L'ARCHIVIO DI OLTREILCARCERE

Dal 2007 al 2014 sono stati pubblicati più di 1300 documenti che hanno trattato argomenti riferiti al Servizio Sociale della Giustizia, agli Uffici per l'Esecuzione Penale Esterna, al Sistema dell'Esecuzione Penale Esterna attraverso solidarietaasmilano.blocspot.com

venerdì 27 febbraio 2009

Dirigente del settore famiglia che accusò gli Assistenti Sociali del Comune di Milano condannata per diffamazione

Giunge oggi un'importante notizia, la dirigente del settore famiglia che accusò gli Assistenti Sociali del Comune di Milano e che determinò la mobilitazione degli operatori sociali, dell'O.S. Sunas e l'intervento dell'Ordine degli assistenti sociali della Lombardia, è stata condannata per diffamazione. Ricordiamo che è tutt'oggi in corso in sede civile un procedimento di richiesta di risarcimento danni avviato dall'Ordine professionale degli assistenti sociali. Il blog http://www.solidarietaasmilano.blogspot.com/ nasce circa due anni fa per esprimere pubblicamente solidarietà ad una professione come quella dell'assistente sociale in quei giorni gravemente lesa nella sua immagine. Pubblichiamo la notizia riportata dal corriere della sera.

Accusò assistenti sociali, Madaffari condannata per diffamazione.Dovrà pagare un risarcimento da 10 milioni di euro. Su un quotidiano parlò di «istituzionalizzazione di massa»

Accuse al Comune: 11 mln di consulenze d'oro
MILANO - Carmela Madaffari, dirigente del Settore Famiglia, Scuola e Politiche Sociali del Comune di Milano, è stata condannata dal Tribunale di Monza, sezione staccata di Desio, per diffamazione a mezzo stampa. L'accusa riguardava alcune dichiarazioni del funzionario riportate dal quotidiano «Il Giornale» e ritenute lesive nei confronti di 34 assistenti sociali dei servizi per i minori. Il Tribunale ha fissato una provvisionale di 10 milioni di euro quale risarcimento in favore delle assistenti e di 1000 euro in favore del Sunas (Sindacato Unitario Nazionale Assistenti Sociali), che si sono costituiti parte civile.
LE ACCUSE - Il 23 marzo 2007, sulle pagine de «Il Giornale» la Madaffari aveva accusato di scarsa professionalità i 100 assistenti sociali che si occupano dei minori interessati da provvedimenti dell’autorità giudiziaria. Per la dottoressa, gli assistenti avrebbero usato con troppa facilità e poca obiettività lo strumento dell’allontanamento dei minori dalle famiglie per mandarli in istituti. Tra le espressioni usate quella di «istituzionalizzazione di massa»: «hanno una formazione culturale che li fa sentire sicuri, troppo sicuri, come se avessero la verità in tasca». La dottoressa aveva anche preso provvedimenti: alcuni assistenti sono stati sollevati dall’incarico per essere dirottati in altre mansioni, mentre per altri aveva organizzato corsi per «imparare a lavorare con obiettività. Senza parteggiare per l’una o l’altra parte».
CHI E' - Carmela Madaffari è uno dei dirigenti più contestati tra quelli scelti da Letizia Moratti:
ha in corso contenziosi di fronte al Tar e al giudice del lavoro dopo essere stata dichiarata decaduta «per gravi inadempienze» dalla carica di direttore generale dell'Asl di Lamezia Terme, mentre un analogo procedimento era stato disposto durante la sua dirigenza dell'Asl di Locri.

Milano: Dirigente diffamò le assistenti sociali

La Repubblica 27.2.2009

Madaffari condannata e multata
Era stata accusata di diffamazione a mezzo stampa per alcune dichiarazioni ritenute lesive nei confronti di 34 assistenti sociali dei servizi per minori. Adesso la sezione distaccata di Desio del tribunale di Monza ha condannato la dirigente del settore Famiglia e politiche sociali di Palazzo Marino, Carmela madaffari, a una multa di 300 euro oltre che a un risarcimento di 10.000 euro (immediatamente esecutivo) per le assistenti sociali e di mille in favore del sindacato unitario nazionale assistenti sociali. Il legale della dirigente, Raffaele dDi Palma, ha annunciato che la sentenza sarà impugnata "per far valere la irrilevanza penale delle dichiarazioni mai pronunciate".

SUNAS : Condannata l’attuale dirigente del settore famiglia del Comune di Milano

COMUNICATO STAMPA

Ieri 25 febbraio 09 il Tribunale di Monza, sezione distaccata di Desio, ha condannato l’attuale dirigente del Settore Famiglia, Scuola e Politiche Sociali del Comune di Milano, Carmela Madaffari, per “ Diffamazione a mezzo stampa” in danno degli assistenti sociali dei servizi per i minori (Servizi Sociali della Famiglia del Comune di Milano), avvenuta attraverso due articoli pubblicati sulle pagine nazionali e locali de “Il Giornale” di venerdì 23 marzo 2007.

Il Tribunale ha inflitto alla Dirigente in sede penale una condanna al pagamento di € 300 ; inoltre ha fissato una provvisionale di € 10.000 quale risarcimento in favore dei 34 assistenti sociali, nonché € 1000 in favore del SUNAS (Sindacato Unitario Nazionale Assistenti Sociali), che si sono costituiti parte civile.

Infine la stessa dovrà provvedere a sue spese alla pubblicazione della sentenza su “ll giornale” ed al pagamento delle spese processuali.

Gli avv.ti Ilaria Zanesi e Marta Buti, difensori nominati dalle parti civili, hanno dimostrato l’infondatezza delle accuse, infamanti e generalizzate, nei confronti dell’intero gruppo di professionisti che nella città di Milano si occupano della tutela dei minori all’interno dell’Amministrazione Comunale, in virtù dei compiti che a norma di legge questo ente è chiamato a svolgere .

