmente è quello che invece si vorrebbe e si deve potenziare.”
“Come Consiglio nazionale dell’Ordine degli Assistenti sociali – continua Mordeglia
– abbiamo più volte sollecitato nelle sede istituzionali la necessità di colmare la
costante carenza di organico di cui soffrono gli UEPE per rendere le condizioni
organizzative più rispondenti alle necessità degli interventi. Esprimiamo quindi le
nostre forti perplessità sul fatto che si considerino le attuali disponibilità di
personale ed economiche sufficienti a garantire alle persone dimesse
dall'istituzione carceraria un supporto adeguato.”
Il Consiglio nazionale, ricordando come le misure alternative contribuiscono
concretamente alla costruzione di una società più sicura e come l’affidamento al
servizio sociale ha, tra l’altro, un costo enormemente inferiore e neppure
minimamente paragonabile a quello della detenzione, chiede al Governo e al
Ministro della Giustizia in particolare, di mettere mano a questo provvedimento
per dare strumenti, risorse e sostanza al settore dell’esecuzione penale esterna.
Roma, 11 febbraio 2014

Lettera aperta Al Consiglio Nazionale e Regionale della Lombardia dell' Ordine assistenti sociali

Al Consiglio Nazionale
Ordine degli Assistenti Sociali
 

Al Consiglio Regionale

Ordine Assistenti Sociali della Lombardia

 

 

 

Segnaliamo che in questi giorni stanno arrivando a compimento gli esiti dei provvedimenti di spending review emanante dal Governo Monti, attraverso l’emanazione del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri che prevede “Una nuova organizzazione del Ministero della Giustizia e la riduzione degli Uffici Dirigenziali e delle dotazioni organiche del personale civile dell’Amministrazione Penitenziaria” (Per la polizia penitenziaria e il personale giudiziario è stata prevista una deroga).

 

E’ vero che la rideterminazione degli organici è imposta dalle misure di contenimento della spesa, ma è anche vero che progressive decurtazioni sono state apportate sin dal 2006 e hanno riguardato esclusivamente le due figure cardine dell'area trattamentale e sociale; in particolare per gli assistenti sociali non sono indetti concorsi da oltre 10 anni.

 

Se si investe in una professione è perché la si ritiene indispensabile, se la si decurta si fa una scelta politica significativa che, paradossalmente,  contrasta con le numerose dichiarazioni delle massime autorità politiche che puntano proprio sull’ampliamento delle misure alternative alla detenzione per scongiurare la condanna della CEDU (sentenza Torreggiani) che incombe sul nostro Paese (con scadenza al maggio 2014).

 

Le Misure alternative stanno già registrando un notevole aumento e saranno ancora di più in seguito alle scelte legislative in corso (Decreto “svuota carceri” 146/13) e quelle che andranno in discussione prossimamente in Parlamento (DL sulla istituzione della messa alla prova anche per gli adulti, già passata in Senato).

 

Le scelte del Governo mettono in pericolo l’agibilità e la stessa  esistenza degli uffici EPE;   gli assistenti sociali siano essi dirigenti o funzionari, non possono che essere preoccupati nel vedere che all’assenza del personale negli UEPE si pensa di rimediare, come è previsto nel cosiddetto “Decreto svuota carceri”, sostituendo i Direttori dell’esecuzione penale esterna, ormai ridotti ad un piccolissimo drappello che dirige Uffici di intere regioni, con i Direttori degli istituti penitenziari, anche se temporaneamente (3 anni) fino all’espletamento dei concorsi per dirigenti EPE.

Solo che, contemporaneamente, viene emanato un decreto che riduce gli organici dei dirigenti EPE da 55 a 34, quindi non ci saranno più posti da mettere a concorso.

 

Dopo i dirigenti degli Uepe, a quando la sostituzione degli Assistenti Sociali? E con quali figure professionali?

 

Dulcis in fundo, segnaliamo l’imminente scadenza dei contratti per le macchine in leasing, in tutti gli UEPE; quindi le attività di aiuto e di controllo sul territorio (spesso molto vasto ed impervio e il più delle volte in zone con alto tasso di devianza) si faranno a piedi o con i mezzi pubblici a spese del personale, costretto ad anticipare i biglietti dei mezzi pubblici e vederseli rimborsati a distanza di un anno (se va bene).

