L'ARCHIVIO DI OLTREILCARCERE

Dal 2007 al 2014 sono stati pubblicati più di 1300 documenti che hanno trattato argomenti riferiti al Servizio Sociale della Giustizia, agli Uffici per l'Esecuzione Penale Esterna, al Sistema dell'Esecuzione Penale Esterna attraverso solidarietaasmilano.blocspot.com

domenica 23 marzo 2014

Spending Review:Favi (PD), Orlando Metta all'asta auto Blue del Dap


Roma, 18 mar. (Adnkronos) - Il Guardasigilli metta all'asta le auto "di lusso" del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria di Roma. E' la proposta, in una nota, di Sandro Favi, responsabile nazionale carceri del Pd. "Nei garage del Dap ci sarebbe un parco macchine di lusso, mentre negli uffici che seguono sul territorio migliaia di detenuti in misura alternativa, gli operatori usano i mezzi privati o quelli pubblici per adempiere alle attività di servizio. Questo -scrive Favi- è il paradosso che vedrebbe al Dap 207 veicoli di proprietà (più altri 20 a noleggio), tra cui ammiraglie delle diverse case automobilistiche, fuoristrada e macchine di rappresentanza, e negli uffici periferici dell'esecuzione penale esterna l'impossibilità di disporre di qualche utilitaria di servizio per le indagini che la magistratura di sorveglianza gli affida".

mercoledì 12 marzo 2014

Il carcere costa 3 miliardi l'anno. Investiamo sulle pene alternative e l'accoglienza

 
Confini online- giovedì 20 febbraio 2014

       Il gruppo 'La certezza del recupero' consegna ai parlamentari la bozza di una proposta di legge sulle misure alternative.

Roma. Una nuova normativa per riconoscere le misure alternative alla pena. E' quello che chiede il terzo settore. Il gruppo di lavoro "La certezza della pena" - composto dalle principali realtà nazionali impegnate sul tema del carcere - ha consegnato stamani nelle mani di una decina di parlamentari la prima bozza di una proposta di legge suddivisa in sei punti. Si chiede infatti il riconoscimento normativo e amministrativo dell'accoglienza di persone in esecuzione penale e in fase di reinserimento sociale; la predisposizione di un piano di risorse immediate e urgenti per progetti di reinserimento sociale; l'estensione degli articoli 17 dell'ordinamento penitenziario (legge 354/75) e del 120 (regolamento del 2000) oltre che la revisione delle autorizzazioni previste dall'articolo 78; la riformulazione degli articoli 73-77 sul Consiglio di aiuto; il sostegno istituzionale a iniziative di accoglienza e accompagnamento; la costituzione un tavolo di lavoro permanente dedicato al tema delle misure alternative alla pena.

UNA PRIORITA' PER IL NUOVO GOVERNO - L’incontro "Carcere, verso la certezza del recupero. Il ruolo delle comunità educative di accoglienza: un disegno di legge", che si è svolto stamani nella Sala della Mercede della Camera dei Deputati, è stato promosso dal gruppo di lavoro coordinato dal Centro nazionale per il volontariato insieme a Seac e Conferenza nazionale volontariato giustizia. Le prossime tappe di questo percorso prevedono l'incontro con il Ministro della Giustizia e un nuovo evento pubblico già in programma al Festival del volontariato in programma a Lucca dal 10 al 13 aprile.
"Si tratta di una proposta chiara sul sistema delle pene alternative da portare all'attenzione del nuovo Governo" spiega il presidente del Cnv Edoardo Patriarca. "Si tratta di una progettazione condivisa e strategica nata all'interno del gruppo. E' bene ricordare che il problema non è solo il sovraffollamento. Noi siamo qui per offrire un'altra visione della pena. Investire sulle misure alternative significa investire sull'uomo, nel rispetto della Costituzione. E significa anche risparmiare, sia sul piano economico sia su quello sociale. Il reinserimento da solo non basta. Occorre farci trovare pronti sui territori. Per questo è necessario il contributo di tutti". Una tesi, questa, sostenuta dai numeri.