Gli avvocati, nelle conclusioni della richiesta di rinvio a giudizio della dott.ssa Madaffari, richiamate le frasi salienti degli articoli incriminati (“Sott’accusa i cento assistenti sociali che preparano le relazioni per il Tribunale: Fanno meno fatica a schiaffare i minori nelle strutture”; «A Milano c’è stata un’istituzionalizzazione di massa. Perché è più facile mandare un bambino in istituto che seguirlo direttamente magari in un affido. Ma ora stiamo lavorando per arginare anche questo fenomeno”. «Noi dobbiamo pensare di più alle conseguenze che l’istituto avrà nella vita di questi bambini. È fin troppo facile prenderli e mandarli in istituto. Dobbiamo invece seguire loro e le famiglie affidatarie. Ma questo comporta necessariamente del lavoro in più». «Prediligendo l’affido alle famiglie. A Milano siamo in presenza di una istituzionalizzazione di massa. Senza alternative: si prendono i bambini e li si schiaffa in un istituto». «Troppo facile - continua -. È molto più facile chiudere un ragazzino in una struttura che seguirlo in un percorso di affidamento. Comporta certamente del lavoro in più per gli assistenti sociali».) , riconfermate nei contenuti nel corso dell’interrogatorio avvenuto in data 9.4.08 quando l’imputata dr.ssa Carmela Madaffari ha ribadito la “assoluta legittimità” del suo comportamento, (In particolare alla domanda del PM “perché ci sono così pochi affidi alle famiglie e tanti ricoveri in istituto?” l’imputata ha risposto che “il ricovero in istituto avviene quasi automaticamente, mentre l’affido alla singola famiglia comporta un lavoro degli assistenti sociali più complesso e articolato, in quanto bisogna seguire sia la famiglia d’origine del bambino che quella affidataria”,) ha evidenziato come la Madaffari con le sue affermazioni contenute negli articoli incriminati ha voluto dimostrare che le assistenti sociali prediligerebbero la collocazione dei bambini in istituto piuttosto che l’affido familiare per fare meno fatica.

Sempre nelle conclusioni gli avvocati rammentano che “la stessa, nel corso dell’interrogatorio, dopo aver precisato di non aver rilasciato alcuna “intervista” alla giornalista Pasotti ma di aver avuto una “informale conversazione telefonica” ha affermato che “i fatti narrati corrispondono anche a verità”, elencando i dati sul numero degli affidi rispetto a quello dei collocamenti in comunità a regime di convitto e riferendosi genericamente a “verifiche effettuate sull’operato di alcuni, pochi, assistenti sociali” delle quali peraltro non porta alcuna prova.

“L’imputata infine si è difesa invocando il diritto di critica, senza fare parola alcuna della sua posizione di superiorità gerarchica nei confronti dei “sottoposti criticati” e della propria responsabilità sull’andamento del servizio, che avrebbe richiesto tutt’altro tipi di interventi, se necessari anche di natura disciplinare, ma di certo non una conversazione informale con una giornalista.

Tale circostanza è stata sottolineata in sede di discussione anche dal PM il quale ha fatto notare come una conversazione telefonica tra la dirigente dei servizi sociali e una giornalista, sui temi attinenti al servizio, non potesse che essere trasposta in un articolo di giornale, evidenziando così l’inconsistenza della difesa dell’imputata che si barricava dietro l’informalità della conversazione e il travisamento del suo contenuto da parte della giornalista per giustificare i toni assolutamente offensivi delle proprie affermazioni.

Gli avvocati dele parti civili hanno fatto infine notare come, se da un lato sia del tutto naturale e comprensibile che un genitore cui sia stato tolto un figlio si disperi e faccia di tutto per ottenere l’affido accusando gli altri della situazione venutasi a creare, molto meno comprensibile sia invece l’intento accusatorio nei confronti degli AS che si sono occupati dei casi in questione che ha evidentemente spinto la difesa Madaffari a produrre documentazione dalla quale non si può in nessun modo far discendere una responsabilità in capo a professionisti che dovevano, eventualmente, essere valutati nell’ambito del loro rapporto di lavoro e non già diffamati su un giornale ed in ogni caso dalla quale non si può in alcun modo dedurre una generica problematicità nell’azione degli assistenti sociali del comune Milano, cui invece si riferiscono le critiche contenute nell’articolo del giornale.

La pubblicazione delle motivazioni della sentenza è attesa tra un paio di settimane.

A conclusione di questa vicenda si segnala che in questi anni le interferenze nella gestione tecnico professionale delle situazioni in carico ai servizi sociali da parte della Dirigente condannata e della sua Direzione non sono state infrequenti, anche talora in spregio di quanto disposto con decreti/ sentenze da parte di Tribunali e Corte d’Appello.

CRONISTORIA VICENDA MADAFFARI *


mercoledì 18 febbraio 2009

Dubbi sulla copertura finanziaria del "piano-carceri"

Il Sole 24 Ore, 18 febbraio 2009

Effetti peggiorativi sui conti pubblici potrebbero essere determinati dal Piano carceri contenuto nel disegno di legge di conversione del dl n. 207 del 30 dicembre 2008, cosiddetto Milleproroghe, all’esame della Camera.

A sollevare i dubbi sulla copertura finanziaria è il Servizio Studi della Camera secondo il quale "a fronte del piano di incremento delle infrastrutture carcerarie prefigurato dalla norma, non sono previste risorse aggiuntive, bensì l’utilizzo di risorse disponibili a legislazione vigente (le risorse stanziate per la Legge Obiettivo (Legge 443/2001) o rese disponibili dalla cassa delle ammende di cui all’art. 4 della Legge 537/1932).

Appare pertanto necessario - continuano i tecnici di Montecitorio - che sia chiarito se la finalità aggiuntiva si configuri come sostitutiva di altre attualmente previste, secondo un ordine di priorità che verrà definito, o se i tempi effettivi di utilizzo delle risorse disponibili possano registrare, in conseguenza della norma, un’accelerazione rispetto a quanto scontato negli andamenti tendenziali, con conseguenti effetti peggiorativi sui saldi."

Ricordiamo che il Piano carceri, per far fronte alla grave situazione di sovrappopolamento delle carceri, e comunque fino al 31 dicembre 2010, attribuisce al Capo del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, i poteri di commissario straordinario previsti dall’articolo 20 del DL 185/2008 anticrisi.