 

Chiediamo  al Consiglio dell’Ordine Nazionale e al Consiglio Regionale di segnalare all’opinione pubblica questa grave situazione che riguarda sia la professione  tutta, ma anche i soggetti in esecuzione di pena, costretti a vivere condizioni inumane e degradanti all’interno di carceri sovraffollate  e che in assenza degli operatori preposti al trattamento e all’inclusione sociale, vedrebbero ridotte,  anziché aumentate le possibilità di accesso alle Misure Alternative al carcere.

 

Non è superfluo ribadire che le Misure alternative, è ormai dimostrato, anche grazie al lavoro degli assistenti sociali, determinano un tasso di recidiva molto più basso del carcere.

 

Chiediamo, inoltre, che il Consiglio Nazionale e il Consiglio Regionale si facciano promotore di tutte le iniziative possibili presso le Istituzioni preposte ad effettuare queste scelte sciagurate:

 

1.      intervenire presso la Commissione Giustizia del Senato (pres. Nitto Palma)  per modificare l’emendamento con il seguente ” In attesa dell'espletamento dei concorsi pubblici finalizzati alla copertura dei posti vacanti nell'organico del ruolo dei dirigenti dell'esecuzione penale esterna, per un periodo di tre anni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, in deroga a quanto previsto dagli articoli 3 e 4 del decreto legislativo 15 febbraio 2006, n. 63, le funzioni di dirigente dell'esecuzione penale esterna possono essere svolte dai funzionari inseriti nel ruolo dei funzionari di Servizio Sociale”.

2.      intervenire presso il Dipartimento dell’A.P. per evitare che  i tagli riguardino prevalentemente gli assistenti sociali

3.      sensibilizzare le Istituzioni Europee perché vigilino sul rispetto e sulle modalità di attuazione delle direttive emanate in tema di esecuzione penale e servizi di probation  da parte del Governo italiano

4.      indire un’assemblea nazionale per discutere delle prospettive  future degli UEPE.

 

Confidando nella vostra attenzione inviamo cordiali saluti.

 

 

I Funzionari di Servizio Sociale E.P.E. Milano-Lodi

 

Anna Muschitiello, Floriano Fattizzo, Daniela Di Stefano, Adima Salaris, Angela Netti, Claudia Infranca

 

 

 

Milano, 10/02/2014

 

mercoledì 12 febbraio 2014

Regolamento del Ministero della Giustizia - Documento FP CGIL presentato all'incontro odierno presso il Ministero della Giustizia

La storia del regolamento del Ministero della Giustizia vede la FP CGIL come protagonista di alcuni dei rilievi sollevati dal Consiglio di Stato alle precedenti bozze. Difatti, grazie al nostro intervento, peraltro citato in un parere del Consiglio di Stato,  venne bloccato e furono evitati errori madornali.
Lo stesso regolamento posto oggi in discussione dichiara di aver scelto di non procedere all'accentramento degli uffici della Giustizia Minorile proprio recependo il parere del Consiglio di Stato.
Allo stato attuale, però, malgrado taluni rilievi siano stati recepiti, il regolamento de quo presenta - a giudizio della scrivente O.S. - ancora palesi incongruenze in pressoché tutti i dipartimenti.