I COSTI DEL CARCERE - Lo scorso anno il sistema carcerario è costato 2,8 miliardi di euro. La spesa media di un detenuto, nel 2013, è stata di 116 euro al giorno. Ma se fosse inserito in un percorso di educazione e reinserimento, alle comunità di accoglienza costerebbe non più di 50 euro. "Ci ha colpito come nei capitoli di spesa sia residuale la voce dedicata alle misure alternative alla detenzione. S'investe tutto sul carcere e poco su tutto ciò che serve all'inserimento sociale e a una reale alternativa alla pena" spiega Luisa Prodi, presidente del Seac (Coordinamento enti e associazioni di volontariato penitenziario). Sempre nel 2013, all'esecuzione penale esterna sono andati 471.213 euro. "Mentre solo per le attività trattantamentali sono stati spesi oltre cinque milioni di euro", aggiunge la Prodi. "Occorre chiarire gli obiettivi: vogliamo edificare ancora o favorire un sistema penale costruito sulle giustizia riparativa? Noi siamo per questa seconda strada. E ai fini del reinserimento è necessario cercare maggiori risorse che potremmo attingere o dal piano carcere o dalla cassa delle ammende".

LA NORMATIVA - Per rendere poi effettive le possibilità di reinserimento sociale sul territorio, il gruppo di lavoro "La certezza del recupero" chiede di riformulare gli articoli 73 e 77 della legge 354 del 75 sul Consiglio di aiuto, di estendere l'articolo 17 dell'ordinamento penitenziario per consentire l'accesso della comunità esterna all’azione rieducativa in affiancamento all'Ufficio per l'esecuzione penale esterna (Uepe) e di rivedere le procedure di concessione delle autorizzazioni dell'articolo 78 "che a tutt'oggi sono lente e inefficaci", come spiega il presidente della Sesta Opera San Fedele Guido Chiaretti. "Siamo di fronte a una situazione paradossale: se nel carcere ci sono oggi diecimila volontari, quelli che operano all'esterno con l'Uepe sono 102 in tutta Italia. Per il carcere si spende ogni anno circa tre miliardi contro i cinquecentomila euro destinati alle attività esterne. Le misure alternative si compiono fuori dal carcere, sui territori, nella società civile. E' quindi assurdo che a causa di una norma la società civile non possa intervenire proprio lì dove l'azione si compie".

LE ESPERIENZE - Ad oggi in Italia non esiste una mappa delle strutture che offrono accoglienza ai detenuti. Per questo la Fondazione volontariato e partecipazione, in collaborazione col gruppo di lavoro "La certezza del recupero", sta conducendo una ricerca al fine di individuare tutte le comunità e le strutture esterne. La Caritas, coi suoi 2mila volontari impegnati dentro e fuori dal carcere, ha 220 sedi e 100 strutture di accoglienza. "Tutti noi siamo un patrimonio di competenze. I volontari, le organizzazioni e le amministrazioni rappresentano insieme un bene comune", spiega Francesco Marsico di Caritas Italiana. "Procediamo con una logica di responsabilità condivisa, di coordinamento e integrazione. Siamo tutti un 'pezzo' di questa Repubblica che aspetta un riconoscimento. Prima occorre sia chiara l'idea di giustizia che abbiamo, poi chiederemo soldi".

In questo contesto esistono anche esperienza positive che però faticano a trovare spazio e sostegno. E' il caso di Palermo, dove ogni giorni tre detenuti escono dal carcere per andare a lavoro: il loro compito è di restituire alla città un'area archeologica di 12 chilometri quadrati. "Ecco cosa accade quando esiste la possibilità di scontare la pena all'esterno. Si tratta di servizi resi alla collettività" racconta Maurizio Artale, presidente del Centro di accoglienza Padre Nostro. "Il cammino fuori dal carcere può essere sostenuto dalle associazioni, possiamo farcene carico. Ma occorrono fondi. Oggi ci sono 60 bambini da uno a tre anni che vivono in carcere. Le strutture e i servizi per accoglierli ci sono, ma pare non ci sia la volontà di farlo".

Investire sulle pene alternative significa anche abbassare la recidiva. "Dobbiamo passare dalla giustizia vendicativa a quella riparativa. Ogni mille detenuti che escono dal carcere, ottocento tornano a delinquere", spiega Giorgio Pieri dell'associazione Papa Giovanni XXIII. "Con le misure alternative cambia tutto. Tra gli ex detenuti che abbiamo accolto nelle nostre comunità torna a delinquere solo l'otto per cento".