Il piano prevede che le opere programmate siano inserite nel programma di cui all’articolo 1, comma 1, della Legge Obiettivo, nonché, se di importo superiore a 100.000 euro, nel programma triennale previsto dall’articolo 128 del Dlgs 163/2006 (Codice degli appalti). Altra fonte di finanziamento è stata individuata nella Cassa delle Ammende che disporrebbe, ad oggi, di oltre 150 milioni di euro destinati a progetti di reinserimento dei detenuti.

lunedì 16 febbraio 2009

Cgil; su carceri grottesche semplificazioni del governo

Ansa, 16 febbraio 2009

"C’è forte preoccupazione e dissenso per il modo estemporaneo e disorganico con cui il governo ritiene di fronteggiare la gravissima situazione di degrado in cui versa il sistema penitenziario italiano". È quanto si legge in una nota del coordinamento nazionale Fp Cgil della Dirigenza Penitenziaria: "Siamo di fronte a una grottesca semplificazione della complessità delle questioni che affliggono l’universo penitenziario, ridotte al mero dato numerico del sovraffollamento delle persone detenute rispetto ai posti disponibili. Le decisioni assunte per rispondere in modo meccanico al problema riecheggiano tentazioni emergenzialiste e noncuranza delle finalità che la Costituzione attribuisce alla pena".

Prosegue il comunicato: "A fronte dell’evidenza, oramai sotto gli occhi di tutti, della necessità di una revisione complessiva del sistema dell’esecuzione penale, il governo ritiene di utilizzare i fondi della Cassa per le Ammende - che istituzionalmente ha lo scopo di finanziare progetti di reinserimento sociale delle persone detenute, in misura alternativa o ex - per la costruzione di nuovi istituti. Si tratta di una risposta assolutamente insufficiente e sprezzante del dettato costituzionale, rispetto alla quale la Cgil esprime con forza la propria netta contrarietà".

I dirigenti penitenziari iscritti alla Cgil, nell’esprimere il proprio dissenso rispetto alle scelte operate dall’esecutivo, chiedono a tutte le forze politiche, a tutti gli organi di informazione e alla pubblica opinione "di sostenere la battaglia per superare la difficile situazione odierna e ricostruire un sistema, efficiente e moderno, caratterizzato da interventi e strumenti che consentano di rendere finalmente l’esecuzione della pena rispondente ai principi di legalità, civiltà ed umanità contenuti nella Costituzione".

lunedì 9 febbraio 2009

Il Consiglio Nazionale dell’Ordine degli Assistenti Sociali manifesta una forte preoccupazione sul “Pacchetto sicurezza” Il


Il DDL, tra i mille punti trattati, va a minare radicalmente uno dei principi cardine della politica sanitaria del nostro paese nei confronti dei cittadini stranieri, e il diritto fondamentale e universale alla salute, così come sancito dall’ articolo 32 della nostra Costituzione, tanto apprezzata a livello europeo.
Il cambiamento di rotta approvato ieri, se confermato dalla Camera, rischia di produrre un incremento della clandestinità, l’impraticabilità di forme di tutela sanitaria e di aiuto sociale, l’aumento di focolai di malattie trasmissibili con ripercussioni sulla salute collettiva.
Permettere ai medici la denuncia degli immigrati irregolari che si presentano alle strutture sanitarie per essere curati significa indebolire la tutela non solo della loro salute, ma anche quella dei loro figli. Provvedimenti che rendono ancora più precaria la condizione dei minori stranieri in Italia, non possono che destare allarme in quanti lottano giornalmente contro il loro sfruttamento. I bambini non hanno colpe e non hanno scelto di venire nel nostro Paese. Ma il nostro Paese ha il dovere di tutelarli proprio quando i loro genitori non sono in grado di farlo. Lo stesso rimpatrio assistito dei minorenni sfruttati nella prostituzione, in assenza di violazioni della legge e della finalità prioritaria del rimpatrio che è quella dell'unità familiare, è una violazione palese delle leggi comunitarie, di quelle italiane e delle Convenzioni internazionali. Uguale sgomento desta il progetto di “censimento” dei senza fissa dimora, che richiama alla memorie liste di proscrizione che speravamo ormai sepolte.
Al Senato ieri si è assistito ad un provvedimento che fotografa la situazione di disagio e di conflitto che sta attraversando il nostro Paese. Una fotografia che da cittadini, prima che da operatori del sociale, non avremmo mai voluto vedere.
Roma, 6 febbraio 2009
La Presidente
Franca Dente

domenica 8 febbraio 2009

Italia. Ecco cosa prevede il ddl sicurezza dopo il passaggio al Senato

www.droghe.aduc.it
Dalle misure contro l'immigrazione irregolare con la possibilita' di segnalare coloro che richiedono cure sanitarie, all'inasprimento delle norme anti-mafia e anti-riciclaggio, passando per il giro di vite contro gli stupratori a cui non saranno piu' concessi gli arresti domiciliari. Sono alcuni dei passaggi principali del ddl sicurezza che ha avuto il via libera del Senato per il passaggio alla Camera. Il provvedimento, arrivato a Palazzo Madama con 19 articoli e licenziato, dopo un lungo lavoro emendativo, contandone ben 55, contiene inoltre norme per il decoro urbano (con multe salate per chi sporca le citta' e carcere per i graffitari) e contro le cosiddette stragi del sabato sera. Ma anche misure per frenare i fenomeni di apologia alla criminalita' organizzata e alla violenza su internet e norme anti-branco. Le critiche delle opposizioni si sono accentrate comunque sulla questione immigrati. Pd, Udc e Idv hanno accusato il governo di mettere in atto 'politiche discriminatorie' e di legiferare sull'onda dell'emotivita'. I senatori di minoranza puntano il dito contro l'eccessiva' impronta leghista del provvedimento partito da Palazzo Chigi che ha portato anche all'inserimento delle 'ronde padane', della 'schedatura' dei clochard, della tassa di soggiorno per gli immigrati. Quest'ultimi, per restare in Italia, dovranno poi guadagnarsi dei 'crediti' decurtabili, in caso di violazione delle leggi, proprio come accade per la patente a punti.
Alcuni successi pero' le opposizioni li hanno incassati. Il reato di clandestinita' non sara' piu' punito con il carcere ma con un ammenda e la permanenza nei Cie (gli ex Cpt) rimane di 60 giorni.
Ecco piu' nel dettaglio le misure principali contenute nel disegno di legge.