Sui tagli agli Uffici delle Amministrazioni centrali e degli Archivi Notarili

Per quanto riguarda i tagli di cui al D.l. 95, si registra una gravissima incongruenza in tutti dipartimenti, con il taglio alle posizioni dirigenziali e al personale delle Amministrazioni Centrali.
E' nota la gravissima carenza di organico del Dipartimento dell'Organizzazione Giudiziaria, e l'insufficienza di personale che caratterizza quelli degli altri Dipartimenti impedendogli di svolgere correttamente il proprio mandato istituzionale; a maggior ragione se, poi, si considerano le attuali gravi condizioni in cui versano le strutture penitenziarie e dell'esecuzione penale, anche alla luce dell'approvazione del d.l. "svuota carceri" che, con ogni probabilità, finirà per aumentare in maniera esponenziale le competenze del personale.
Per quanto ci riguarda, il legislatore, probabilmente distratto nell'occasione, ha scritto male la norma, citando nella deroga solo 'il personale amministrativo che opera negli uffici giudiziari', e ciò ci costringe a porre in evidenza diverse contraddizioni.
Abbiamo già avuto modo di affermarlo anche pubblicamente: se tale intento fosse attuato letteralmente, come avviene nel regolamento, si creerebbe una gravissima e inaccettabile sperequazione tra personale delle Amministrazioni centrali e quello in servizio negli uffici periferici: difatti, il personale dell'Amministrazione centrale, pur non rischiando alcun licenziamento, considerato che il taglio si opera su una carenza preesistente, avrebbe, proprio ai sensi del D.l. 95, accesso ai benefici previsti dallo stesso, ovvero la possibilità di andare in pensione con i benefici pre legge Fornero.
Lo stesso non potrebbe fare, nell'ambito dello stesso Ministero e delle stesse Amministrazioni, il personale degli uffici periferici. Ciò darebbe certamente adito ad un pesante contenzioso per la istituenda direzione degli Affari Legali.
Inoltre, con riferimento ai tagli decisi sulla dirigenza e alle Amministrazioni centrali di tutti i dipartimenti, ci domandiamo come sia possibile che in taluni altri Ministeri, come ad esempio quello degli Interni, che addirittura nomina Prefetti in soprannumero, e organismi quale La Corte dei Conti, i T.a.r., il Consiglio di Stato e l'Avvocatura dello Stato, con l'evidente consenso del Ministero per la Pubblica Amministrazione e semplificazione non si effettueranno tagli, neanche nei rispettivi uffici centrali, dichiarando di rientrare in tale norma proprio in virtù di quella scritta per gli uffici giudiziari, mentre il Ministero della Giustizia, per il quale quella disposizione è stata redatta, ritiene di dover essere il più solerte procedendo addirittura a tagliare le dotazioni organiche della propria dirigenza sul territorio e nelle Amministrazioni Centrali, di per sé - come noto - già ampiamente martoriate dalla carenza di personale. 
Quanto sopra, oltre ad essere incomprensibile sia dal punto di vista funzionale che organizzativo, pone il Ministero della Giustizia in una gravissima - e francamente inspiegabile - condizione di assoluta debolezza politica nei confronti degli altri dicasteri e amministrazioni, evidentemente molto più scaltre nel difendere i loro interessi e tutelare le proprie posizioni lavorative.
Altra questione assolutamente rilevante e parimenti inspiegabile: agli Archivi Notarili, invece di fare i tagli solo all'Ufficio centrale, come avviene per tutti gli altri, si è deciso di effettuare il taglio del personale su tutta la dotazione organica nazionale, come noto già gravemente insufficiente a far funzionare le strutture.
Dove sia la logica che sottende a queste operazioni ci è francamente oscuro, ma è di tutta evidenza che nell'occasione si possa affermare senza tema di smentita che la ragione non risiede certo in quella che si riferisce all'efficienza degli apparati e al buon funzionamento dei servizi.


Dipartimento per gli Affari di Giustizia  
            
Si ritiene che il passaggio delle competenze del contenzioso dalla DGM alla istituenda Direzione generale degli affari giuridici e legali non sia opportuno, in quanto il contenzioso relativo alla Giustizia Minorile ha una sua precisa specificità, esattamente come quella del Dipartimento dell'Amministrazione penitenziaria.
                       