IL SOTTOSEGRETARIO CI CREDE - "L'alternativa alla pena è la sfida vincente". A dirlo, in chiusura, è il sottosegretario al Ministero della Giustizia Cosimo Maria Ferri. "Visto come stanno andando le cose, be', è possibile che torni presto a fare il giudice. E' anche per questo che ribadisco l'importanza di investire energie anche per cambiare la cultura del giudice del dibattimento. Occorre lavorare di più sull'esecuzione penale esterna".                
Fonte: CNV - Centro Nazionale per il Volontariato

martedì 11 marzo 2014

Intervento attivo nazionale unitario delegati 7 marzo 2014 ( Assistente Sociale Michela vincenzi)

 


Intervento attivo nazionale unitario delegati 7 marzo 2014

I lavoratori dell'Amministrazione Penitenziaria sono consapevoli che il sistema dell'esecuzione penale italiano sta attraversando uno dei periodi più difficili e più impegnativi della sua storia.

Lo sforzo di chi lavora negli Istituti di pena e negli Uffici di Esecuzione Penale Esterna per garantire, nonostante tutto, un dignitoso trattamento dei condannati è stato notevole e continua ad essere grandeper poter concretizzare le misure adottate recentemente dal Governo allo scopo di evitare le sanzioni dell’Unione Europea.
Dopo anni di costante enfatizzazione del problema "sicurezza" e di strumentalizzazione del carcere come unica risposta ai problemi della nostra società, sentiamo finalmente dichiarare l'intenzione di potenziare le misure alternative e le sanzioni sostitutive, considerate, insieme alla depenalizzazione e alla razionale applicazione delle misure cautelari, lo strumento per riportare il carcere alla giusta dimensione di luogo di custodia e trattamento delle persone il cui profilo di pericolosità rende necessaria la privazione della libertà.
Ci chiediamo però come l'Amministrazione Penitenziaria pensi di dare realizzazione al potenziamento delle misure alternative e sanzioni sostitutive se procede ai tagli delle dotazioni organiche richiesti dalla spending review senza tener conto che sono risorse strategiche proprio quelle figure professionali (assistenti sociali, educatori, dirigenti degli u.e.p.e e degli istituti penitenziari) i cui numeri vengono egualmente decurtati.
 
Un'organizzazione che intenda davvero puntare a livello strategico sullo sviluppo di un certo settore non può ridurre proprio le risorse che sono vitali per quella parte del sistema.

Gli operatori degli U.E.P.E. non hanno mai smesso di credere nella potenzialità delle misure alternative alla carcerazione ma non hanno ancora visto al loro fianco un'Amministrazione Penitenziaria pienamente convinta della necessità di un adeguato sviluppo dell'Esecuzione Penale Esterna.
Gli Uffici di Esecuzione Penale Esterna hanno acquisito nel tempo sempre maggiori competenze in ordine agli interventi da svolgere nei confronti dei condannati e diversamente dagli altri elementi del sistema(Istituti penitenziari e Uffici di Sorveglianza) non svolgono le loro funzioni esclusivamente nella propria sede.
Peculiarità richiesta agli U.E.P.E è quella della prossimità all'utenza e alle articolazioni del territorio per progettare e realizzare il trattamento dei condannati ammessi alle misure alternative alla carcerazione.
 
l'ubicazione degli Uffici corrisponde ancora alla competenza degli Uffici di Sorveglianza e che non vi sono sedi di servizio in tutti i capoluoghi di provincia, si comprende facilmente quale sforzo organizzativo e quale disagio operativo devono affrontare gli operatorie soprattutto quali anacronistici e dispersivi spostamenti sul territorio siano, non di rado, costretti ad affrontare.
Il potenziamento delle misure alternative, il consolidamento dell'applicazione del Lavoro di Pubblica Utilità e la ventilata introduzione della messa alla prova per gli adulti non potranno trovare adeguata realizzazione se non si provvederà ad una riorganizzazione eal potenziamento degli Uffici di Esecuzione Penale Esterna.
Gli U.E.P.E soffrono di carenze degli organici oramai non più sostenibili ed hanno visto l'Amministrazione Penitenziaria prima sollecitare l'apertura di nuove sedi periferiche e poi "tirare i remi in barca " lasciando agli operatori l'onere di garantire la prossimità al territorio unicamente attraverso il proprio impegno personale.
Gli interventi nei territori più periferici, come ad esempio quelli montani della provincia di Belluno, vengono garantiti grazie allo sforzo personale di alcuni colleghi che si mettono alla guida di automezzi (peraltro senza pneumatici da neve), svolgendo il ruolo di autista, di navigatore e di assistente sociale.
E' assolutamente anacronistico che, come ai tempi della Repubblica Serenissima, si parta da Venezia per garantire lo svolgimento di una funzione dello Stato sul territorio del Cadore piuttosto che dell'Agordino.
 