REATO DI CLADESTINITA'. Chi entra o soggiorna illegalmente in Italia sara' punito non piu' col carcere da sei mesi a quattro anni ma con una contravvenzione da 5 mila a 10 mila euro, piu' la sanzione accessoria dell'espulsione decisa dal giudice di pace che si somma all'eventuale espulsione ordinata dal questore.

TASSA DI SOGGIORNO E PERMESSO 'A PUNTI'. La richiesta di rilascio e di rinnovo del permesso di soggiorno e' sottoposta al versamento di un contributo, il cui importo e' fissato tra un minimo di 80 euro a un massimo di 200 euro con decreto del ministro dell'Economia, di concerto con il ministro dell'Interno.
La meta' del gettito conseguito attraverso la riscossione del contributo confluira' in un Fondo rimpatri. Per ottenere il titolo di soggiorno lo straniero dovra' inoltre sottoscrivere un 'Accordo di integrazione' che prevede il rilascio di crediti che potrebbero anche essere decurtati fino all'espulsione.

I MEDICI POTRANNO SEGNALARE IRREGOLARI. Si cancella il divieto (contenuto nel Testo unico sull'immigrazione) di non segnalazione alle autorita' degli stranieri non regolari che richiedono cure sanitarie nelle strutture pubbliche. Gli immigrati irregolari potranno quindi essere 'denunciati' anche se si recano al pronto soccorso.

CENTRI DI ESPULSIONE. Il limite massimo di trattenimento nei Cie (Centri di espulsione e identificazione) resta quello attuale di 60 giorni. La norma che allungava la permanenza fino a un massimo di 18 mesi e' stata cancellata con un emendamento del Pd.

STOP DOMICILIARI A STUPRATORI. Niente piu' arresti domiciliari per gli stupratori. Chi e' indagato per i reati di violenza sessuale, violenza di gruppo e violenza sui minori restera' in custodia cautelare in carcere. Per chi stupra scattera' l'arresto obbligatorio in flagranza e non potra' godere nemmeno dei benefici della legge Gozzini come l'affidamento in prova ai servizi sociali, il regime di semiliberta, i permessi premio e la liberazione anticipata. Per le vittime invece lo Stato garantira' il gratuito patrocinio indipendentemente dal reddito. Via libera infine alla vendita di spray urticanti al peperoncino anti-aggressione.

NORME 'ANTI-BRANCO' E PENE PIU' DURE A TUTELA MINORI. Arriva una nuova aggravante per i reati di lesione personale e omicidio preterintenzionale, nell'ipotesi in cui il fatto sia commesso con armi o con sostanze corrosive o da persone travisate o da piu' persone riunite. Questo anche per disincentivare il fenomeno delle baby-gang. E poi aumenti di pena per i reati commessi a danno di minori all'interno o nelle immediate vicinanze di asili e scuole, in particolare per la violenza sessuale e gli atti osceni.

'RONDE PADANE' SENZA ARMI E 'ZONE DI SICUREZZA'. Via libera alle 'ronde padane', ovvero le associazioni volontarie dei cittadini 'a guardia' dei quartieri. Con l'approvazione di un emendamento del Pd si stabilisce pero' che le 'ronde' non potranno girare armate e svolgeranno attivita' di segnalazione alle forze dell'ordine ma non di presidio del territorio. Un altro pacchetto di norme riguarda i reati che destano allarme sociale, prevedendo aggravanti per l'estorsione, la rapina e la truffa. L'inasprimento di pena scatta nel caso in cui gli illeciti siano compiuti in alcuni luoghi particolarmente frequentati dai cittadini come stazioni, banche, uffici postali, parchi e giardini pubblici e fermate di autobus. Si crea cosi' una sorta di 'zone di sicurezza'.

TORNA L'OLTRAGGIO A PUBBLICO UFFICIALE. Per chi offende l'onore e il prestigio di agenti di pubblica sicurezza e di polizia giudiziaria nello svolgimento delle loro funzioni e' previsto il carcere fino a tre anni.

REGISTRO DEI CLOCHARD. Si istituisce, presso il Viminale, il Registro nazionale dei clochard. Per i senza tetto viene stabilito anche l'obbligo di dimora. In base alla nuova norma i 'clochard' che non avranno comunicato un domicilio all'anagrafe comunale non saranno 'in regola'.

DECORO URBANO E CARCERE PER WRITERS. Arriva una stretta per chi sporca le citta' o imbratta i muri. Multe fino a 500 euro per chi getta rifiuti mentre passeggia per strada. La sanzione sale fino a mille euro se gli oggetti vengono gettati da un auto in movimento o in sosta. Per i writer che sporcano o deturpano monumenti o palazzi storici carcere fino a un anno e multa fino a 3 mila euro. Se ad essere imbrattate saranno cose non di valore storico o artistico (come una saracinesca o un cavalcavia) sara' il giudice a decidere, a seconda dei casi, se infliggere una pena pecuniaria (fino a mille euro) o detentiva (fino a sei mesi).
Multe fino a mille euro anche a chi vende bombolette spray con vernici ai minori.

SCINDACI 'SCERIFFI' E VIDEOSORVEGLIANZA. Piu' poteri ai sindaci nei casi di indebita occupazione di suolo pubblico, o quando ricorrono motivi di sicurezza pubblica. I primi cittadini potranno ordinare l'immediato ripristino dello stato dei luoghi a spese dei colpevoli. Se si tratta di venditori ambulanti viene predisposta la sospensione dell'attivita' commerciale fino all'adempimento dell'ordine e del pagamento delle spese o la chiusura per motivi di igiene e decoro urbano.
Ai Comuni sara' consentito l'utilizzo di sistemi di videosorveglianza in luoghi pubblici o aperti al pubblico. La conservazione di dati e immagini viene portata a 7 giorni, prolungabili di altri sette in casi di speciali esigenze di tutela della sicurezza urbana.