Dipartimento dell'Organizzazione Giudiziaria  

La prima questione che salta immediatamente agli occhi è l'applicazione del cosiddetto "decentramento" applicato ai sensi della legge n. 240 del 2006. La legge in questione prevedeva infatti un effettivo decentramento, con 16 direzioni regionali o interregionali. Il regolamento in questione, invece, ne prevede, sempre in base agli obblighi determinati dall'applicazione della legge del "risparmio" che crea inefficienza, solo tre. Una per il nord, una per il centro e una per il sud del Paese.         Si crea, così, un accentramento paradossalmente decentrato che, di fatto, non corrisponde affatto ai criteri stabiliti dalla legge che si starebbe applicando. Le predette macro direzioni si estendono su vasti territori, e non serviranno affatto a consentire una più agile gestione del personale, dei beni e dei servizi, bensì a complicarla. Le 3 Direzioni Generali territoriali rischiano, davvero, di assestare il colpo di grazia all'organizzazione giudiziaria. Crescerà complessivamente il personale addetto a procedure di supporto, verrà meno quel minimo di coordinamento che, comunque, il Ministero assicura e crescerà anche la distanza delle DG con gli Uffici Giudiziari.
Sussiste, poi, un grave problema di titolarità delle relazioni sindacali; le tre mega direzioni chi avranno come interlocutore viste le numerose regioni coinvolte? Che tipo di trattativa determinerà questioni relative al personale, si tratterà di trattativa nazionale, che garantisce l'uguaglianza su tutto il territorio, o ci saranno delle trattative interregionali creando dunque chiare sperequazioni?
Inoltre alcune questioni inerenti la mobilità che spettano alle direzioni interregionali con quali soggetti si faranno e in base a che accordi? La problematica evidentemente non può essere decisa con atti unilaterali ma deve vedere il diretto coinvolgimento delle OO.SS e tale situazione rischia di complicare il quadro delle relazioni sindacali e creare confusione e mancato rispetto delle regole.
Inoltre, il cosiddetto riguardo che l'Amministrazione avrebbe avuto in relazione a "stabili e funzionali collegamenti aerei" viene naturalmente meno, e ciò sta a dimostrare - se possibile ancora una volta - che in quanto a competenza geografica la medesima merita un voto sicuramente molto basso, come ha già avuto modo di evidenziare nel concepimento della disastrosa riforma della geografia giudiziaria. Forse l'amministrazione non conosce la famosa efficienza delle linee ferroviarie italiane, soprattutto quella del sud del Paese, e neanche i costosi collegamenti aerei con le isole.
Diciamo che in questo caso si tratta di tutto tranne che di un decentramento, piuttosto di un grave appesantimento della struttura gestionale che avrà tre macro direzioni e una direzione centrale a Roma che va a sovrapporsi con quella del Lazio. Riprendendo il conflitto di cui sopra, sulla questione delle relazioni sindacali segnaliamo una prima evidente incongruenza; l'art. 12, nella parte relativa alla lettera recita b)  "l'assegnazione temporanea di personale,  anche in soprannumero , in posti vacanti di altro ufficio compreso nella circoscrizione, per un periodo non superiore a 6 mesi prorogabile una sola volta" ricordiamo che le procedure afferenti questa previsione sono a tutt'oggi regolate dall'accordo nazionale sulla mobilità del personale sottoscritto l'anno 2007, e che tale prassi è assegnata ai Presidenti di Corte di Appello e ai procuratori Generali in base a precise regole condivise.