Almeno ai tempi della Serenissima i funzionari veneziani disponevano di una loro sede; invece gli operatori degli U.E.P.E. devono chiedere ospitalità agli enti locali per poter disporre di un piccolo ufficio di appoggio una volta alla settimana.
 
Ironia della sorte, nella frenesia del risparmio e forse in nome dei tagli alle auto blu, recentemente l’amministrazione penitenziaria ha prospettato proprio il mancato rinnovo del contratto di noleggio di quegli automezzi che consentono agli assistenti sociali di muoversi sul territorio. 
 
Vi assicuro che queste automobili sono molto diverse da quelle blu.
 
Se come inizialmente prospettato gli U.E.P.E. dovranno curare l'esecuzione della messa alla prova per gli adulti a costo zero, ossia con le risorse umane attualmente presenti possiamo prevedere un vero e proprio tracollo degli Uffici che attualmente riescono a sostenere a malapena gli attuali carichi di lavoro grazie alla presenzadi assistenti sociali a rapporto professionale reclutati col Progetto Master; si tratta, però, di colleghi che devono dedicarsi prevalentemente alla verifica sull’idoneità del domicilio per la concessione della detenzione domiciliare cosiddetta "sfollacarceri".
 
Un recente documento a firma del dirigente generale Esecuzione Penale Esterna Dott. Di Somma mette finalmente in luce una realtà che sino ad ora è stata ignorata o sottovalutata e cioè che a fronte di un complessivo aumento di misure alternative e sanzioni in esecuzione, che nel 2013hanno abbondantemente superato il livello del pre-indulto 2006(sono state 26739 contro le 22899 del 2006) il personale direttamente dedicato a tale misure e cioè i funzionari di servizio sociale degli uffici rispetto a quelli presenti nel 2004 sono diminuiti del 36%.
Sul versante del personale dirigenziale poi, lo studio rileva come il numero dei dirigenti U.E.P.E. dal 2004 al 2014 sia progressivamente sceso da 61 unità a 34 , con la conseguente scopertura di molte sedi ela creazione di situazioni paradossali come quella del Triveneto dove è presente un solo dirigente per le sedi U.E.P.E. di tre regioni.
Il dato più allarmante indicato dallo studio è costituito dal tempo medio che gli operatori degli U.E.P.E. possono dedicare ad ogni persona in carico che al 31.01.14,dato il numero di misure e sanzioni in corso e di osservazioni e trattamenti in corso negli Istituti, è risultato di 28 minuti settimanali per persona.
 
Altro aspetto significativo messo in evidenza da tale studio è quello del rapporto fra personale del comparto sicurezza e personale U.E.P.E. che nel nostro Paese è fortemente sbilanciato sul primo gruppo 86% del personale D.A.P. contro il 3% degli U.E.P.E.. mentre in Francia e Regno Unito le percentuali sono rispettivamente 73% contro 11% e 49% contro 27%.
Risulta piuttosto evidente che nelle condizioni in cui si trovano, gli U.E.P.E. non sono in grado di reggere alcuna operazione di deflazione del carcere attraverso l’ampliamento delle misure alternative e sanzioni sostitutive all’azione penale.
Il passaggio da un sistema penale che ha enfatizzato la funzione del carcere ad un sistema in cui le sanzioni sono graduate e meglio commisurate alla gravità della violazione e alle caratteristiche della persona che quella violazione ha messo in atto, non si può improvvisare.
Questo passaggio che è necessario per riportare il nostro Paese ad un livello di civiltà e di legalità al pari di altri stati europei, richiede a nostro giudizio di dedicare attenzione ad alcuni aspetti che non sono stati affatto considerati e cioè:
Il riconoscimento dell’area penale esterna
come effettivo settore dell’Amministrazione Penitenziaria di pari dignità rispetto a quello dell’esecuzione intramuraria  l'ascolto  del "sapere operativo" di coloro che lavorano nei Servizi dell’Amministrazione Penitenziaria nell’ambito dei processi di riforma che interessano il sistema penali si pensi alla lunga esperienza in materia di "messa alla prova" dei colleghi degli U.S.S.M.che non è stata interrogata per declinare la stessa misura da applicare agli adulti la possibilità di