STOP A GRUPPI PRO-RIINA O PRO-STUPRO SU INTERNET. Stop al proliferare di gruppi sui social network che inneggiano alla criminalita' organizzata o alla violenza. Viene disposto il divieto di apologia o incitamento via internet (o telematica in genere) dell'attivita' della criminalita' organizzata, delle associazioni eversive, nonche' di incitamento alla violenza sessuale, all'odio etnico, razziale e religioso. Con decreto del ministro dell'Interno verra' disposta l'interruzione dell'attivita' ordinando ai provider di utilizzare gli strumenti necessari. Sanzioni pecuniarie per gli inadempienti.

CENTRI ISLAM SOSPETTI SARANNO CHIUSI. Si estende la legge Mancino sulla P2 ai centri sospettati di fare attivita' o propaganda terroristica. Le associazioni, i gruppi, le organizzazioni o i movimenti sospettati potranno essere sciolte in via cautelativa previo l'ok della magistratura. Se i reati saranno accertati il ministro dell'interno disporra' lo scioglimento definitivo

NORME ANTI-RICICLAGGIO PER MONEY TRANSFER. Si intensificano i controlli sui 'money transfer' (ossia il trasferimento di denaro) per contrastare il fenomeno del riciclaggio anche ai fini di finanziamento del terrorismo. Gli agenti in attivita' finanziaria che prestano servizi di pagamento nella forma dell'incasso e trasferimento fondi devono richiedere e conservare per 10 anni copia del titolo di soggiorno per gli stranieri e denunciarli se si rifiutano, pena chiusura dell'attivita'.

INASPRIMENTO 41-BIS PER BOSS PIU' ISOLATI. Per impedire che dalle carceri i boss mafiosi possano esercitare il loro potere sul territorio, i detenuti sottoposti al 41-bis saranno destinati all'interno di istituti a loro esclusivamente dedicati, preferibilmente in aree insulari, o comunque all'interno di sezioni speciali e logisticamente separate dal resto dell'istituto e custoditi da reparti specializzati della polizia penitenziaria. Stretta anche sui colloqui con parenti e avvocati e sull'ora d'aria.

PIU' RIGORE CONTRO STRAGI DEL SABATO SERA. Si inaspriscono le pene per gli automobilisti ubriachi o drogati. Il 'Fondo contro l'incidentalita' notturna' servira' per l'acquisto di materiali e mezzi per le forze di polizia oltre che per campagne di sensibilizzazione. Le auto sequestrate per eccesso di alcol e droga potranno essere assegnate in custodia giudiziale agli organi di polizia prioritariamente per la prevenzione della sicurezza della circolazione stradale.

GIRO DI VITE SU AUTISTI BUS DROGATI. Giro di vite anche per i conducenti di bus che, in servizio, verranno trovati drogati.
Viene previsto che nel caso di guida sotto l'effetto di stupefacenti scatti la sospensione del certificato di abilitazione professionale per la guida di motoveicoli e del certificato di idoneita' alla guida di ciclomotori o divieto di conseguirli per un periodo fino a tre anni. (Dire)

Atto Senato n. 733- XVI Legislatura:


venerdì 6 febbraio 2009

riforma del processo penale, ok del cdm al ddl del ministro Alfano

Berlusconi: «Se sarà necessaria una riforma della Costituzione la affronteremo»

ROMA - Il Consiglio dei ministri ha dato via libera al disegno di legge di riforma del processo penale. «Abbiamo fatto un buon lavoro, tenendo sempre presente l'obiettivo di un processo giusto e rapido: quelle che abbiamo approvato sono misure di importantissimo rilievo», ha detto il ministro della Giustizia Angelino Alfano, in conferenza stampa a palazzo Chigi, a proposito del ddl sulla giustizia licenziato dal Consiglio dei ministri.

I CONTENUTI - La bozza di riforma - trenta articoli in tutto - prevede una maggiore autonomia per la polizia giudiziaria e una revisione dei poteri del pm, aumentando le prerogative della difesa. In particolare i pubblici ministeri diventeranno «avvocati dell'accusa» con un obbiettivo: "Garantire - dice Alfano - la perfetta parità tra l’accusa e la difesa, dando piena applicazione all’articolo 111 della Costituzione, approvato dieci anni fa a larga maggioranza ma non ancora pienamente applicato. Un ampio capitolo quello della riforma del processo penale è stato dedicato alle misure di garanzie per i cittadini sul versante del giusto processo. L'obbiettivo della perfetta paritàtra accusa e difesa si consoliderá nella proposta di riforma della Costituzione che faremo a breve. Secondo la versione più recente della bozza - sottoposta a gennaio dal ministro della Giustizia Angelino Alfano ai colleghi della maggioranza - il pm potrà solo ricevere la notizia criminis senza più poter aprire fascicoli sullo spunto di articoli di giornale o confidenze private. Sono previsti anche criteri più certi per determinare il giudice competente se non è individuabile il luogo in cui è stato commesso il reato, ed è resa più facile la ricusazione del magistrato che «esterna» fuori dal processo. Si stabiliscono inoltre corsi obbligatori per chi aspira a dirigere un ufficio.

NIENTE APPELLI - Il disegno di legge è stato poi illustrato dal presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, nel corso di una conferenza stampa a palazzo Chigi. «Nella riforma del processo penale varata dal Cdm - ha detto Berlusconi - manca una norma che sta molto a cuore a tutti noi e che ci farebbe andare sullo stesso piano con le altre grandi democrazie: quella in base alla quale un cittadino assolto da un tribunale della Repubblica non possa essere più chiamato ad un secondo o terzo grado dagli avvocati dell'accusa che magari solo per puntiglio o per perseverare nella giustezza della loro accusa perché pagati e in carriera per questo». «È un principio di democrazia a cui teniamo molto - ha aggiunto il premier -, vedremo se sarà necessario una riforma della Costituzione, ma riteniamo che la nostra riforma non sarà completata fino a quando non ci sarà anche questo tassello».