Dipartimento dell'Amministrazione Penitenziaria

Il decreto appare in netta controtendenza con quanto dichiarato dal Ministro non più tardi di tre mesi fa nel Suo discorso al Parlamento, poi recepito positivamente dalla Commissione Giustizia della Camera. In quelle dichiarazioni l'aspetto trattamentale e rieducativo della pena - art. 27 della Costituzione - appariva come l'obiettivo principale da perseguire, a cui affiancare un piano di assunzioni nel settore. Oggi, con la proposta che stiamo valutando, si rinuncia definitivamente a raggiungere quello scopo. Nello specifico, intendiamo riferirci ai dirigenti ed ai funzionari di servizio sociale - ben 23 Uffici E.P.E. senza dirigenti, e una carenza di organico di assistenti sociali che ammonta a circa 1000 unità.
Malgrado lo sforzo di analisi, il provvedimento non appare chiaro negli obiettivi e nelle professionalità che si vorrebbero ridurre, così volutamente raggruppate in aree, ma non declinate professionalmente. Le tabelle allegate, infatti, non evidenziano in maniera chiara quanto di fatto si asserisce nel decreto, ovvero che i tagli non comprendono le strutture periferiche.
Con il paventato decentramento, il provveditore si chiamerà direttore regionale ed assumerà un profilo marcatamente finanziario, di controllo e contenimento della spesa. Probabilmente l'organizzazione di questi uffici regionali del D.A.P. sarà demandata al decreto delega, ma riteniamo necessario sia fatta chiarezza sul reale significato di "decentramento", considerato che per l'amministrazione centrale questo elemento assume una valenza fondamentale.
Come noto, il D.A.P. a livello centrale emana linee di indirizzo di politica penitenziaria. Sarà, poi, il direttore regionale che dovrà attuarle tenendo conto della tipologia di utenza, degli istituti presenti sul territorio di appartenenza e delle risorse del territorio per favorire una sinergia di interventi professionali volti al trattamento intra ed extramurario, in collaborazione con la Magistratura di sorveglianza.
Il decentramento va certamente stimolato, e soprattutto operato anche smaltendo aspetti burocratici che lo ostacolano - superando vieppiù una visione dap centrica - e che oggi hanno di fatto imballato il sistema; diversamente si vanno a creare sovrastrutture inutili e disfunzionali.
Sulla soppressione, ovvero accorpamento dei 4 Provveditorati prevista dal decreto, reputiamo utile soffermarci un momento per stimolare una seria e approfondita riflessione: siamo proprio sicuri che l'imposizione della logica del risparmio da ottenere a tutti i costi - e vale per questo aspetto il commento poc'anzi espresso in premessa sui tagli agli uffici delle amministrazioni centrali e le inaccettabili eccezioni di cui sono state fatte oggetto altri ministeri e organismi pubblici - conduca poi ad un sacrificio trascurabile per l'amministrazione penitenziaria e il mondo del lavoro in carcere?
Noi non ne siamo proprio così certi, anzi, avvertiamo il pericolo di una profonda inadeguatezza della risposta che su quei territori l'amministrazione dovrà in ogni caso saper offrire all'utenza, all'organizzazione del lavoro e agli operatori penitenziari quotidianamente alle prese  con le difficoltà operative determinate dall' aumento esponenziale  dei carichi di lavoro che il sovraffollamento delle strutture sta da tempo imponendo e che non accenna a diminuire. Difficoltà che, con l'applicazione del cosiddetto decreto "svuota carceri", rischiano di acuirsi in quanto l'endemica carenza di risorse umane e strumentali renderà più gravosi  i carichi di lavoro.
Inoltre, aspetto per noi di fondamentale e niente affatto trascurabile importanza: nel caso si perseguisse l'idea di chiudere quelle sedi, che fine faranno i colleghi attualmente in servizio nei Prap che si vorrebbero sopprimere? I loro eventuali spostamenti saranno regolati dall'accordo nazionale di mobilità, o per l'occasione ne verrà realizzato uno specifico, dopo l'avvio del previsto confronto con le OO.SS.?
Abbiamo letto con attenzione la relazione tecnica che evidenzia elementi  prevalentemente numerici senza chiarire affatto chi in effetti verrà poi rimosso e, soprattutto, come si legge a pag. 4, paragrafo 2, rileviamo  una riduzione, attuata con D.P.C.M. del 31.1.2012, di ben 127 posizioni dirigenziali di livello non-generale. Un vero e proprio gioco al massacro: si dà per formalizzata una supposta riduzione dovuta nella maggior parte ad un esodo dovuto a diversi pensionamenti, ma in realtà è una diminuzione ben superiore al famoso 10 % previsto dal Decreto legge.
Infine, la relazione illustrativa ha espresso l'obiettivo di razionalizzazione dell'amministrazione, ottenuto però attraverso il mantenimento del contenzioso in ambito D.A.P. (per l'amministrazione giudiziaria viene invece trasferito tutto alla nuova Direzione generale degli affari giuridici e legali) grazie alle "controversie del personale di polizia penitenziaria che richiedono una stretta interrelazione con il vertice dipartimentale in quanto afferenti a specifiche prerogative di diritto pubblico...". Una decisione che concettualmente stride, anche se supportata dalla menzionata spiegazione.