ottimizzare la collaborazione fralavoratori dell’amministrazione penitenziaria e giudiziaria
; l’individuazione di buone prassi viene spesso lasciata all’iniziativa di chi lavora e non invecericercataattraverso momenti di collaborazione istituzionale 
 la promozione dell’ esecuzione penale alternativa al carcere presso i cittadini e le articolazioni degli enti locali
che spesso gli operatori degli U.E.P.E.hanno realizzato in solitudine e con i pochi mezzi messi a disposizione dall’Amministrazione  Penitenziaria 
la previsione di una specifica formazione per le Forse dell’Ordine al riguardo delle misure alternative al carcere che si sono moltiplicate e che spesso vengono considerate ai fini del controllo alla stessa stregua delle misure cautelari.

la previsione di Servizi rivolti alle vittime dei reatiche possano costruire insieme agli U.E.P.E il percorso di riparazione del danno previsto dalla messa alla prova.

Per chi lavora in prima linea per l’Amministrazione Penitenziaria è forte la consapevolezza di trovarsi di fronte ad un momento decisivo per il futuro dei nostri Servizi.

Chiediamo perciòalle OO.SS., alle forze politiche e alla stessa Amministrazione di dare il giusto spazio al sapere operativo dei lavoratori nel processo di riforma della Giustizia.

Roma, 7 Marzo 2014

Michela Vincenzi

funzionario di servizio sociale

Delegato F.P. CGIL presso

U.E.P.E. di Venezia Treviso Belluno
 
 
  
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

 
 
 
 
 
 
 
 
 


venerdì 7 marzo 2014

Attivo nazionale dei delegati Cgil Cisl Uil : Riorganizzare la Giustizia

Riorganizzare la Giustizia: dall'attivo nazionale dei delegati Cgil Cisl Uil - una proposta per valorizzare il personale e rilanciare i servizi
 
 
Roma, 7 marzo 2014


Si è svolto oggi 7 marzo a Roma l'attivo unitario dei delegati di Fp-Cgil, Cisl-Fp e Uil-Pa del settore Giustizia, a pochi giorni di distanza dal primo incontro che i sindacati hanno avuto con il nuovo responsabile del Dicastero.
Tra i molti problemi evidenziati a quell'incontro da Cgil, Cisl e Uil spicca quello della geografia giudiziaria: realizzata secondo una logica ragionieristica, senza considerare i costi degli accorpamenti e che non ha prodotto benefici né in termini economici né di maggiore efficienza del servizio ai cittadini.
Le priorità di gestione annunciate dal Ministro Andrea Orlando - organizzazione del Ministero, carenza di personale, formazione permanente e sovraffollamento delle carceri - vanno incontro alle nostre richieste. Apprezziamo anche l'impegno a convocare tavoli per ciascun settore e a riesaminare lo schema di riorganizzazione del Ministero.
Nell'attivo unitario di oggi le categorie di Cgil, Cisl e Uil hanno avanzato una proposta organica di riorganizzazione, che riguarda le priorità di tutti i Dipartimenti, a partire dalla valorizzazione del personale, carente di circa 9000 unità nella Organizzazione Giudiziaria e oltre 1500 tra Amministrazione Penitenziaria, Giustizia Minorile e Archivi Notarili. La situazione è talmente grave che, senza interventi certi e con la conferma degli attuali tagli della spending review, non sarà possibile garantire pienamente il mandato costituzionale e la efficiente prosecuzione dei servizi.
Per questo la proposta di riforma parte dalle donne e gli uomini che oggi operano negli uffici e nelle carceri, con gravi difficoltà e spirito di abnegazione. Le Organizzazioni sindacali sono pronte a fare la loro parte in un progetto di riforma che sia un volano per l'economia, partendo dalla buona organizzazione e dalla modernizzazione, ispirato ai modelli europei più virtuosi e proponendo nuove funzioni  e responsabilità per il personale, sino a oggi demotivato e mortificato, per rendere il lavoro negli uffici più snello e quello dei magistrati più efficace.
Al cuore della proposta elaborata dai sindacati c'è l'obiettivo di migliorare l'intero sistema dei servizi e del lavoro pubblico, attraverso una riforma organica delle pubbliche amministrazioni e una valorizzazione delle sue risorse umane e professionali, di cui solo la ripresa della contrattazione collettiva nazionale e integrativa può garantire i presupposti. Le categorie del pubblico impiego di Cgil Cisl e Uil chiedono al ministro un incontro in tempi rapidi per entrare nel merito dei problemi e trovare insieme le risposte che servono per rendere più veloce ed efficiente il sistema Giustizia.