LE ALTRE NOVITA' - Nel progetto di Alfano ci sono anche una serie di norme che dovrebbero sveltire e migliorare il funzionamento della struttura. Le novità, ha spiegato il ministro, riguardano l'introduzione della regola della comunicazione online nel processo penale e civile; la digitalizzazione della giustizia e «misure che sgraveranno il sistema di formalismi e consentiranno risparmi come le notifiche». C'è poi un capitolo nel ddl sull’efficienza della giustizia varato oggi nel Cdm che obbligherà gli uffici giudiziari italiani a stilare, con cadenza trimestrale, un rapporto di produttività che verrà poi inviato elettronicamente al ministero della Giustizia. Alfano ha spiegato che il ministero provvederà alla pubblicazione online dei rapporti, dando vita a una sorta di classifica dei vari uffici giudiziari.

corrieredellasera.it
06 febbraio 2009

Giustizia: la "nuova civiltà"... dell’odio e della disuguaglianza!

di Giuseppe D’Avanzo

La Repubblica, 6 febbraio 2009

Quel che è accaduto al Senato con l’approvazione delle nuove leggi per la sicurezza è elementare nella sua barbarie. Per un atto di ossequio politico ai desideri xenofobi della Lega, si sono dichiarati inattuali e fuori legge i diritti degli uomini, delle donne, dei bambini che non sono nati qui da noi, che non sono cittadini italiani; che non hanno il permesso di soggiorno anche se nati in Italia; che non vivono in una casa ritenuta igienicamente adeguata dal sindaco; che non conoscono l’italiano; che stanno come una mosca sul naso della "guardia nazionale padana" (ora potrà collaborare con le polizie). La notizia è allora questa: le nuove leggi inaugurano una nuova stagione della civiltà del nostro Paese.

È una stagione livida, odiosa, crudele, foriera di intolleranze e conflitti perché esclude dall’ordine giuridico e politico dello Stato i diritti della nuda vita naturale di 800 mila residenti non-cittadini, migranti privi di permesso di soggiorno, un’esclusione che si farà sentire anche sulle condizioni di vita e di lavoro degli oltre tre milioni di immigrati regolari.

Lo stato di eccezione, che la destra di Berlusconi e Bossi ha adottato fin dal primo giorno come paradigma di governo, diventa così regola. Con un tratto di penna, centinaia di migliaia di non-cittadini, in attesa di permesso di soggiorno - che spesso già vivono nelle nostre case come badanti, che puliscono i nostri uffici, cucinano nei nostri ristoranti, lavorano nei nostri cantieri e fabbriche - perderanno ogni diritto protetto dalla Costituzione, dalla Carta dei diritti fondamentali dell’uomo, dalle convenzioni internazionali (il diritto all’uguaglianza, il diritto alla salute, il diritto alla dignità della persona). Nemmeno i bambini potranno curarsi in un ospedale pubblico senza essere denunciati (abolito il divieto di denuncia per i medici).

I migranti senza carta troveranno sempre più difficoltà nel trovare un alloggio. Non potranno spedire a casa alcuna rimessa, il denaro guadagnato qui. Dovranno mostrare i documenti alle "ronde", improvvisate custodi di un privato ordine sociale. Vivranno nelle nostre città con il fiato sospeso, con il terrore di essere fermati dalle polizie, in compagnia dell’infelice pensiero di essere scaraventati da un’ora all’altra in un vuoto di diritto, da un giorno all’altro rimpatriati in terre da dove sono fuggiti per fame, povertà, paura.

Sono senza cittadinanza, sono senza "visto", saranno senza diritti: questo è il nucleo ideologico che la Lega ha imposto alla maggioranza che lo ha condiviso. I diritti "nostri" diventano gli strumenti per cancellare i diritti degli altri, di quelli che sono venuti "in casa nostra". Si sapeva da tempo - lo ha scritto qui Stefano Rodotà - che questo "pacchetto" di norme avrebbe creato un vero e proprio "diritto penal-amministrativo della disuguaglianza" in contrasto con i precetti della Costituzione, è accaduto di più e di peggio.

Quel profilo di legalità costituzionale, il precetto che impegna la Repubblica "a riconoscere e garantire i diritti inviolabili dell’uomo", ad "adempiere ai doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale", è apparso a una destra spavaldamente xenofoba null’altro che "un fantasma senz’anima". Più che di incostituzionalità bisogna parlare di anticostituzionalità, come ha già fatto Gustavo Zagrebelsky. Bisogna prendere oggi atto del passaggio da una Costituzione a un’altra.

Va registrato questo salto nel vuoto, uno slittamento che - con il cinico progetto di trasformare la paura in utile politico - prepara una condicio inhumana per il popolo dei "senza": dei senza permesso, dei senza casa, dei senza patria. è una nuova Costituzione, non ancora scritta o discussa, che disegna una società di diseguali, "premessa dell’ingiustizia, della discriminazione, dell’altrui disumanizzazione".

È una deriva coerente con quanto il governo Berlusconi e la sua destra ci hanno mostrato in questi mesi. L’indifferenza per l’universalità dei diritti della nuova legge si connette alla distruzione della funzione parlamentare, prepara la dipendenza della funzione giudiziaria, annuncia la fine della separazione dei poteri. Lo scambio tra Berlusconi e Bossi è manifesto anche per chi non ha voglia di vederlo o fronteggiarlo. Alla Lega, federalismo e leggi xenofobe contro i non-cittadini. Al Capo, la vendetta sulla magistratura e la concentrazione del potere. Così, passo dopo passo, legge dopo legge, la nostra democrazia liberale cambia pelle per diventare democrazia autoritaria.