Va segnalato, inoltre, un errore rispetto alla definizione delle competenze rimesse alla Direzione generale del personale e della formazione relativamente alla disciplina: si fa riferimento, infatti, al D.l.vo 446/92 - decreto istitutivo dell'I.S.S.P. - e si fa intendere che rimarrebbero alla indicata Direzione generale le sanzioni più gravi della sospensione dal servizio. Si preannuncia una modifica del D.l.vo 449/92 della Polizia Penitenziaria, piuttosto che quella del D.l.vo 446/92?
Opportuno, inoltre, sarebbe stato un intervento correttivo nella definizione delle funzioni rimesse alle due Direzioni Generali che sovrintendono all'esecuzione della pena, l'una secondo una logica tutta intramuraria e l'altra tutta esterna a discapito di una integrazione di competenze e di progettazione, coerentemente con la declaratoria che definisce Istituti e Uepe quali complesso unitario.
Sorprende negativamente, inoltre, la soppressione della Direzione generale dell'I.S.S.P., peraltro avanzata per mezzo di un D.P.C.M. che dovrebbe annullare quanto stabilito da fonte normativa superiore, il cui mandato istituzionale è ritenuto evidentemente irrilevante per l'amministrazione penitenziaria, ma non per questa O.S., che ne chiede a gran voce il consolidamento.
Come risulta evidente dagli investimenti compiuti dall'amministrazione centrale e dai risultati ottenuti in questi ultimi anni, verificabili sullo stesso sito dell'I.S.S.P., questo Istituto rappresenta l'unico ente formativo d'eccellenza dell'amministrazione penitenziaria, che per questa ragione andava potenziato e semmai rafforzato. Da tempo stiamo invano sostenendo l'esigenza di creare un'unica "Agenzia formativa" dell'amministrazione penitenziaria nella quale far confluire le esperienze professionali, formative e culturali maturate nel corso degli anni.
Un settore prezioso quello formativo che trova nell'attività dell'I.S.S.P. la sua espressione anche più elevata; un settore che deve essere adeguatamente valorizzato e potenziato, in quanto fucina di discussione e proposizione politico culturale indispensabile alla crescita culturale del sistema dell'esecuzione penale e del personale allo stesso afferente.
L'I.S.S.P. trova la sua istituzione ed il suo mandato istituzionale, è forse il caso di rammentarlo, nel d.lgs.vo n. 446/92 e successivamente nel D.M. del 27 settembre 2007, art.11 e ss.; incarico che negli anni è stato condizionato dalla miopia "cosciente" di una amministrazione penitenziaria che ha mostrato una costante regressione culturale. La cura dei diversi management, il continuo sostegno all'impegno e all'integrazione professionale, l'allineamento costante del fronte evolutivo del trattamento penitenziario con la realtà socio-economica e culturale esterna, in una visione anche europeistica  concretizzano il ruolo centrale di un'istituzione direttamente e per legge investita di tali finalità e funzioni.       Insomma una parte nobile dell'amministrazione penitenziaria della quale potersi, anzi doversi vantare.
Se fossimo stati preventivamente consultati, come in effetti prescrive la normativa vigente - cosa che evidentemente riguarda tutto l'impianto del provvedimento e non solo questa specifica voce - e, magari, se del caso anche invitati a scegliere  tra la soppressione della dirigenza generale dell'I.S.P.P. e quella di uno dei due posti di vice capo del Dipartimento, non avremmo avuto alcun dubbio: per le ragioni poc'anzi espresse, avremmo certamente indicato come indispensabile il consolidamento della figura della direzione generale dell'I.S.P.P.
Infine, non certo per importanza, è evidente il definitivo smantellamento degli uffici EPE dai Prap e quindi dai territori. Non è vero che i tagli sono stati operati solo negli uffici centrali (pag. 12 relazione illustrativa), perché dato il taglio numerico operato sui dirigenti di esecuzione Penale - da 58 a 34 - e la necessità di mantenere un dirigente per ogni sede dirigenziale EPE, il conto è presto fatto. A tal proposito, la proposta che ci sentiamo di avanzare è quella di mantenere per il ruolo di dirigenti di esecuzione penale esterna almeno l'organico numerico previsto dalla Legge 154/05 cd. Meduri, ovvero 55 unità, riequilibrando i due ruoli di dirigenti di istituto e di esecuzione P.E., e la necessità di non tagliare gli assistenti sociali nella terza area, anzi di favorirne la progressione di carriera.
In definitiva, riteniamo che questo schema di riorganizzazione non offra il quadro complessivo della situazione, e parli poco degli aspetti organizzativi del personale di qualsiasi ordine e grado, riducendo il tutto ad una mera questione numerica di tagli lineari nella carne viva di un sistema già di per sé condotto allo stremo.