 




martedì 4 marzo 2014

Camera approva relazione su Napolitano

Passa con 325 sì la relazione sul messaggio che il presidente della Repubblica ha inviato l'8 ottobre. Morani, neoresponsabile giustizia dei democratici: "Atti di clemenza non servono". Ma non tutti la seguono. Leva: "Non sono tabù"

Carceri
Il vento renziano arriva anche sulla questione carceri e sull’annosa questione amnistia/indulto: “Il Pd ritiene i provvedimenti di clemenza inefficaci. Sono un alibi per la politica che non vuole fare scelte strutturali” ha chiarito Alessia Morani, neoresponsabile Giustizia del Pd, intervenendo in Aula alla Camera nel dibattito sul messaggio del presidente della Repubblica sulla situazione carceraria dell’8 ottobre. Parole molto più nette rispetto alla precedente “gestione Bersani“, quando il Pd lasciava aperto più di uno spiraglio. Tant’è che il predecessore della Morani come responsabile giustizia del partito, Danilo Leva, nel suo intervento ha puntualizzato: “Non può essere un tabù discutere di un provvedimento straordinario di clemenza. E’ compito delle forze politiche estrarre dalle secche del populismo penale il confronto” su questo tema. ”Mi auguro dunque – ha concluso Leva – di arrivare a una discussione serena di un provvedimento straordinario di clemenza”.
Al termine della seduta, la Camera ha approvato con 325 voti favorevoli la relazione della Commissione Giustizia sul messaggio del presidente della Repubblica. Tra le innovazioni di carattere strutturale esaminate dalla relazione, l’introduzione di meccanismi di probation (forme di libertà condizionata alternative al carcere, ndr), pene detentive non carcerarie, riduzione dell’area applicativa della custodia cautelare in carcere, espiazione della pena nel Paese di origine, attenuazione degli effetti della recidiva, depenalizzazione dei reati, aumento della capienza complessiva degli istituti penitenziari. La relazione prende in considerazione anche rimedi straordinari, come appunto amnistia e indulto.
“Esistono grandi margini di miglioramento dell’azione politica per affrontare la questione, e non l’emergenza, carceraria”, ha affermato ancora Alessia Morani, “come per esempio far scontare la pena nei Paesi d’origine ai cittadini stranieri; rivedere la normativa sullo spaccio; destinare risorse ai Sert, per il lavoro in carcere; per gli assistenti sociali ed educatori; per la polizia penitenziaria in continua carenza di organico. “È una situazione intollerabile che il 40% dei detenuti si trovi in carcerazione preventiva”, ha concluso.
Il dibattito sulla giustizia riapre anche la frattura nel centrodestra: “In(cd)Giustizia”, titola Il Mattinale, la nota politica redatta dallo staff del gruppo Forza Italia della Camera. “Incredibilmente il viceministro Enrico Costa, del Ncd, rinnega se stesso e dà parere negativo del governo sulla nostra risoluzione sul messaggio del presidente Napolitano. Conteneva esattamente i contenuti del programma elettorale con cui Alfano è stato eletto. I deputati del Nuovo centrodestra si sono allineati compatti. Che tradimento. Non di Berlusconi o di Forza Italia, ma della loro coscienza. Ci vergogniamo per loro”.
“Mi auguro dunque – conclude Leva – di arrivare a una discussione serena di un provvedimento straordinario di clemenza