Non ci si deve rassegnare a quest’esito. Non ci si può rassegnare. La bocciatura del governo al Senato in tre votazioni dimostra che qualche mal di pancia c’è nella maggioranza. Svela che non tutti, in quel campo, accettano che la politica dell’immigrazione diventi, nelle mani della Lega, esclusiva questione di polizia e dispositivo di esclusione e non di integrazione. Si può, si deve credere con disincanto che qualche argomento, nel prossimo dibattito alla Camera, possa far leva sui più ragionevoli e pragmatici. È vero, psicologia sociale e cinismo politico tendono a ingrassare, con la complicità dei media, la diffidenza nelle relazioni tra le persone e tra le comunità. Come è vero che l’appello alla legalità costituzionale suona impotente e inutile in ampie aree del Paese.

E tuttavia a quel ceto politico, a quell’opinione pubblica si può dimostrare come il registro disumano delle nuove leggi non protegge la sicurezza del nostro Paese. La minaccia. Come la persecuzione degli immigrati non conviene al Paese. L’esercito di badanti che oggi accudisce i nostri anziani (sono 411.776 colf e badanti in attesa del "visto") consente un welfare privato, dopo il tracollo di quello pubblico, anche a famiglie non privilegiate, dal reddito modesto. Chi può ignorare che quelle braccia che oggi dichiariamo fuori legge consentono al nostro sistema delle imprese di competere su mercati internazionali o di tenersi a galla in tempi difficili? O chi può dimenticare che il contributo al prodotto interno lordo della manodopera straniera sostiene il pagamento delle pensioni di tutti?

Anche chi volesse ignorare tutto questo dovrebbe fare i conti con una constatazione concreta. Le nuove leggi di uno Stato punitivo e "cattivo", come piace dire al ministro dell’Interno Maroni, consegneranno una massa crescente di non-cittadini migranti a organizzazioni criminali che si occuperanno del loro alloggio, dei loro risparmi, finanche della loro salute rendendo più insicuro e fragile il Paese, è un’illusione - e sarà presto un pericolo - credere che "noi" cittadini possiamo negare ogni riconoscimento, anche di una nuda umanità, a "loro", ai non-cittadini. Questa strategia persecutoria per quanto tempo credete che sarà accettata in silenzio? Il nostro Paese, già diviso da ostinate contrapposizioni domestiche, non ha bisogno anche di conflitti razziali.

LA RUSSA: Va rivista la legge Gozzini, la certezza della pena ha bisogno di carceri

www.forzaitalia.it
05 febbraio 2009 ore 16:34

"La certezza della pena, prima di tutto, ha bisogno di carceri. E’ inutile parlarne se poi quelli che condanniamo non possiamo tenerli in carcere perché le carceri scoppiano. E a questo stiamo cercando di porre fine con un provvedimento che dovrebbe consentire la costruzione di nuove carceri". Lo ha affermato il ministro della Difesa, Ignazio La Russa, intervenendo a Radio Anch’io. Il ministro ha poi ravvisato l’opportunità di una revisione della legge Gozzini, spiegando che "è assurdo - ha detto - che col solo passare del tempo in carcere, se non si fanno gesti particolari, come ad esempio aggredire il secondino, ogni sei mesi vengano automaticamente sottratti giorni di pena da scontare".

martedì 3 febbraio 2009

NEWS SINDACALI

FUA 2008 - Nota del Coordinamento Fp Cgil Penitenziari


Con la chiarezza che ci caratterizza e per evitare facili strumentalizzazioni, vogliamo informarvi circa l'evolversi di alcune tematiche molto importanti che ci vedranno impegnati prossimamente al tavolo di confronto con la parte pubblica in una trattativa che si prospetta molto complessa considerato lo scenario politico sindacale non particolarmente disponibile alla dialettica,nel quale la stessa si andrà a sviluppare.

Ci riferiamo in particolare alla elaborazione del nuovo Contratto Integrativo Nazionale che riguarda tutto il comparto Giustizia nelle sue quattro articolazioni dipartimentali, DOG, Penitenziari, Giustizia Minorile, Archivi Notarili.

Un primo approccio con la parte pubblica vi è stato l'11 ed il 22 dicembre 2008 presso la Sala Verde del Ministero della Giustizia alla presenza del Sottosegretario e ha riguardato la definizione dell'accordo FUA (Fondo Unico di Amministrazione) per l'anno 2008, incontro terminato con la firma dell'accordo da parte dell'amministrazione e di alcune OO.SS.

La FpCgil, seppure nelle differenti specificità dei settori rappresentati (per quanto riguarda il DAP questa O.S. ha contribuito,come di consuetudine. in maniera efficace alla predisposizione di una pre-intesa nell'ambito del tavolo tecnico della direzione generale del personale), ha contestato l'impianto complessivo dell'ipotesi di accordo formulato dall'amministrazione della Giustizia perché appalesava una violazione alla norma contrattuale e sosteneva, senza mezzi termini, le norme inique di cui all'art. 71 della legge 133/2008 che escludono dalla produttività collettiva le assenze per l'assistenza ai portatori di handicap ex legge 104/92, le gravi patologie, le donazioni di sangue e di midollo osseo nonché le assenze per causa di servizio o infortunio sul lavoro.

La parte pubblica, dal canto suo, ha confermato la linea del Governo assumendo un atteggiamento di assoluta unilateralità, sprezzante delle norme contrattuali e dei diritti dei lavoratori, eludendo totalmente le nostre richieste e manifestando totale disinteresse alla discussione e alla contrattazione con l'obiettivo di chiudere presto la partita nonostante il dissenso di alcune OO.SS.

Infatti la trattativa si è conclusa quando all'accordo hanno apposto la firma la Cisl-Fps, la Uil Pa, il Sag Unsa , le stesse OO.SS. che hanno firmato l'accordo sui rinnovi contrattuali al ribasso, le stesse OO.SS. che fino ad allora avevano dichiarato di contrastare il dettato della legge 133/08 perché fortemente oltraggiosa delle norme contrattuali e dei diritti dei lavoratori .

Ben noto è a tutti i lavoratori come la FpCgil fin da subito, dal DL 112 del 25 giugno 2008 convertito in Legge 133, sia stata impegnata in una capillare e massiccia mobilitazione mirata a contrastare i devastanti effetti di tale normativa che mortifica i diritti dei lavoratori e di cittadinanza, mobilitazione che permane e che ci ha visti e ci vedrà impegnati in azioni di lotta a tutela dei diritti e dei valori costituzionali inalienabili.