Dipartimento della Giustizia Minorile

Per quanto attiene al Dipartimento per la giustizia minorile la Tabella F (articolo 16, comma 9) allegata  al decreto presenta  per i dirigenti di 1° fascia e per i dirigenti di 2° fascia dotazioni organiche difformi da quelle indicate nella relazione tecnica. Si chiede, pertanto, di voler chiarire questa questione e definire quale sia la versione corretta.
In effetti, non si può non rilevare come le previsioni del Decreto, per quanto attiene all'organizzazione delle strutture dirigenziali di 1° fascia, cioè la previsione di una Direzione generale che assorbe tutte le competenze delle attuali tre Direzioni Generali,  siano fortemente penalizzanti, illogiche sotto il profilo dell'organizzazione e, comunque, diverse da quelle presentate al Consiglio di Stato e alle Commissioni Giustizia della Camera dei Deputati e del Senato della Repubblica, a cui era stato presentato un decreto contenente due Direzioni generali: Direzione generale del personale, della formazione, dei beni e dei servizi; Direzione generale per l'attuazione dei provvedimenti giudiziari.
Qualora dovesse essere confermato il dato fornito nella relazione tecnica, il taglio sulla dotazione organica del Dipartimento per la Giustizia Minorile per quanto attiene alle Direzioni Generali sarebbe in percentuale del 50%, completamente difforme da quello a cui sono soggette le identiche strutture degli altri Dipartimenti del Ministero della giustizia, notevolmente superiore a quanto richiesto dalla normativa vigente. In ogni caso la presenza di un unico direttore generale che accentra su di sé tutti i poteri gestionali del dipartimento renderebbe indubbiamente problematica la convivenza con le funzioni attribuite al Capo del Dipartimento. Anche per quanto riguarda i tagli alla dotazione organica dei dirigenti di seconda fascia la tabella presenta un dato difforme da quello indicato nella relazione tecnica: in ogni caso si sta operando su una dotazione completamente insufficiente a garantire la copertura delle funzioni dirigenziali necessarie alla vita del Dipartimento.
Nel caso si assumesse il dato della relazione tecnica, più favorevole rispetto a quello della tabella che riporta solo 15 unità, le 17 unità di dirigenti di seconda fascia previste risulterebbero insufficienti a garantire la copertura delle funzioni decentrate (12 Centri per la Giustizia Minorile) e le necessità dell'amministrazione centrale. Per cui, stante anche la totale inadeguatezza mostrata proprio nella circostanza della riorganizzazione del Ministero dai responsabili della politica e della gestione del Dipartimento della giustizia minorile e per evitare possibili modifiche all'assetto decentrato della giustizia minorile, si chiede di indicare, così come fatto per il D.A.P., in un'apposita tabella le strutture dell'attuale decentramento del Dipartimento per la Giustizia Minorile e i Centri per la Giustizia Minorile. Identica considerazione dovrà essere effettuata rispetto ai tagli apportati alla dotazione organica del personale civile, che già adesso non appare sufficiente a garantire l'assolvimento della missione istituzionale. Appare indispensabile,  in considerazione del ruolo svolto dal personale che si svolge completamente in ambito penitenziario, evitare il  taglio dell'organico, da cui è, peraltro, dispensato il settore della sicurezza.
Il provvedimento presentato alle organizzazioni sindacali, per quanto concerne la giustizia minorile, costituisce un deciso segnale di sfiducia nei confronti di un organismo che più volte si è cercato di depotenziare; ad esempio  attraverso  il recente tentativo di sottrazione degli organismi di decentramento gestionale, sventato grazie al decisivo intervento della FP CGIL, e la sua realizzazione indicherebbe il fallimento finale di una dirigenza che non è stata in grado di salvaguardare le risorse necessarie a consentire la sopravvivenza di un settore così particolarmente delicato. Dirigenza che, a parere di questa organizzazione sindacale, non potrebbe che trarre le opportune, inevitabili conseguenze determinate dal proprio fallimento.


Roma, 12.02.2014


                                                                  per la Fp Cgil Nazionale
                                                                   Settore Penitenziario
                                                                     Francesco Quinti
                                                                     Nicoletta Grieco