Pertanto, la Fp Cgil non firmando l'accordo in questione, ha evidenziato ancora una volta la coerenza politica e sindacale che la distingue e la differenzia dalle altre OO.SS. firmatarie.

Ciò non ci esimerà dal sederci al tavolo delle trattative quale quello del Contratto integrativo che si esplicherà metodologicamente, secondo le indicazioni del Sottosegretario, in una serie di incontri dei tavoli tecnici nell'ambito di ciascun dipartimento della Giustizia e nel corso dei quali il contributo della Fp Cgil sarà significativo al fine di predisporre un contratto che tenga conto delle istanze dei lavoratori e ne tuteli i diritti.

Cogliamo l'occasione per informarvi che il 3 febbraio p.v. le OO.SS. rappresentanti il personale DAP Comparto Ministeri sono state convocate dal Ministro della Giustizia.

Sarà nostra cura informarvi dell'incontro.

Roma, 30 gennaio 2009

La coordinatrice nazionale
Penitenziari Ministeri
Lina Lamonica

domenica 1 febbraio 2009

Alessandro Margara (Presidente Fondazione Michelucci): illegittimo uso di fondi Cassa ammende per l'edilizia

www.ristretti.it


Del piano costruzione nuove carceri del Ministro della Giustizia, se lo credete, dirò un’altra volta. Ora, invece, una sola osservazione su un aspetto della sua copertura finanziaria.
Il ministro ha affermato che, in primo luogo, il finanziamento sarà attuato con i fondi della Cassa Ammende, quantificati in 150 milioni di euro. L’annunzio è stato digerito tranquillamente, ma mi sembra egualmente abbastanza indigesto. La destinazione dei fondi della Cassa Ammende, non a caso istituita presso il Dipartimento della Amministrazione Penitenziaria-Dap, erano destinati al Consiglio di aiuto sociale per le attività dello stesso: art. 74 Ord. Penit., comma 5, n.1; attività individuate dai successivi articoli 75 e 76: assistenza penitenziaria e post-penitenziaria ai detenuti e alle loro famiglie, nonché soccorso e assistenza alle vittime del delitto. Pressoché tutte queste funzioni sono transitate agli enti locali per effetto del DPR 616/77, che istituiva un nuovo sistema di tutta l’assistenza pubblica. Per questi motivi, presso la Cassa delle Ammende, si formò una consistente giacenza di fondi non spesi fino a che il Dpr 30 giugno 2000 (nuovo regolamento di esecuzione Ord. Penit.) non diede nuove regole di gestione dei fondi, che restavano necessariamente, però, ancorati alle vecchie funzioni indicate dagli artt. 75 e 76 Ord. Penit.: vedi art. 129, commi 2 e 3 del Regolamento ricordato. Il Dap è molto parco nell’attingere a questi fondi, che sono di non molto superiori ai 150 milioni che il ministro vorrebbe spendere in nuove carceri, funzione che, alla evidenza, è molto diversa e lontana da quelle di cui si è parlato e che richiamo ancora: assistenza penitenziaria e post-penitenziaria e alle famiglie dei detenuti e soccorso e assistenza alle vittime del delitto. Recentemente, dopo la concessione del condono 2006 e la massiccia uscita quasi contemporanea di detenuti, vennero stanziati 3 milioni di euro (pochi, forse e senza forse) per l’assistenza e l’inserimento al lavoro dei c.d. indultati, spesi, per vero, con relativa tempestività.
Ora, intanto, direi che non sta bene che si prosciughi la Cassa ammende, eliminando le risorse esistenti per funzioni essenziali come quelle descritte e che il Dap ha il torto di utilizzare poco e raramente. Quando arrivò il condono si vide chiaramente che non esistevano né un sistema, né specifici programmi di aiuto per chi usciva dal carcere e affrontava il rientro nella società, sistema e programmi necessari e doverosi e per i quali, appunto, erano disponibili le risorse della Cassa ammende di cui stiamo parlando. Anziché attivare l’impiego di queste risorse, si sceglie la via di sopprimerle. Mi sembra molto eccepibile.
Ma bisogna accennare anche a un altro aspetto ed è, credo, ancora più grave. Il Codice penale subisce varie rivisitazioni, ma ho l’impressione che, sia pure attraverso un’altra norma - l’art. 323, anziché l’art. 314 - esista ancora la fattispecie del reato di peculato per distrazione, che consiste, in sostanza, nella utilizzazione di risorse pubbliche per fini diversi da quelli stabiliti dalla legge. In una qualunque rassegna di giurisprudenza si può trovare la conferma che l’elemento materiale del peculato per distrazione, ricompreso nella previsione dell’art. 323 C.p., sta nella procurata divergenza tra la destinazione prestabilita - nella legge o nel regolamento o nello statuto dell’ente - e la destinazione in concreto attuata. E allora? A nessuno è venuto qualche dubbio sulla legittimità della diversa destinazione di tali fondi annunciata dal ministro? A me il dubbio, e non solo quello, è venuto, ma non mi ero reso conto che questa volta il diavolo ha fatto la pentola, ma ha saputo fare anche i coperchi. E così, inserito in apposito decreto c.d. “mille proroghe”, è stata modificata la normativa sulla Cassa Ammende, prevedendo che, con le risorse della stessa, si possano costruire anche le carceri. Il che dimostra che, in precedenza, non si sarebbe potuto assolutamente perché quei fondi, come detto, erano finalizzati alla assistenza penitenziaria e ad altri analoghi scopi.
Morale. Con assoluta disinvoltura si spendono quasi tutti i quattrini che la legge destina a certi scopi, per scopi assolutamente diversi. Si legittima così l’uso delle risorse, che sarebbe stato un reato, dimostrando che la legge c’è per essere accomodata alle proprie esigenze, che soddisfano gli interessi del momento. E così quelli che escono dal carcere si possono arrangiare: il reinserimento sociale è assicurato: in galera appunto.